Claudio Array, l'incantatore fedele

Claudio Array, l'incantatore fedele Incontro con il grande pianista cileno, ieri sera all'Auditorium per PUnTòne musicale Claudio Array, l'incantatore fedele Di una cosa è felice soprattutto: che lo si definisca un interprete capace di penetrare il vero spirito di un compositore TORINO — Claudio Arrau l'incantatore ha trionfato un'altra volta. Ieri sera all'Auditorium della Rai, nello splendido programma dell'Untone Musicale, ha donato a Torino il primo dei tre concerti italiani: Sonata in mi bemolle maggiore op. Sia «Les adieux- e la Sonata in fa minore op. 57 -Appassionata- di Beethoven, infine la Sonata in si minore di Liszt. Poi toccherà l'Accademia di Santa Cecilia. Asolo, e s'avventurerà in un lungo giro d'Europa. Tra i più grandi pianisti del mondo, ottantadue anni, cileno abitante negli Stati Uniti, già fanciullo prodigio, -allievo di un allievo di Liszt.. Aria distesa, sorriso pronto, acuti occhi luminosi. Maestro Arrau, quanti concerti tiene ogni anno? -Tra quaranta e sessanta, adesso. Ma fino a poco tempo fu la media era di cento concerti. E ho vissuto annate record come quella 1954-55, nella quale ho suonato per centotrenta serate. Ma ho superato anche questo limite-. La definizione di se stesso the le piace di più? -Quella di fedele interprete d'un compositore, capace di penetrarne il vero spirito, di dedicargli e adattargli interamente la mia personalità-. La sua soddisfazione più grande? ••/ concerti in Germania con Furtwàngler e la Filarmonica di Berlino-. E la più cocente delusione? -La più cocente delusione... No, ricordo soltanto le belle cose. Quelle brutte le dimentico!-. Se dovesse salvare da un cataclisma tre capolavori per pianoforte, quali sceglierebbe? «La Sonata 111 di Beethoven, la Sonata in si minore di Liszt, gli Studi sinfonici di Schumann-. Ila mai avuto la tentazione di diventare direttore d'or¬ chestra? -Mai, jamais, never! Non è già così difficile fare bene il pianista?-. Tra I maestri del passato, con chi ha suonato meglio? »Cori Furtwàngler, con Bruno Walter, con Nikisch-. E Toscanlnl? Lei lo defini: «Grande personalità, forza straordinaria, poca interpretazione», -Chi l'ha detto? Ah si, ma... Certo fu comunque un grande direttore. Solo, abbastanza lontano dalle mie idee, dal mio carattere-. I migliori maestri d'oggi? -Carlo Maria Glutini sopra tutti. Per l'intensità, per la profondità della lettura, per la purezza del suono. Poi vorrei ricordare Franco Ferrara, geniale, stupendo. Adesso non dirige più ma è un grande insegnante di direzione d'orchestra. E lavoro molto molto bene con Daniel Barenbolm-, E tra i pianisti? «Che domanda rischiosa. Tra quelli del passato, Schnabel, Fischer, Kempff, Cortot, Glescking. Tra quelli d'oggi Serkln, Pollini, Ashkenazy, Zimmermann, Martha Argerich-. Che cosa le è rimasto più impresso di Arrau fanciullo prodigio, concertista a cinque anni? «Ah, le donne! Tutte quelle signore che mi chiamavano per nome, che mi prendevano in braccio, che mi toccavano, mi coccolavano. Un vero assedio-. Trova il mondo musicale migliorato o peggiorato? «Molto, molto migliorato. Nel pubblico ci sono sempre più giovani, e sempre più cultura, sempre più esperienza, sempre più voglia di sentire per capire-. Ha un sogno irrcalizzato? •Si, di eseguire la nuova musica. Vorrei interpretare Stockhausen, Berlo, Boulez, Cage. Ma sono brani di tremenda difficoltà, ai quali dovrei dedicarmi studiando a lungo e ristudiando. Non ho ancora trovato il tempo di farlo. Non so se lo troverò-. Che cosa ha provato ritornando a suonare in Cile, lo scorso anno? E' stata un'emozione forte? «Un'emozione bella, un'emozione strana. E indimenticabile. Ho suonato in una grande chiesa. Dentro si assiepavano seimila persone. Altre quattromila sono riinaste ad ascoltare fuori, attraverso gli altoparlanti, sotto la pioggia-. Alhcrto Sinlgaglia Claudio Arrau al pianoforte: e stalo un bambino prodigio, «allievo di un allievo di I.is/.l»

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