Il turbo? Una storia di cavalli
Il turbo? Una storia di cavalli Come nei Grandi Premi i motori sovralimentati hanno battuto quelli aspirati Il turbo? Una storia di cavalli In F. 1 si cominciò a parlare del turbo nell'estate 1977 con il debutto Renault nel Gran Premio di Inghilterra. Fino ad allora tutte le vetture erano spinte da motori atmosferici di tre litri con 8012 cilindri. Motori sofisticati, ma non eccessivamente onerosi da gestire e costruire e soprattutto affidabili, con potenze massime che oscillavano dai 520 cv del boxer Ferrari ai 450-480 dei migliori Ford Cosworth. La Renault scelse la strada della ami sovralimentazione perbhe\<i>er-mettere d punto un buon aspirato ci sarebbero voluti almeno un paio d'anni. E non si era certi di ottenere una unità più potente delle migliori in circolazione. Solo col turbo era possibile conseguire potenze maggiori (va ri¬ cordato che la potenza erogabile da un motore dipende da cilindrata, regime di rotazione e pressione e che, per incrementare le prestazioni, bisogna intervenire almeno su una delle tre variabili). Data per scontata la cilindrata, che in F. 1 prevede 3000 ce per gli aspirati e 1500 ce per i sovralimentati, non potendo aumentare più di tanto il regime di rotazione, pena la fragilità del sistema, la scelta cadde sull'aumento di pressione. Un incremento possibile dotando'il propulsore di Un sistema turbina-compressore, che pompa all'interno della camera di scoppio una quantità superiore di aria e carburante. Inoltre, a differenza del compressore volumetrico, il turbo non assorbe potenza L'evoluzione del progetto creò molti problemi ai tecnici Renault. In particolare, tre furono i grandi ostacoli da superare: la cilindrata troppo bassa, la tenuta dei materiali e la lentezza nella risposta. Lo sviluppo tecnologico non era giunto ai livelli attuali e i materiali in grado di resistere alle sollecitazioni della sovralimentazione erano pochi. Inoltre, ai bassi regimi-la risposta del turbo arrivava in ritardo, svantaggiando la monoposto francese sia sui tracciati misti che al ' TftòrHkrttb-\ della partenza. Ci vollero due anni per ovviare a questi inconvenienti. Nel luglio 1979 la Renault vince a Diglone il suo primo Gran Premio. Nel frattempo per abbassare le temperature di esercizio tra il gruppo di sovralimentazione ed il propulsore era stato interposto uno scambiatore di calore e le turbine erano raddoppiate. Una girante di diametro inferiore possiede infatti una inerzia più contenuta, La strada Renault piacque a molti, prima di tutti alla Ferrari, che già nel 1980 provò al debutto il suo motore sovralimentato, ottenendo rapidamente successi in serie. Dopo la Casa di Mannello arrivarono nell'ordine il piccolo 4 clHn'àYi1 inglese; BJtóRHart, il Bmw, l'Alfa Romeo, il motore Honda, quello Porsche e, dulcis in fundo, il 6 cilindri Motori Moderni di Carlo Chiti. Dal 1977 i progressi compiuti dal turbo sono stati grandissimi, sia in fatto di potenza che per affidabilità, tanto da decretare la fine del motori aspirati. Comparando le prestazioni di un propulsore normale con uno sovralimentato, partiamo da un divario iniziale di 30 cv nel 1979 per arrivare a circa 50 cv nell'anno successivo (i turbo raggiungevano quota 550). Nel 1981-82 il gap era salito a 80 evea 100 nell'83. Oggi i migliori aspirati vengono accreditati di 520-530 cv, un turbo di 780 nella versione corsa e 1000 nella configurazione da prove. Per raggiungere queste prestazioni, che. hanno dell'incredibile, i tecnici hanno intrapreso vie diverse. Si parte dal 4 cilindri Bmw e Hart, meno frazionato ma molto sollecitato, fino ad arrivare all'8 cilindri a V Alfa Romeo, potenzialmente valido ma anche più complesso e pesante degli altri motori. In posizione centrale abbiamo poi il gruppo dei 6 cilindri a V che, seppure con caratteristiche diverse, costituisce forse la tipologia più affidabile al momento attuale. Tra essi annoveriamo Renault, Ferrari, Porsche, Honda, e Motori Moderni. Se le caratteristiche costruttive hanno avuto grande peso nell'affermazione del turbo, il vero e proprio decollo di motori sovralimentati lo si è avuto con l'avvento dell'elettronica. Sofisticati sensori spiano il motore, controllando una infinità di parametri (dalla pressione alle temperature di esercizio). A loro volta, i sistemi ad accensione ed iniezione-.'anch'essi controllati'- eletfrvHKàmehtè? sbWàintendono alle prestazióni ed al consumo, permettendo (quasi sempre) alle vetture di terminare i Grandi Premi pur con soli 220 litri di carburante a disposizione. Paolo D'Alessio il sistema di sovralimentazione tramite turbina e compressore viene anche definito «a recupero di energia», poiché sfrutta la temperatura ed il residuo di pressione contenuto nei gas di scarico che (1) vengono immessi in una turbina (2). Fanno ruotare una girante che a sua volta mette in funzione il compressore (3), il cui compito è aspirare aria tramite una apposita presa (4) ed inviarla al motore. Una volta compressa l'aria aumenta di calore, per cui, prima di entrare nel polmoncino di aspirazione dell'unità motrice (6), deve attraversare uno scambiatore di calore (S) che ne riduce la temperatura. Quando nei condotti di aspirazione si raggiunge la pressione prevista entra in funzione una apposita valvola, denominata wastegate (7), che indirizza una parte dei gas combusti direttamente nel condotto di scarico principale (8)
Persone citate: Carlo Chiti, Paolo D'alessio
Luoghi citati: Inghilterra
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