Eutanasia, quel giudice solo di Roberto Martinelli

Eutanasia, quel giudice solo Dibattito a Roma sui problemi morali connessi alla «morte bella» Eutanasia, quel giudice solo E' il medico, elevato ad arbitro unico, con la sua coscienza - Il prof. Balsano: «Fino a che punto la legge può perseguire chi allevia la sofferenza aiutando a morire?» - Il pg della Cassazione e il Procuratore generale di Roma contrari a una legge che dica «quando staccare la spina» - Mons. Angelini: «Servire il malato per la vita». ROMA — L'attimo impercettibile, magico e irreale che segna il confine tra vita e -morte, è al centro di un dibattito in cui giuristi e teologi, medici e filosofi sono impegnati da anni per risolvere uno dei problemi più angosciosi del nostro tempo: alleviare le sofferenze dell'ammalato destinato a morire. E cioè il diritto all'eutanasia, alla «morte bella». Ancora ieri, personaggi illustri si sono riuniti attorno ad un tavolo nell'aula magna della prima cattedra di clinica medica per discutere, per interrogarsi, per scambiarsi opinioni, per cercare una soluzione In linea con la morale comune, con la legge scritta, con l'evoluzione continua della scienza medica. Ancora una volta è stato un discorso a senso unico perché al medico che chiedeva nuove norme di comportamento, il giudice e il teologo hanno risposto di interrogare, ogni volta, la sua coscienza. «No» all'eutanasia ed isolamento del medico, elevato a giudice unico ed arbitro assoluto di quel tempo irrazionale che segna il passaggio dalla vita alla morte. E' stata la sintesi di un dialogo a più voci che ha riproposto in termini drammatici la solitudine umana dell'uomo-medico chiamato a decidere della sorte del suo simile. Un uditorio attento e qualificato ha ascoltato Giovanni Tamburino, procuratore generale della Cassazione, monsignor Fiorenzo Angelini, «ministro della Sanità- del Vaticano, Francesco Balsano, clinico dell'università di Roma. Franz Sesti, procuratore generale della Corte di appello di Roma, e il filosofo Carlo Bini. Ha aperto e chiuso il dibattito Francesco Balsano, il clinico che oggi siede sulla cattedra che fu di Frugoni, di Condorelli e di Beretta Angulssola. E' lui che ha voluto questo dibattltajFma non j riuscito ad avare risposi tranquillanti né per sé né per i suoi colleglli alle prese ogni giorno con un problema di coscienza. Sul suo intervento si sono sviluppati tutti gli altri, contrari alla proposta di legge Fortuna. Nel dicembre scorso fu presentata in Parlamento per legalizzare l'eutanasia introducendo nell'ordinamento quel 'testamento di Dita» che l'infermo dovrebbe rilasciare una volta informato della gravita e irreversibilità del male. Il «no* all'eutanasia è stato categorico da parte di tutti. Anche Balsano ha detto a chiare lettere che essa va rigettata perché è moralmente da respingere e legalmente perseguibile. Ma ha posto al magistrati e al teologo interrogativi inquietanti per sapere fino a che punto la legge penale può perseguire un medico che si adopera affinché il moribondo soffra il meno possibile attenuando 11 dolore ma anche aiutandolo a morire. Per evidenziare quanto la problematica giuridica sia confusa e incerta in materia, Balsano ha reso noti due casi emblematici. Il rifiuto di un magistrato di autorizzare 11 trapianto di un rene di un bimbo nato senza cervello e di un paziente ammalato di cancro del quale si è scoperto che la somministrazione di analgesici per lenire il dolore aveva anticipato la sua morte. Un trapianto mancato e un caso di eutanasia involontario. ? Sono casi limite — ha risposto il procuratore generale delia Cassazione — in cui il medico male ha fatto nel primo caso a rivolgersi al magistrato e bene ha fatto nel se¬ condo perché lui. l'uomo col camice bianco, è il solo giudice della vita del malato. Tamburino ha risposto no anche alla richiesta di istituire una commissione medica, per decidere sul quando staccare la spina. Sulla stessa linea di Tamburino il procuratore generale di Roma, Sesti, il quale ha addirittura sostenuto che una legge regolatrice dell'eutanasia sarebbe incostituzionale perché in contrasto con i principi che garantiscono il diritto alla vita. Applauditissimo il discorso del filosofo Carlo Slni che senza addentrarsi nella tematica giuridica ha fissato il tema sulla consapevolezza dell'uomo che sa di dover morire dal momento stesso in cui comincia a vivere. Monsigrìor Angelini ha portato il suo contributo di credente ma anche il punto di vista della Chiesa cattolica che non da oggi ha affrontato questo tema. Sin dal 1957 Pio XII sancì la lecita somministrazione di narcotici destinati ad evitare al paziente dolori insopportabili, anche pericolosi per la sua vita, purché non vi fosse nesso causale tra la narcosi e l'abbreviamento della vita stessa. Monsignor .Angelini ha aggiunto: 'Chi serve il malato con amore, non può che servirne la sua vita, anche quando questo servigio si traduce in generoso accompagnamento al naturale tramonto della vita. La morte non può avere un'ora solare ed un'ora legale. La prima è accettandone della condizione umana, la seconda è violenza alla condizione, umana*. Roberto Martinelli

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