Chiamata alle armi su debito pubblico

Tagli del Tesoro, spirale della spesa Tagli del Tesoro, spirale della spesa Chiamata alle armi su debito pubblico Ormai ha raggiunto il 91% del prodo spesa pubblica, anche per ribellarsi alla funzione di «mesto conlabile dei disavanzi», come l'ha definita il suo collega alle Finanze. ;Un piano, ha detto il suo autore l'altro giorno a Torino, che punterà alla riduzione delle spese correnti e, soprattutto, programmerà anno per anno «chi deve contribuire al risanamento, o accrescendo le entrate, o diminuendo le spese». Obicttivi difficili da raggiungere, inutile dirlo, dal momento che le prestazioni sociali e le retribuzioni dell'impiego pubblico, le due voci di gran lunga più robuste delle spese correnti, pari da sole al 63 per cento del totale, sembrano ben poco comprimibili. Le retribuzioni lorde hanno superato di quattro punti il «tetto» del 10 per cento prefissato dal Governo per il loro aumento nel 1984. Le prestazioni sociali hanno già avuto una buona potatura, nel campo degli assegni familiari, delle pensioni d'invalidità, delle integrazioni, e quest'anno devono incassare conguagli di adeguamento dei minimi. Quanto all'assistenza malattie, forse più che di «contenimento.) delle spese sarebbe bene parlare di riorganizzazione c di «controllo» delle Usi, in attesa che si plachino le tempeste in cui si trovano coinvolte. Questo non significa, però, mettere in dubbio l'importanza e la validità della manovra prevista dal piano allo studio del Tesoro, anzi ne sottolinea il significato di «chiamata alle armi», chi realmente beneficia della spesa pubblica, per la necessaria opera di risanamento. In fondo, anche qui si tratterebbe di applicare la Costituzione, il cui art.53 stabilisce che «lutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Un principio, purtroppo, tanto semplice quanto disatteso. Ci riferiamo, ih particolare, oltre che alla massiccia evasione fiscale, al sempre promesso e sempre rinviato adeguamento delle aliquote Irpcf al potere d'acquisto reale della lira. Ci riferiamo all'impegno di non aumentare il prelievo tributario complessivo, già oltre i livelli europei in rapporto al reddito medio per abitante, impegno sempre riconfermato e altrettanto regolarmente accantonato. di MARIO SALVATORELLI Con lassi d'incremento annuo mai inferiori al 20, talvolta superiori anefac al 30 per cento, il debito pubblico in Italia 6 raddoppiato in undici anni, rispetto al prodotto interno lordo, passando dal 46,1 per cento del Pil nel 1973 al 91 per cento alla fine del 1984. La velocità annua dell'incremento è stata in media del 26 per cento, dieci punti esatti più del tasso annuo medio — 16 per cento — dell'inflazione nello stesso perìodo. L'incremento del debito pubblico e stato inferiore solo nel 1974, quando Io Stato fu preso in contropiede, forse perché non' aveva ancora compreso quale marcia dovesse innestare per cavalcare la tigre. Quell'anno, infatti, l'indebitamento aumentò ('appena» del 21 per cento, quindi diminuì in termini reali rispetto a un'inflazione che, da dicembre a dicembre, corse sul ritmo del 25,3 per cento. Poi, capito tutto, l'indebitamento riparti a galoppo sfrenato, cioè senza freni. Causa di questa progressione che ha visto decuplicare in dicci anni l'indebitamento del settore statale, da SO mila miliardi nel 1974 a oltre 300 mila nel 1984, è stato un aumento della spesa pubblica supcriore al pur impressionante aumento delle entrate, una spesa pubblica che ha raggiunto l'anno scorso poco meno del 60 per cento del prodotto interno lordo, pari, in lire, a 362.200 miliardi. Senza gli interessi passivi pagati sui titoli di Stato in circolazione, la spesa delle amministrazioni pubbliche sarebbe rimasta contenuta nel 49,8 per cento del Pil, appena lo 0,4 in più della percentuale registrata nel 1983. Ma, questo è un calcolo puramente teorico, un solletico illusorio, perché il debito pubblico c'è, e i creditori si devono remunerare, e anche bene, se si vuole evitare che voltino le spalle ai nuovi prestiti. Cosi, gl'interessi passivi sono saliti a 59.200 miliardi di lire nel 1984, oltre il 21 per cento più del 1983, e la spirale perversa è destinata a continuare, se non si avrà più coraggio ncll'affrontarc, anziché seguire, c da lontano, l'inflazione. Nulla di più naturale, quindi, e di più opportuno, del «piano» che il minislro del Tesoro sta ultimando per il contenimento della Conclusa la vicenda della raccolta tto interno lordo numismatica di V

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