Dc chi aiuta l'allenatore

De, chi aiuta l'allenatore I PARTITI DOPO IL VOTO De, chi aiuta l'allenatore La de ha davvero vinto le elezioni di maggio? E a chi, dentro il partito, va attribuito il merito? E in che modo, c fino a qual punto, si riuscirà ad amministrare i frutti di questa «vittoria»? Cominciamo con l'osservazione che un due per cento a vantaggio di un partito per cui ha sempre votato almeno un italiano su tre non autorizza considerazioni trionfalistiche. E poi, non si tratta di progresso ma di recupero, dopo la batosta alle politiche del 1983 e la faticosa tenuta alle «europee» dello scorso anno. Tuttavia queste cifre, in se stesse non esaltanti, vanno collocate in un contesto particolare: il mancato sorpasso comunista, una avanzata del psi tutt'altro che travolgente, la flessione dei tre partiti minori. Infine la de aveva perduto il Quirinale, Palazzo Chigi ed era stata esclusa dalle amministrazioni in molle grandi città. Ma, soprattutto, va ricordato che fino a quindici giorni fa la democrazia cristiana era considerata dagli antagonisti, dagli alleati e dagli stessi simpatizzanti conte un partito ormai in declino, logorato da quaranta anni di potere, squassato dalle discordie interne, bersagliato dagli scandali, in difficoltà dinanzi a un psi invadente e a un pei incalzante. Nessuno pensava che sarebbe scoppiala la crisi comunista. L'inversione di tendenza sembra innegabile; c la modesta avanzata di maggio fa presumere, o almeno sperare, più consistenti vittorie per il prossimo futuro. Ora veniamo alla seconda domanda. Insieme agli allenatori delle squadre di calcio, i segretari dei parliti sono personaggi eminenti ma dalla incerta carriera. De Mita era pronto a tornare ad Avellino, in caso di ulteriore regresso; ma dal momento che la partita si e conclusa in tutt'altro modo, è giusto che a lui vadano gli applausi. E a chi altri? A Forlani, in primo luogo. A lui era toccato il compito più ingrato: conciliare le opposte esuberanze di Craxi e di De Mita. L'ha fatto come meglio non si poteva: non ha reagito neppure quando, per tutta ricompensa, si e sentito elogiare come un bravo «pompiere». Certamente si deve in gran parte alla sua abilità c alla sua pazienza se il pentapartito ha tenuto e ha finito per riportare un imprevisto successo. Non va dimenticato neppure Formigoni, il leader di Comunione e Liberazione. Tutti i suoi uomini nelle liste de hanno fatto man bassa di preferenze dimostrando di aver dato un contributo forse decisivo al recupero. Formigoni può svolgere, in futuro, un ruolo politico di prima grandezza. Ila infatti affidalo ai suoi fiduciari e non agli uomini di De Mita o di qualunque altro notabile il compito di rappresentare il suo «movimento» nelle amministrazioni locali. Alle future elezioni politiche potrebbe diventare, di fatto, il leader della più forte corrente democristiana. De Mita è persona troppo esperta e avvertita per non sapere che ogni vittoria ha un prezzo. Ora che i fatti gli hanno dato ragione può darsi che Forlani voglia essere qualcosa più che un pompiere. Gli «esterni» come Formigoni, ormai consapevoli di essere indispensabili, faranno sentire la loro voce. Ma, nello stesso tempo, leggendo le cronache dei giornali, si viene a sapere che le sinistre de guardano con spavento alla eventualità che Craxi resti in sella troppo a lungo (magari per tutta la legi statura), e rivendicano con forza il Quirinale per un loro rappresentante. Per ora De Mita ha escluso la crisi, ma ha detto che nem- meno De Gaspcri 6 rimasto per cinque anni al governo. Per quanto riguarda il Quirinale, l'eventuale successore di Pertini dovrebbe essere eletto da tutti i partiti dell'arco costituzionale, comunisti compresi. Come tutti i segretari dei partiti divisi, De Mita cerca di stare nel mezzo; ma ci sta con fatica. Temendo che il tempo non lavori più per loro, le sinistre de non sembrano troppo concilianti: gli altri non vogliono che l'eventuale successore di Pertini finisca per essere sì un democristiano, però scelto dai comunisti. E intanto, secondo vecchie ed evidentemente care abitudini, un gruppetto di onorevoli democristiani ha per il momento negato a Renato Dell'Andro, candidato ufficiale del partito, il diritto di succedere a Leopoldo Elia, come giudice della Corte Costituzionale. Ma dinanzi a questa ennesima prova di lealtà e di concordia nemmeno il diretto interessato avrebbe mostrato segni di turbamento. A quanto sembra, si sarebbe limitato a osservare che cosi vanno le cose, e che se si vuole un de al Quirinale sarà bene fin da ora contrattarlo con i comunisti. Gianfranco Fiazzesi

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