«Turandot» colossal a Parigi tra maschere e psicoanalisi di Enrico Singer

«Turandot» colossal a Parigi tra maschere e psicoanalisi L'opera in scena al Palasport con regia di Vittorio Rossi e 700 esecutori «Turandot» colossal a Parigi tra maschere e psicoanalisi PARIGI — La Turandot di Puccini diventa un .colossaU a Parigi. Settecento esecutori (tra cantanti, orchestrali, coro, danzatori, comparse), una scena di 55 metri dominata da una costruzione alta 16 e, soprattutto, 14 mila spettatori per sera con 20 repliche già quasi tutte esaurite. E' la Turandot che il regista italiana Vittorio Rossi presenta da ieri nel Palais Omnisports di Bercy, un palazzetto dello sport concepito per essere anche teatro. L'anno scorso Vittorio Rossi inaugurò Berci/ alla lirica con un'Aida altrettanto grandiosa che ebbe molto successo, e questo suo ritorno è atteso. «Anche se ci sono tutti gli elementi della spettacolarità, non si tratta di una Turandot hollywoodiana», dice Rossi. L'ultima opera di Puccini (il musicista morì lasciandola Incompiuta e fu completata dal suo discepolo Franco Alfano) è rivista in chiave quasi psicanalitica e alla fiaba della principessa cinese si intreccia la Commedia dell'Arte veneziana con un'operazione originale: la presenza di tre maschere (Pantalone, Arlecchino e Brlgliella) nel ruolo di animatori e provocatori dell'intero spettacolo. Vittorio Rossi ha calalo Turandot, prigioniera volontaria, in un grande mausoleo: la tomba dt una sua ava violentata e uccisa da un principe nemico. E' questo dramma che le fa odiare gli uomini e la spinge ad allontanare l'inevitabile giorno delle nozze die il popolo di Pechino reclama perché non può restare senza un nuovo re, legame tra Dio e gli uomini. La storia è nota: Turandot escogita lo stratagemma degli indovinelli che i suoi pretendenti devono risolvere, pena la morte. Sarà il principe Calaf a riuscire nell'impresa alutato anche dai tre ministri cinesi Ping, Pong e Pang che ti regista ha trasformato nelle tre maschere della Commedia dell'Arte. Come nella favola della Bella addormentata nel bosco l'amore trasforma la foresta in castello, cosi il mausoleo diventa sotto gli occhi degli spettatori il palazzo delle nozze. Tutto con un impianto scenico di 3 mila metri quadrati su 5 livelli e 30 elementi mobili: una .macchina- che pesa 30 tonnellate e che solo la struttura del Palais Omni-'' sports poteva permettere. Rossi ha voluto sfruttare al massimo le possibilità di un simile spazio teatrale. E' un teorico delle grandi scenografie, ha lavorato per dieci anni all'Arena di Verona, ha rap¬ presentato opere in palazzi dello sport a Vienna, Berlino, Zurigo, Liegi. La sua Alda a Bercy, l'anno scorso, è stata vista da 200 mila persone in 16 serate: questa volta gli spettatori saranno oltre 300 mila. «C'è una grande richiesta di teatro — dice Rossi —, ma le strutture tradizionali sono quelle ereditate dal secolo scorso, con 1000, 2000 posti. Bisogna trovare nuovi spazi e sfruttarli non soltanto in modo passivo, per la loro capienza, ma in modo attivo». Una struttura come quella di Bercy pone anche dei problemi: il suo palcoscenico è il più grande del mondo e deve essere •'animato». Per Rossi sono problemi di segno positivo: «L'opera d'arte è come un mistero che nasce in un'epoca, poi viaggia nel tempo e si modifica. Oggi deve affrontare la sfida del grandi spazi per soddisfare l'esigenza di un pubblico sempre più numeroso». La Turandot (in cartellone fino al 20 giugno) è diretta dal maestro Michel Plasson, le coreografie sono di Pieter van der Sloot. Due le orchestre (National du Capitole e Orchestre Colonne), due i cori (uno francese, l'altro bulgaro) e un folto cast di cantanti. Per Turandot, Liù e Calaf si alterneranno, tra gli altri, Ghena Dlmttrova, Ingrid Bjoner, Gwyneth Jones, Galina Savova, Olivia Stapp, Maria Chiara, Seta Del Grande, Nicola Martlnucci, Giorgio Lamberti e Jesus Pinto. Enrico Singer

Luoghi citati: Bercy, Berlino, Parigi, Pechino, Verona, Vienna, Zurigo