Gran Paradiso della discordia

Gran Paradiso della discordia LA VAL D'AOSTA RIFIUTA IL «POTERE COLONIALE» DELLO STATO Gran Paradiso della discordia Il parco è contestato, a Valsavarenche per protesta non si è eletto il Consiglio comunale - H sindaco: «Siamo sottoposti a vincoli vessatori» - Il presidente giunta regionale: «L'ente statale che gestisce il parco deve essere sostituito da un consorzio delle Regioni Piemonte e Val d'Aosta» -1 pericoli della gestione locale - Ma il problema sembra soprattutto politico, di autonomia da Roma DAL NOSTRO INVIATO VALSAVARENCHE — Sorto l'imprevedibile neve di maggio cinque camosci sono scesi a poche decine di metri dalle case. Uno si allontana a grandi baisi, gli altri non sembrano spaventati dal rumore della sola automobile che sale per la valle. Conti-' nuano la ricerca di ciuffi d'erba non ancora sommersi dalla neve. Siamo a Degioe, la .sona calda* del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Qui c'è stata l'esplosione alla base di un traliccio. Su un muro paravalanghe sta scritto in giallo: «Non fateci girare le paline». Jl gioco verbale si riferisce alle paline di legno che segnano i confini del Parco. Questa gente vuole restarne fuori. Jl conflitto tra le esigerne della conservazione della natura e quelle dello sviluppo socio-economico convenzionale è sempre stato acuto nei nostri Parchi, privi di grandi spasi selvaggi, comprendenti zone antropUtaate da secoli. Qui però la nuova ventata di ostilità appare a tutta prima inspiegabile. I residenti nella valle sono 240, ridotti a 80 nel mesi invernali. Non dovrebbe essere disperata l'impresa di far accettare il Parco in cambio di forme di sviluppo ammissibili. Sul posto, al contrario, si avverte subito che c'è qualcosa di impalpabile dietro il conflitto conservazione-sviluppo e il rapporto poco felice tra l'ente parco e le popolazioni locali. Ne parlo col sindaco di Valsavarenche, Adriano Chabod. Vn personaggio con aureola di duro avversarlo del parco nazionale. Mi riceve con grande cortesia nella scuola di Degioz, la frazione di Valsavarenche indicata addirittura come patria di dinamitardi. «Per prima cosa voglio dire che noi condanniamo gli attentati. Non è con le bombe che dobbiamo far valere le nostre ra- glonJ.„.0« ricordotphfi. amj\ dibattito sulle sortir del Porr cai uno cUtadimnihsQegkxis, molto ttoto, mi aveva detto: •Se non bastano le parole passeremo alle bombe». Chabod ha negli occhi un lampo di Ironia: «Certe persone parlano troppo e ci fanno del male. Per la nostra protesta abbiamo scelto una forma molto piti civile delle bombe, rifiutando di presentare Uste di candidati per il rinnovo del Consiglio comunale». Adriano Chabod è in carica come commissario. Quali sono, secondo lui, i motivi della lotta che mette in crisi l'esistenza dell'intero Parco Nazionale? «Trovarsi all'interno dei confini significa essere sottoposti a vincoli e controlli vessatori. Persino l'impianto di un contatore dell'Enel richiede l'autorizzazione dell'Ente Parco. Il proprietario di una casa cha va in rovina, e ce ne sono tante, ottiene dal Comune la concessione per 1 lavori di restauro, con i muri in pietra, e l'Ente Parco gli impone di Intonacarli. Non si può spostare un camino o riparare un tetto senza il consenso dell'Ente; consenso che può tardare parecchi mesi. Per qualsiasi lavoro nel boschi e nel campi dobbiamo aspettare l'autorizzazione». La lamentela si frammenta in episodi minuti, indico «vi di un clima avvelenato dalla litigiosità. «In Valsavarenche si riceveva soltanto il prJroPiicanale^Tv.jLav gente, ha costruito un ripetitore e sono arrivati 1 carabinieri. Intorno alla roccia di Molare, dedicata alla memoria del partigiani, avevamo costruito una staccionata in legno per tener lontane le vacche. L'Ente Parco bloccò tutto per mancanza di autorizzazione». Vengo poi a sapere che si tratta di episodi ormai vecchi, che i consiglieri valdostani del Parco si opposero all'autorizzazione concessa senza domanda. Il contrasto non doveva essere eliminato. La volontà di non collaborare col Parco e di restarne fuori non è spiegabile spltan- . to con i motivi concreti di disagio locale, né con le pressioni dei cacciatori o con le attese speculative legate all'espansione turistica. Nel budello della Valsavarenche un tempo i cacciatori abbattevano comodamente i camosci scesi in cerca di cibo. Dal 1974 la Regione Valle d'Aosta ha vietato la caccia (il bracconaggio è diffuso in tutte le valli, comprese quelle dentro il Parco: da 6 a 10 milioni per uno stambecco). Il plano regolatore del Comune prevede il recupero di abitazioni e balte abbandonate per 1500 posti-letto, più alctvne centinaia di vani ì mq&mon,'inigllaia. MJ.dfce, ..anpo.rfL H^ndaco Chabod: I «D'estate c'è gente per "un mese e