ll «GIORNO PIÙ LUNGO» DI REAGAN IN GERMANIA di Mario Ciriello

Un rito sbrigativo ha confermato l'imbarazzo degli americani Un rito sbrigativo ha confermato l'imbarazzo degli americani «GIORNO PIÙ' LUNGO» REAGAN IN GERMANIA I^e visite al cimitero di Bitburg e al campo di Bergen-Belsen, protette da schiere di agenti, non sono state turbate Dimostrazioni ebraiche, ma senza intemperanze - Nel discorso del presidente la condanna verso tutti i totalitarismi BONN — Quaranta minuti a Bergen-Belsen, dieci minuti a Bitburg. SO minuti in tutto: ma per il presidente Reagan è stato il suo «giorno più lungo-. Un giorno senza drammi, in quanto nessuno avrebbe potuto turbare le due visite, al campo di concentramento e al cimitero militare tedesco, ambedue protetti da schiere di agenti. E anche le dimostrazioni, per lo più di associazioni ebraiche; lungo le vie di Bitburg, sono state sempre ordinate e moderate. Un successo, dunque? SI. ma non totale. Perché lo sbrigativo rito a Bitburg ha confermato l'imbarazzo americano. Perché la comunità ebraica ha ignorato. i>er protesta, la cerimonia a Bergen-Belsen. Certo, vi è stato il discorso di Rcagan alla base aerea di Bitburg, un bel discorso, pie- no di emozione e di passione, come quello pronunciato a Bergen-Belsen. Ma, 11 tema era «riconciHaeione»: e molti si domandano cosa mal vi fosse da «rfconcHiare» fra due nazioni legate da quarant'anni di robusti, dinamici legami. Come osservano gli americani e non pochi tedeschi, questa «riconci/iasfone» non sarebbe mai divenuta necessaria se Reagan noni avesse accettato il malaccorto programma di viaggio ideato da Kohl. Se, con quella visita al cimitero, non avesse ridestato oltre Atlantico vecchi odi e vecchie sfiducie. Nel suo discorso a Bitburg, Reagan ha condannato ogni forma di «oscurità totalitaria», quindi non soltanto il nazismo ma anche ideologie e regimi del presente. « Ventidue anni fa, il presidente Kennedy andò al muro di Berlino e disse: "Io pure sono un berlinese". Oggi, tutti coloro che amano la libertà, ovunque siano, devono gridare: sono un berlinese, sono un ebreo in un mondo ancora minaccialo dall'antisemitismo, sono un afghano, sono un prigioniero dei Gulag, sono un fuggiasco su ima barca che affonda al largo del Vietnam, sono un laotiano, un cambogiano, un cubano, un indio miskito in Nicaragua. Anch'io sono una vittiina potenziale del totalitarismo». Reagan, Kohl c le signore, vestite di nero, sono giunti al lager di Bergen-Belsen alle 11,40. Il tempo era grigio, freddo, deprimente e accresceva la tristezza della scena, una brughiera dominata da un obelisco, una terra di lacrime, in cui perirono oltre centomila prigionieri, ebrei, russi, zingari e molti altri. Rcagan e Nancy si tenevano jier mano, camminavano in silenzio. Il centro di documentazione; il cippo a ricordo delle vittime Israelite; le fosse comuni; il muro commemorativo. Ad ogni sosta, un'ombra calava sul volto del Presidente. Poi, la preghiera di due sacerdoti, una voce protestante l'altra cattolica. Avrebbe dovuto pregare, e parlare, anche un rabbino, ma ha osservato la protesta conti o Bitburg di tutti gli ebrei tedeschi e stranieri, e non ha varcato l'ingresso del campo. «Troverà Belscn Judcnrein-, aveva scritto, sabato, a Mario Ciriello (Segue a pag. 2 - 8' col.) Homi. Nancy Reagan c il pre residente di fronte agli orrori del nazismo nel campo di concentramento di ncrgen-Belscn (Ap)

Persone citate: Kennedy, Kohl, Nancy Reagan, Reagan

Luoghi citati: Bergen, Berlino, Germania, Nancy, Nicaragua, Vietnam