Liverpool città di fantasmi di Paolo Patruno

Liverpool, città di fantasmi Con le fragili iniziative pubbliche sopravvivono l'orgoglio per le due squadre di calcio e il mito dei Beatles Liverpool, città di fantasmi Su mezzo milione di abitanti i disoccupati sono più del 20 per cento - Semideserto il porto, già cuore dei traffici con le Americhe e l'Impero - Quartieri fatiscenti, 50 mila alloggi che andrebbero risanati urgentemente, ma non ci sono i fondi Nel quartiere Toxteth, abitato da gente di colore, sono rimaste le distruzioni causate dai disordini della primavera '81 DAL NOSTRO INVIATO LIVERPOOL — •'Visitate la città dei Beatles- dice la scritta luminosa che attira l'attenzione di chi esce dalla stazione ferroviaria. La leg■ genda del quattro ragazzi di Liverpool che con le loro canzoni hanno conquistato il mondo è ancora ben radicata e diffusa, come la fama delle due squadre di calcio (l'Everton e il Liverpool) che hanno fatto di questa citta la capi tale europea del football. Ma ormai 1 motivi di gloria cittadina si fermano qui, più aggrappati al passato che protettati nel futuro. Il pallone e i Beatles sono 1 lustrini di una città precipitata nella ripida discesa della crisi. Le statistiche Indicano con un'asettica sfilza di cifre la decadenza di Liverpool: su circa mezzo milione di abitanti, i disoccupati sono più del venti per cento con punte dal 50 al 90 a seconda dei quartieri fra i giovani sotto i vent'anni; 1 posti di lavoro .perduti nelle industrie della zona sono stati centomila negli ultimi sette anni; il porto, fino all'anteguerra centro dei traffici commerciali per le Americhe e l'Impero, è oggi semideserto, condannato a un inarrestabile declino. Tutti questi dati trovano puntuale riscontro nel decadimento anche visivo della città. Basta girare per i quar tieri che si arrampicano sulla collina sovrastante il porto dove 11 triste panorama delle case in mattoni resi scuri dall'usura del tempo culmina in schiere di abitazioni fatiscenti, scrostate, 1 vetri rotti alle finestre sostituiti da cartoni, le porte da lamiere. Il quartiere di Toxteth, che s'allarga a partire dalla Upper Parliament Street, è ancora abitato in stragrande maggioranza da emigrati di colore come nella primaveraestate dell'61, quando la città fu scossa da disordini e scontri razziali non ancora rimarginati. Toxteth è l'esemplo più chiaro di questo decadimento con case sbrecciate, alcune ancora annerite dagli incendi, un prato incolto dove sorgeva una banca, un negozio d'antiquariato e un club distrutti da quegli incidenti. Ma Toxteth non è un'oasi di brutture, una piaga isolata nel tessuto sano della città. «In Liverpool ci sono SO mila alloggi in condizioni pessime die andrebbero risanati urgentemente. Ma non abbiamo abbastanza soldi e ventiduemila persone sono in lista d'attesa per avere un'abitazione qualsiasi», ci dice Andy Plnk, portavoce del Consiglio comunale dall'83 a maggioranza laborista. Non si fa fatica a prestargli fede quando sostiene che «Liverpool è la città inglese colpita più gravemente dalla crisi delle industrie tradizionali che costituivano la sua ricchezza: i cantieri navali, i docks, le fabbriche di auto. Qui oggi non c'è più speranza per queste industrie, condannate a vivacchiare, incapaci di rias- sorbire anche solo parzialmente la disoccupazione. Ha chiuso la fabbrica della British Leyland, quella della Ford ha 10 mila dipendenti ma duemila posti sembrano minacciati e l'impianto della GM è ridotto a mille lavoratori. Le previsioni sono nere anche per i docks, e se il porto lavora a ritmo ridotto, è il declino per tutta la città". Di fronte a tutto questo che fa il Comune? L'amministrazione laborista è impegnata dall'anno scorso in un aspro braccio di ferro con il governo Thatcher che vuole ridurre i suoi contributi ai Comuni per diminuire le spese degli enti locali. Ma Liverpool si è ribellata, continua a spendere più di quanto vorrebbe il governo specie per l'edilizia popolare e per creare nuovi posti di lavoro. La città rischia cosi la banconota, come era avvenuto per New York, ma i laborlsti non vogliono aumentare le tasse locali né diminuire le spese. E il conflitto con la signora Thatcher riesploderà nelle prossime settimane, attizzato nella sala circolare del Council, nella vecchia Townhall, simbolo di una passata prosperità. abbiamo creato mille posti nell'amministrazione comunale per combattere la disoccupazione. Abbiamo rilanciato l'edilizia costruendo mille alloggi nuovi, sui cinquemila che vogliamo fare nel prossimi quattro anni. Offriamo incentivi per nuovi insediamenti industriali, per impianti di alta tecnologia. Combattiamo contro il declino anche sfruttando il mito dei Beatles come richiamo turistico e organizzando il Festival dei giardini per attirare gente-, conclude il portavoce del municipio di Liverpool con il tono di chi non vuole accettare la decadenza della sua città. Un segno tangibile di questo declino lo si coglie al porto, percorrendo in taxi le dieci miglia