Durbè reintegrato dal Tar dopo la beffa di Livorno di Guido Rampoldi

Durbè reintegrato dal Tar dopo la beffa di Livorno Gullotti lo aveva rimosso dalla carica di sovrintendente Durbè reintegrato dal Tar dopo la beffa di Livorno Potrebbe tornare a dirìgere la Gallerìa nazionale d'arte moderna a Roma - Il ministro ricorre? ROMA — Vittima illustre della «beffa di Livorno^, il professor Dario Durbé ieri s'è preso una rivincita: il Tar ha accolto il suo ricorso contro il provvedimento con il quale, dopo le polemiche per i «falsi Modigliani», 11 ministero dei Beni culturali l'aveva di fatto rimosso dall'incarico di soprintendente della Galleria nazionale d'arte moderna. Durbé potrebbe tornare sulla poltrona che occupava fino al 30 ottobre scorso. A meno che, com'è probabile, il Consiglio di Stato blocchi l'esecutività del verdetto in attesa di decidere su un appello del ministero. •Al di là degli aspetti tecnico-giuridici la sentenza suona per me come un riconoscimento morale», commenta Durbé, e torna a lamentare il trattamento subito, quella decisione •ingiusta e illegittima' con la quale il ministero lo mise alla porta, «colpendo solo me- tra quanti avevano attribuito le «teste» in pietra trovate nel Fosso Reale al più illustre artista livornese, Amedeo Modigliani. In senso strettamente formale, quella di Durbé non era stata una rimozione, ma un -trasferimento e messa a disposizione della direzione generale del ministero*. E inizialmente i Beni culturali avevano presentato la decisione in termini neutri, senza legarla alla storia del «Modi». Forte anche della solidarietà di un centinaio di intellettuali, Durbé aveva presentato un ricorso nel quale sosteneva l'Illegittimità del provvedimento. Secondo Giuseppe Fornaro, il suo legale, la decisione dei Beni culturali era viziata da tre elementi: a Durbé non erano stati contestati addebi¬ ti, mancava il parere, obbligatorio, del direttore generale del ministero, infine mancava una motivazione. A quel punto l'avvocatura dello Stato, per conto del ministero, aveva precisato che in effetti il trasferimento era stato adottato perché Durbé si era comportato in modo imprudente: aveva attribuito a Modigliani sculture che invece erano uscite dal Black-and-Decker di goliardi livornesi, e per giunta aveva organizzato una mostra con relativo catalogo. Contro-relazione dell'avvocato Fornaro: nessuna imprudenza, Durbé prima di autenticare le pietre aveva chiesto il parere di esperti di fama internazionale; e tutti, compreso Jean Leymaric, direttore dell'Accademia di Francia, concordarono sull'attribuzione. E poi, perché paga solo Durbé quando altri storici dell'arte con incarichi statali all'inizio giuravano sull'autenticità? Infine: come può il ministero dichiarare che quelle sculture sono false quando non si è mai fatta una perizia? Bisognerà attendere la sentenza per capire se il Tar ha accolto solo gli aspetti formali, o anche quelli di merito, nel ricorso dell'avvocato Fornaro. Ma la «burla» resta comunque materia giudiziaria: la procura di Livorno indaga su Durbé per il reato di «concorso in falso di opere d'arte». In questa storia che si trascina da mesi tra lamentele e sghignazzi resta comunque un paradosso: le pietre dello scandalo non sono state ancora analizzate secondo criteri tecnici. Senza perizie, la polemica può continuare. Guido Rampoldi

Persone citate: Amedeo Modigliani, Durbè, Fornaro, Giuseppe Fornaro, Gullotti, Jean Leymaric, Modigliani

Luoghi citati: Francia, Livorno, Roma