Ruggeri un Conte metropolitano di Marinella Venegoni
Ruggeri, un Conte metropolitano Il musicista fra gli ospiti di «Poker di maggio» stasera in Eurovisione Ruggeri, un Conte metropolitano Milanese, 28 anni, presenta le canzoni del suo ultimo disco, «Tutto scorre», che è anche il più bello della sua carriera SANREMO — Nella pacifica sfilata di questa tre giorni televisiva di Ralduc con Poker di Maggio (stasera in Eurovisione), il volto di Enrico Ruggeri non è più ignoto, se non altro per gli occhiali, con quella curiosa montatura bianca intorno alle lenti spesse e scure di nottambulo incallito. Ma il musicista non è ancora cosi conosciuto come meriterebbe, né sufficienteinente appressato: il suo modo di presentarsi in scena è poco spettacolare, le concessioni ai «birignao- dello starsystem inesistenti, qualcuno lo troverà pure antipatico e scostante. Sul palcoscenico di Sanremo, Ruggeri ci sta per annunciare al mondo il suo disco appena uscito. Tutto scorre, titolo filosoficamente impegnativo che nasconde una colta freschessa di ispirasene nei testi e nella mustea e una naturale contaminazione fra l'uso del cervello e il sentimento, nonché l'assoluta mancansa di riguardo a quanto il mercato discografico chiede o impone. E Ruggeri é uno che va appressato per le cansqni che scrive e canta, per poi riuscire a digerire anche il modo ritroso che ha di muoversi: operasione che da sempre gli ascoltatori frettolosi di musica leggera hanno rifiutato (e ne sa qualcosa Paolo Conte che ci ha messo anni a far capire a tutti quant'è grande). Enrico Ruggeri, milanese, è un piccolo Paolo Conte metropolitano, con le acerbità e le ingenuità che i suoi 28 anni gli consentono, compresa quella di un pretensioso album inserito nel nuovo disco, in cui accanto a vecchie fotografie di casa e ai testi, compaiono brevi frasi che spiegano il tema ispiratore delle consoni: «Stati d'animo, processi mentali che han portato al lesto». Coerentemente, accetta il rìschio che esse vengano avvicinate ai sofismi della banda notturna di Arbore: «Credo di esser riuscito a dire cose attinenti con • le canzoni. Il rischio semmai, In un momento in cui la gente ha sempre meno voglia di pensare, è che questo mio modo d'essere mi costi qualcosa in termini di copie vendute». Il disco è emblematicamente dedicato a Klaus Nomi, ambiguo artista tedesco scomparso di recente: «In Italia lo conosciamo in venti, ho trovato geniale il suo avvicinare la musica rock alla classica, quelle sue occhiate al cabaret tedesco degli Anni Trenta». // mondo poetico di Ruggeri, è un poco retro, sostanzioso nei testi pianamente parlati che ricordano anclie un poco Mogol e trattano temi esistensiali sensa paura di sposarsi con le marcette. «Con Conte — ammette — ho in comune una fantasia un po' colta, un amore per le prime idee che vengono in mente e che sono sempre le migliori, e anche la voce abbastanza nicotinica... In Tutto scorre, c'è perfino il rider cantando che è proprio del cantautore astigiano. «DI questo mio nuovo disco — spiega — amo soprattutto i suoni che non sono alla moda, ho perfino usato il melotron che non si usava dal tempi degli Yes. Io ho paura del successo eclatante, credo che crei meccanismi paralizzanti e condizioni nel modo di scrivere, ho anche paura dei soldi, quando sono troppi». Quelli guadagnati finora, li ha spesi andando a vivere da solo: «Prima vivevo con mia madre, che è insegnante di pianoforte. E' una grande responsabilizzazione, ma si scopre il gusto di comprarsi un quadro e guardarselo. MI sono anche comprato una macchina nuova, ma anche quella come le canzoni è fuori moda». Ruggeri sta nel mondo della musica leggera da sette anni, prima nell'underground milanese con il gruppo dei Decibel, poi con gli Champagne Molotov. La sua bravura è scoppiata lentamente, gli occhiali bianchi sono usciti a Sanremo nell'84 con Nuovo Swing, una consone che Ita preceduto di poco la bella Mare d'inverno poi cantata dalla Berte. Di Polvere ha venduto 40 mila copie, ma Tutto scorre é certo il suo prodotto più bello. Lo porterà in tournée da metà giugno a settembre: «Mi piace viaggiar soltanto per lavoro, ma sono abbastanza pigro. Poi, ho anche paura di rimaner deluso quando vedo i posti che avevo soltanto immaginato». Marinella Venegoni l'urico Ruggeri
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