lungo le quali si stendono 1 docks. Poche navi attraccate al moli, larghi spazi vuoti, con gru gigantesche immobili contro il cielo grigio. E sull'altro lato della strada, sulla terraferma, un senso ai abbandono, quasi totale: chiuso l'impianto di raffinazione della canna da zucchero che proveniva dalle Colonie, sbrecciato il capannone dove si lavorava l'olio vegetale, inattivo da tempo anche lo stabilimento delle granaglie per gli animali. Restano grossi mucchi di rottami di ferro, utilizzati nelle fonderie per l'industria dell'auto, grossi contenitori per la melassa che riempiono un po' di spa¬ zio contendendolo alle sterpaglie e all'abbandono. Ma l'odore del tabacco, il profumo dello sherry o del porto che aleggiava sul quartieri bassi della città all'epoca d'oro dell'Impero è stato spazzato via per sempre dal vento dell'Atlantico. Sul lato Sud, i docks più vecchi sono ormai chiusi, sostituiti parzialmente da piccole fabbrlchette e dal singolare progetto dell'Albert Dock, un nuovo complesso di negozi e ristoranti che mira a creare un quartiere di richiamo turistico su questi vecchi moli in disuso. Di fronte, invece, dove si aprivano in un solo isolato sette pubs noti al portuali e ai marinai di mezzo mondo, tutto è stato buttato giù ed è sorta la nuova caserma dei pompieri. Nessuno sembra credere più a un avvenire di rilancio per il porto di Liverpool, nemmeno alle Trade Unions. >Le prospettive sono francamente brutte — ci conferma Len McCuskely del sindacato del dockers — quando ci lavoravo ancora io, una ventina d'anni fa, i portuali iscritti al sindacato erano quasi ventimila e altrettanti i saltuari: oggi ne sono rimasti duemila. I nuovi macchinari hanno ridotto la manodopera, ma il colpo decisivo l'ha dato l'ingresso nella Cee. La maggior parte del nostro traffico marittimo si è riversata infatti sull'altro versante, di fronte al continente. Non c'è niente da fare: siamo dalla parte sbagliata, tagliati fuori-. Alla Camera di Commercio, invece, si sforzano di apparire ottimisti. Il direttore Keith Robinson ricorda che' Liverpool era la seconda città del Paese ancora nell'anteguerra. Spiega che la sua parabola discendente è cominciata con lo sviluppo del trasporto aereo, con lo spostamento del traffico marittimo a Southampton e infine con l'adesione al Mercato Comune. Rammenta che per compensare il declino del porto, 1 governi passati hanno propiziato negli Anni 50 e 60 insediamenti industriali, ma riconosce che molti si sono spostati a Sud, anche per avvicinlarsi al Mercato comunitario. «Oggi siamo discesi al quinto posto in Gran Bretagna, ma non tutto è buio — sostiene Robinson — Ford e GM continuano a investire nei loro impianti e questo significa che non intendono smantellarli. Il traffico del porto è in flessione, 3419 navi l'anno scorso, nove milioni di tonnellate di merci, ma non siamo alla catastrofe. E poi sono sorte altre attività legate allamicro-elettronica, ai computer. E' attivo anche il settore dell'abbigliamento, vivace il terziario, i servizi. Certo ogni rivoluzione, come questa tecnologica, reclama delle vittime. E' triste vedere fabbriche che chiudono, contare t disoccupati. Ma adesso bisogna cercare un nuovo ruolo per la città. Con il Festival del giardini abbiamo scoperto grosse potenzialità turistiche, incrementabili con nuove iniziative culturali, con il museo marittimo, con il mito dei Beatles-. Francamente si fa fatica a seguire 11 responsabile della Camera di Commercio nelle speranze di sviluppo turistico per questa zona, priva di attrattive particolari e non favorita dal clima. Certo, tre milioni di biglietti sono stati' venduti per il «Festival del giardini» l'anno scorso, centinaia di migliala di persone sfilano ancora come In pellegrinaggio nel mus^o dedicato al Beatles. Ripercorrono Seel Street dove la Cavern, 11 locale dove il quartetto mosse 1 primi passi verso il successo, è stata ricostruita del tutto e completata da un orribile shopplng-centre, da negozletti che con posters, dischi, badges alimentano la leggenda del complesso. Da città industriale, da grande porto a città-museo? E' dunque questo il destino di Liverpool, capitale del pallone negli Anni 80 e delle canzoni di un recente passato? Oli esperti dubitano che questa possa essere la via della ripresa. «Anclie se l'intera economia britannica si riprendesse non basterebbe ad aiutare Liverpool — sostiene il prof. Fred Rldley, politologo alla locale università — ci vorrebbe un boom, troppo grande per essere consumato solo da Londra e da Birmingham, e tale quindi da arrivare anche fino a noi. Ma questo è altamente improbabile-. I Paolo Patruno Liverpool. E' il 5 luglio 1981: per le strade della città infuriano gli scontri tra polizia e giovani di colore. Il quartiere di Toxteth è ancora abitato in stragrande maggioranza da emigrati come allora, quando la città fu scossa da disordini razziali non ancora rimarginati

Persone citate: Andy Plnk, Fred Rldley, Keith Robinson, Robinson ? Ford, Seel, Thatcher