mezzo. Poi più nulla. D'inverno ci basterebbero una sciovia e una seggiovia per lavorare un po'. Senza taglio di alberi». Lo schema di piano proposto dall'Ente Parco assieme alla Regione non esclude un certo sviluppo turistlco-residenziale. Dice Chabod: «A noi sembra un Inganno. Se i nostri problemi venissero risolti noi dovremmo accettare il Parco, secondo il buon senso. Preferiamo restarne fuori. Domani si potrà discutere». E' evidente che le poche centinaia di abitanti di queste valli assumono più o meno consapevolmente il compito di avanguardie dell'autonomismo che fa del Parco il simbolo della presenza dello Stato. La comunità montana del Gran Paradiso fui addirittura respinto l'ipotesi dipiano come un tentativo di «estendere l'area del potere coloniale del governo centrale». Ho l'impressione che nessun progetto, per quanto rispettoso degli interessi locali, avrà il consenso valdostano finché il Parco Nazionale dipenderà da Roma. Ne ho implicitamente la conferma dal presidente della Giunta regionale Augusto Rollandin: «Slamo pronti a finanziare 11 Parco del Gran Paradiso purché l'Ente autonomo che lo gestisce sia sostituito da un consorzio formato dalla Regione Piemonte e dalla Regione Valle d'Aosta». / mezzi non mancherebbero: la Valle d'Aosta ha chiuso il suo bilancio con 1S0 miliardi di avanzo. Ma la nuova forma di gestione non aprirebbe il varco al declassamento del Parco e a grandi insediamenti turistico-speculativif Rollandin è categorico: «Operazioni tipo Cervinia e Pila non sono lontanamente ipotizzabili. Le escludono 1 piani regolatori del Comuni. Quanto allo sci si potrebbe limitarlo alle piste di fondo». Osservo che la proposta di piano per il Parco è ancor' più generosa, eppure non è stata discussa. «Non sono questi 1 veri ostacoli da superare. Per ottenere 11 consenso della gente occorre risolvere il problema giuridico ;e cambiare il tipo di gestione». In attesa di questo cambiamento, molto difficile ■trattandosi di un Parco na>. rionale, il presidente della ■Giunta valdostana ha fatto sospendere la posa di tabelle con la scritta «Pngp» nella Valsavarenche e nel territo¬ rio di Rhémes-Saint-Georges, altro Comune che contesta il Parco Nazionale. «Ho agito per tutelare l'ordine pubblico, in forza del poteri che mi attribuisce lo statuto' speciale della Regione e dopo essermi consultato col ministero dell'Interno. Ripeto la condanna degli attentati e riaffermo la nostra disponibilità alla ricerca di una soluzione giuridica». Passiamo sull'altro fronte. Il presidente dell'Ente Parco, architetto De Orsola, ha lavorato per anni alla ricerca di un'intesa, trovandosi preso tra due fuochi. «Se non faccio mettere le paline che W«hM10i*<no8tri,SPnXir4[8flnrn go denunciato per omissione .ilniiiVnM ito iih'idliii'i' di atti di ufficio; se tento di imporle scoppiano le bombe». E' stato attaccato dura-, mente da alcune associazioni di tutela, che rimproverano all'Ente Parco di concedere troppi permessi per strade e nuove costruzioni, di non difendere con severità il patrimonio faunistico (gli stambecchi sono poco più di 3000, i camosci sono diminuiti da 7800 a 6000), di non svolgere attività scientifica. Persino t'iniziatila per il piano del Parco è stata criticata, con motivazioni opposte a quelle dei valdostani. «Era un tentativo serio di risolvere 11 problema del rapporti con le popolazioni locali, mettendo in discussione alcune Ipotesi di sviluppo compatibili con la tutela ambientale. Lo studio è stato fatto con la partecipazione valdostana. Eppure viene rifiutato. A questo punto è evidente che 11 problema non è quello del conimi o delle cose che si possono am mettere nel Parco. SI tratta di rapporti politici tra la Valle d'Aosta e Io Stato, al di là delle nostre competenze. A confermarlo sta 11 fatto che sul versante piemontese del Parco non abbiamo gravi contrasti. I confini sono stati segnati regolarmente. Stiamo restaurando 1 casotti di montagna abbandonati, ripristiniamo 1 sentieri naturalistici con spesa di oltre un miliardo». La *piccola guerra* è limitata al versante valdostano, ma non sarà facile arrivare a un armistizio. Se Roma decidesse atti di forza per far rispettare la legge avrebbero buon gioco gli estremisti decisi a impedire il confronto civile su un progetto che tenga conto degli interessi locali. Però la situazione attuale è insostenibile. Il Parco Nazionale più antico e famoso d'Italia è finito in un vicolo cieco per una somma di errori e di preclusioni ideologiche che da lontano possono* aufàfé^lfjifreiìbill, o oròt^ fflLùw. ,.jytarioFai5\o,„ Parco del Gran Paradiso. Un gruppo di giovani stambecchi saluta il ritorno della primavera tra le rocce dell'alta Valsavarenche

Persone citate: Adriano Chabod, Augusto Rollandin, Chabod, De Orsola, Degioz, Rollandin