Questo «Mister Nobel» fu un poeta in calzoni corti...
Questo «Mister Nobel» fu un poeta in calzoni corti.». Questo «Mister Nobel» fu un poeta in calzoni corti.». Incontro con Renat SANREMO — Al di là delle lunghe vetrate dell'Hotel Royal, i colori vividi di tanti cespugli di rose, di strelitzie, di calendule si alzano come freddi fuochi mattutini contro il mare. Nel salone affollato, Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina, spicca per la sua aria giovanile, accentuata dal pullover a rombi che indossa, dalla sua corporatura asciutta e d.a un modo gentile, naturale di sorridere. Sono qui per parlare con lui di qualcosa di inusuale, ed è piena di fascino la prontezza incuriosita e garbata con cui risponde. Si considera da sempre la «vocazione» come propria soprattutto agli artisti. Ma la vocazione esiste anche per gli scienziati, gli chiedo, e che o Dulbecco a Sanremo - Ritrovata una lirica pubblicata nel 1926 su u cos'è? In Renato Dulbecco, la vocazione nasce da un incontro ben dosato tra due culture familiari, quella ingegneristica e quella medica, appartenente la prima al ramo paterno, la seconda a quello della madre; e si alimenta della passione che lo spinge, ragazzo, a comperare un libro sulla radio e a provare a costruirne una, finché una sera capta le note di un'opera, che riempiono la casa di Salita dei Ferri, a Porto Maurizio, tra la gioia della madre, amante della lirica. . E la sua scella per la scienza è anche decisa dalla presenza a Porto Maurizio, nella torretta del Palazzo delle Scuole, di un osservatorio astronomico-meteorologlcosismografico. Un luogo sospe¬ so, che a me è sempre sembrato un po' magico, incantatorio. Oggi che è uno scienziato di fama mondiale sorride quando gli viene mostrata una sua. poesia scritta a 12 anni, nel' 1926. e pubblicata su un giornale locale, ritrovata e ristampata ora nel volume «Incontri con Renato Dulbecco», a cura di Giovanni Lotti, custode della tradizione nobeliana a Sanremo. •Non era male-, dice con 11 suo lieve accento americano, e il sorriso si trasforma in una franca risata che lo fa arrossire. E per essere scritta da un dodicenne, Sera, un preciso sonetto carducciano non è male davvero; è indice almeno di un precoce sènso del rigore: «Da l'incendio di nuvole profonde i cade il sol ne l'abissi de l'aperto i mare...-. Si tratta di un tramonto ligure, ponentino, con una «strada che bagna un pie ne l'onde-, e con l'immagine, portatrice di pianto, di un treno che fugge, dove dentro la robusta, retorica forma carducciana passa un soffio di malinconia adolescenziale e serale, leopardiana.. Non a caso, Carducci e Leopardi erano i poeti preferiti. Di D'Annunzio lo infastidiva la lettura scolastica, tutta imperniata sugli aspetti magniloquenti e patriottici. Più tardi, ha amato 11 Quasimodo di Oboe sommerso. Non c'è frattura né contrapposizione tra scienza e arte, a sentire parlare questo grande scienziato: «La conoscenza scientifica- dice «non riflette soltan¬ n giornale ligure - Card to il mondo esteriore: come le altre forme di conoscenza, essa muove sempre dall'interno di noi: e nessuna conoscenza è assoluta, tutto quello che si scopre è soltanto una parte; si arriva sempre al confine del mistero». Come l'arte, il mito,' la letteratura, anche la scienza fa parte della grande avventura dello spirito umano. Il primo libro che Dulbecco ricorda di aver letto è l'.Odlssea»: questa potente metafora della ricerca avventurosa e fatale con cui Inizia tutta la nostra civiltà. Ma Dulbecco vive negli Stati Uniti dal 1947, e, come pensavo, le sue letture sono oramai tutte in inglese: «Per quanto sia poco il tempo che posso sottrarre ai libri scientifici- mi dice «amo sce¬ rducci, Leopardi e Quasimodo i suoi amori gliere un autore e leggerlo tutto, con ordine; e il mio autore preferito, che conosco per intero, è D.H. Lawrence». Credo che si accorga di un mio scatto di sorpresa, quasi di gioia. E. dimostrando un gusto critico che certi letterati potrebbero invidiargli, indica la qualità principale di D.H. Lawrence nel|a «capacità di rappreseti tastone viva del momento, dell'istantaneità». Ora è lui a sorprendersi, quando gli racconto che lo scrittore inglese ha vissuto anche in Liguria, a Spotorno. ha avuto sotto gli occhi questo stesso mare, gli stessi colori infuocati di questi fiori. Le ultime battute sono per i ricordi liguri: «L'appartamento dove abitavo da bam¬ bino era sopra la bottega di un fornaio; e alle 3 del mattino, quando si metteva in moto l'impastatrice, io ne . sentivo il rumore ritmico, e mi piaceva, mi faceva compagnia». Chiedo infine che cos'è la speranza per lui: «Se non avessi speranza, non potrei lavorare occorre una strategia realistica della speranza, una fede ferma in ciò che si fa-. E si congeda cosi, con uno sguardo consapevole e rasserenato rivolto al domani, lo stesso forse del bambino che non conosceva ancora il proprio destino e che tendendo l'orecchio al lavoro del fornaio sotto la sua camera pensava di non essere solo nella notte. Giuseppe Conte m,«et^' -
Luoghi citati: Liguria, Sanremo, Spotorno, Stati Uniti
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