In 11 coop dell'Emilia Romagna i drogati trovano una vita diversa di Pierangelo Sapegno
In 11 coop dell'Emilia Romagna i drogati trovano una vita diversa Accolti nelle aziende agricole possono diventarne soci In 11 coop dell'Emilia Romagna i drogati trovano una vita diversa Graduale l'opera di recupero dei tossicodipendenti - Ogni giovane fa capo a una famiglia DAL NOSTRO INVIATO REGGIO EMILIA - Il cartello è grande: 'Cooperativa agricola La collina». Prodotti bovini e suini, dice la scritta. Ma questa è una cooperativa un po' particolare. La stradina, un acciottolato di campagna, fa due curve e tira dritto In mezzo al campi fino a una cascina. Don Braglla viene fuori nell'ala: ha 11 barbone che arriva al petto e tante cose da raccontare. «La collina» conta fra i soci anche tossicodipendenti usciti dal tunnel della droga e altri che cercano di farlo. In Emilia Romagna «coop» cosi sono undici, hanno 104 operatori e 122 ospiti (82 uomini e 40 donne) dai 17 ai 30 anni, si chiamano cooperative di solidarietà sociale, sono tutte bianche e diffuse su un territorio che va da Piacenza a Cesena. E questa di Reggio, dicono, è la più famosa. Nel modello un po' in crisi del Welfare State emiliano c'è questa espressione di assistenzialismo diverso, in parte importato — l'esperienza è cominciata nel Bresciano una quindicina d'anni fa — e in parte legato a una struttura economica che ha proprio in Emilia una sua roccaforte. E' l'altra faccia della cooperazione, a volte sconosciuta a volte Ignorata. «/ problemi sono tanti», avverte Vincenzo Chiusoli, vicepresidente dell'Unione delle Cooperative, «e quello principale è senz'altro il quadro normativo che è piuttosto ostile. E Franco Marzocchi, 11 coordinatore, precisa: «Queste sono cooperative il cui scopo prioritario è il servizio alle persone in stato di bisogno, ma in quanto cooperative sono anche delle imprese e come tali devono gestire problemi economici e giuridici come ogni altra impresa. In realtà esse svolgono una particolare funzione mediatrice fra individuo e società non in alternativa ma neppure in modo subalterno al servizio pubblico. E per questo è necessario un riconoscimento normativo diverso da quello attuale». «La collina» è un po' l'esemplo. Qui, in quest'angolo di campagna, passano tutte le contraddizioni del sistema', gli intoppi e le incomprensioni, e la volontà disperata di chi cerca di lasciare alle spalle l'emarginazione. La collina comprende anche altre due cooperative agricole, «La vigna» e «La quercia». Ogni unità fa capo a una famiglia di contadini, che rappresenta 11 nucleo del gruppo. Tutti i prodotti venduti servono per mantenersi. Anzi: «per pagare gli interessi dei debiti», dice don Braglla. Per entrare, 11 tossicodipendente si presenta all'ente pubblico che concede il primo lasciapassare. L'accogliménto dei drogati che vogliono disintossicarsi avviene In tre fasi: la prima dura un anno e mezzo, il tossicomane è ospitato alla «Quercia» e ha pochissima libertà, può uscire raramente e solo se accompagnato; poi arriva alla Collina e ci resta sei mesi e comincia ad avere 1 primi contatti esterni per inserirsi nella società; durante la terza fase può diventare socio, Inizia a lavorare, ha un piccolo stipendio e riceve i dividendi («per altro scarsissimi») della cooperativa. Adesso i tossicodipendenti in cura sono 14, ma, sostiene don Braglia, «non dovrebbero essere più di 9. Perché quando sono troppi si montano l'un l'altro, si fa più fatica a controllarli». Dall'ente pubblico ricevono 750 mila lire al mese, soldi integrati da rarissime offerte. Eppure («o differenza di S. Patrignano») la caratteristica principale è costituita dal rapporto continuo con la società, nel senso che in ogni caso le cooperative fanno parte di una struttura che ha profondi legami con gli enti pubblici. Invece si lavora cosi, in attesa di una nuova legg*e (la proposta c'è già) che obblighi lo Stato a intervenire. Fuori Bologna, a Ozzano, a metà strada da Imola, c'è un'altra di queste cooperative. Si chiama «Il quadrifoglio» e tira avanti vendendo le cose che vengono fuori dalla terra. Sedici tossicomani, «che fra un po' diventeranno una trentina», venti milioni di contributi all'anno, neanche un dipendente. C'è solo padre Sandro, che fa di tutto. Falegname, contadino, psicologo, amico e fratello. Anche lui ha le sue magagne, 1 fallimenti da confessare e i successi da vantare, i rapporti un po' complicati con il Comune e poi quelli con i giudici, gli avvocati, i familiari. Sono tutte storie di una cooperativa davvero speciale. Spiega: «Le nostre iniziative non sono nate per il bene dei soci, ma per quello di terzi, che sono emarginati, barboni, tossicodipendenti. La nostra è una funzione sociale, facciamo pure risparmiare agli enti pubblici. Pierangelo Sapegno
Persone citate: Braglia, Franco Marzocchi, Ozzano, Vincenzo Chiusoli
Luoghi citati: Bologna, Cesena, Emilia, Emilia Romagna, Piacenza, Reggio, Reggio Emilia
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