Jaruzelski diventa I' «Husak» polacco

Il generale vuole liquidare l'opposizione Il generale vuole liquidare l'opposizione Jaruzelski diventa I' «Husak» polacco Dopo un perìodo di ottimismo, in Polonia c'è adesso aria pesante di «normalizzazione» - Leggi speciali per la polizia E' fatto difficilmente contestabile ctie la nomina di Gorbaciov a capo del Pcus e il processo di rafforzamento della leadership del partito-Stato a Mosca abbiano coinciso con una brusca accelerazione della politica di (mormalizzaziono) a Varsavia. Dopoché aveva abrogato lo stato d'assedio e decretato ampie amnistie, Jaruzelski aveva dato agli occi-' dentali (la cui tendenza a dar fiducia a leader e regimi comunisti c malattia inguaribile) l'impressione di volersi muovere entro margini di relativa autonomia e • diversità rispetto agli altri «Paesi fratelli». Grazie a questo, Varsavia era riuscita a rompere l'isolamento internazionale seguito al colpo militare dell"81; aveva riaperto un ampio canale di comunicazione e d'intesa con la Chiesa. Gli Usa, dal canto loro, avevano tolto il veto all'ingresso polacco nel Fmi; le sanzioni occidentali cominciavano ad alleggerirsi, mentre Varsavia diveniva meta di visite di Stato di premier e ministri degli Esteri della Cec (tra cui il nostro Andreotti, nel dicembre scorso). Così, gli occidentali speravano di aiutare (o incoraggiare) Jaruzelski a mantenere i margini di autonomia e diversità che sembrava volesse conservare a dispetto delle pressioni del vicino moscovita, sempre più impaziente di cancellare i segni più vistosi della cosiddetta anomalia polacca. Con Gorbaciov alla guida dell'Urss è avvenuto (o c stato imposto) l'allineamento allo stile di governo dell'intero «campo socialista» (la Polonia, non dimentichiamolo, è totalmente sovielodipendente). Ed ecco che vediamo il generale indossare sulla sua divisa di «patriota polacco» i panni del dottor Gustav Husak, l'artefice (su commissione di Mosca) dello strangolamento della società e della cultura ceca, dopo l'effimera Primavera di Praga. Tutti i provvedimenti, misure e atti degli ultimi due mesi vanno, a Varsavia, in un'unica direzione: liquidare l'opposizione, toglierle radici e legami con la società, cominciando con il colpire sia i dirigenti della clandestinità sindacale, sia gli intellettuali che hanno continuato a mantenere viva la contestazione del regime e dell'ideologia comunista. Sono state varate leggi speciali che attribuiscono alla polizia e ai tribunali poteri pressoché illimitati: gli obicttivi sono la libertà di riunione (per esempio, sarà reato riunirsi in case private, se così deciderà la SB, polizia politica), di manifestazione, di stampa, quella che alimenta l'ancor vivo flusso dell'editoria clandestina o semilegale (samizdat), l'orga nizzazione dei lavoratori al di fuori dei sindacati ufficiali. A metà maggio la «normalizza zione» si è abbattuta anche sull'Università, ai cui organismi elettivi sono state tolte autonomie e competenze concesse da una legge dell"82; l'ultimo CC del Poup (riunitosi il 14 maggio per discutere la politica verso gl'intellettuali) ha deciso una «politica dei quadri» nel settore della cultura dell'università' e della scuola che fa prevedere un'ondata di epurazione contro i cosiddetti «nemici del socialismo». Ogni «diversità» sarà colpita con licenziamenti, espulsioni, revoche. E' allarmante, in questo contesto, la mancanza di reazioni da parte dell'opinione pubblica e dei governi occidentali: questi ultimi dispongono di un'arma — quella delle pressioni economiche — con cui intervenire. Il 3 giugno, per esempio, si riaprirà (dopo la sospensione decisa la scorsa settimana) il processo contro tre doti esponenti dell'opposizione: Lis, Frasynjuk c Michnik. Il processo va oltre le personalità e la storia degl'im¬ putati: é un processo contro l'intera opposizione. Ha scritto giustamente l'esule polacco Smolar (sul «Monde» di giovedì scorso) che la sorte dei tre imputati dipende dall'interessamento e dalla volontà degli occidentali di difenderli. Il nostro presidente del Consiglio Craxi incontrerà in questi giorni Michajl Gorbaciov (a Mosca) e il generale Jaruzelski (a Varsavia): si può sperare che egli esprima, in questa importante occasione, il sentimento d'indignazione e d'inquietudine per «normalizzazioni» in contrasto con la Carta di Helsinki e che l'Italia democratica non può accettare con indifferenza. Piero Sinattl