La scommessa di Mario Pirani
La scommessa La scommessa Le urne appena chiuse sono destinate a riaprirsi il 9 giugno per il referendum sulla scala mobile? L'interrogativo si libra irrisolto sulla vita politica ed economica, e come gli àuguri dell'antichità ricavavano presagi fausti o infausti dai segni degli uccelli, cosi noi, con altrettanto immotivata fiducia, sembriamo ricercare nelle generiche frasi di Lama o di Natta una risposta che neppur loro sanno più quale potrà essere. Tentare una affannosa e incerta rimonta con una sortita di classe? Sfidare un giudizio d'appello che raccolga tutta l'Italia proletaria e protestataria in una ostinata rivendicazione che forse, tanti altri, per immediato interesse, potrebbero sottoscrivere, oppure non correre un rischio — gravissimo in caso di mancato successo — e ripiegare, invece, su un possibile compromesso, suggerito da una sconfitta, che obbliga a ripensare tutta una politica settaria e inconcludente? Dilemma non facile da scio- glierc c non e affatto detto che il pei, perse le certezze fino a ieri coltivate, sia in condizioni di affrontarlo. Allo stato delle cose, quindi, l'ipotesi dello scontro referendario appare la più probabile, visto che il meccanismo e già autonomamente in moto c che solo una forte volontà politica in senso opposto potrebbe fermare. Le «chances» che questo avvenga sono a questo punto affidate ad un impervio accordo sindacale per una riforma salariale che, trasformando anche le norme sulla contingenza, vanifichi il ricorso alle urne. E' una scommessa resa difficile dalle divergenze profonde tra i sindacati e condizionata, comunque, al placet clic Lama si dice stia tentando di strappare in extremis dai suoi compagni di Botteghe Oscure, sempre che le perdite subite anche nelle roccaforti operaie del Nord li abbiano indotti a ragionevoli dubbi. La verifica non può tardare ed essa potrebbe anche essere positivamente influenzala da un atteggiamento del governo e delle altre forze politiche sgombro dalle tentazioni proterve del successo e capace, invece, di lasciare al pei lo spazio per una revisione di fondo, se dal suo seno sapranno emergere uomini e volontà capaci di affrontarla. Se, poi, il tentativo sindacale dovesse naufragare e si profilasse la via d'uscita di un decreto governativo che, secondo indiscrezioni, Craxi avrebbe in serbo, è sperabile siano evitate le suggestioni troppo pasticciate e barocche (come quella di restituire, fiscalizzare e quindi tassare i quattro punti) che potrebbero rendere ancor più confusa e contraddittoria la situazione. 1 risultati del 12 maggio, di contro, hanno dimostrato che il Paese e disposto a premiare scelte, come il decreto sulla scala mobile o la legge Visentini, prese in nome dell'interesse generale, malgrado le potenti controspinte corporative e di classe, e da questo punto di vista non e privo di significato che la punizione subita dal pei si accompagni a quella inflitta a un partito «bottegaio» come il psdi. La prova referendaria, ove il pei resti impenetrabile ad ogni invilo, potrà quindi essere affrontata senza soverchi pessimismi se il pentapartito saprà chiamare il Paese ad una scelta chiara in modo unitario: sia l'astensione generalizzata proposta da Pannclla e Camiti e adombrata da Craxi, sia una vigorosa campagna per il no, sia, infine, un decreto limpido (che, ad esempio, fissi lunghe scansioni per le indicizzazioni o le depuri dall'lva) sono tutte strade percorribili, purché se ne scelga rapidamente una e una soltanto. Mario Pirani
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