LE MEMORIE DI SCEVCENKO IL DIPLOMATICO RUSSO FUGGITO IN OCCIDENTE di U. Paolo Garimberti

. «Addio Mosca, non sono un robot» LE MEMORIE DI SCEVCENKO, IL DIPLOMATICO RUSSO FUGGITO IN OCCIDENTE . —— ————-— ' —■ • Addi M b . «Addio Mosca, non sono un robot» Arkadi Nikolaevic Scevcenko non è un personaggio simpatico. Ha l'arroganza cinica e bugiarda della «Nomenklatura» sovietica, -quella classe — per dirla con le sue stesse parole — che si distingue nel combattere ciò che tanto desidera, critica il sistema di vita borghese ma la sua unica passione è di farne parte-. Quando decide di tradire Mosca, dapprima diventando spia degli americani da vicesegretario generale delle Nazioni Unite, poi chiedendo asilo politico alla Cia, afferma di essere spinto da motivazioni ideologiche, e ideali: •Devo obbedire al sistema come un robot al suo padrone e al sistema io non credo più». Ma la sua vera preoccupazione sembra piuttosto quella più banale e pagana, e comune a tanti diplomatici sovietici, di essere richiamato -alla Centrale-, perdendo i privilegi e 1 piaceri della vita in Occidente. Sembra deciso a tutto pur di non separarsi dalla moglie e dell'adorata figlia, la piccola Anna. Ma quando teme che U suo doppio gioco sia stato scoperto, non esita a piantarle nel cuore della notte per rifugiarsi in una «casa sicura» della Cia. La moglie, costretta a tornare a Mosca, Si uccide (ma Scevcenko ritiene che sia stata uccisa dal Kgb). E lui dice al suoi angeli custodi della Cia di sentire 11 bisogno di una compagnia femminile. S'indigna quando scopre che questa è una mercenaria, che per giunta si fa un po' di soldi raccontando ai giornali di essere l'amante di uno dei più importanti transfughi russi: vuole addirittura farle causa ma la Cia, saggiamente, lo dissuade. Finalmente, trova affetto e pace in Elaine, 'bella donna del Sud, snella, con i capelli rossi, intelligente e colta: Se la sposa e le dedica il libro, nel quale racconta la sua vita di diplomatico d'alto rango e 11 suo tradimento quasi romanzesco, Breaking with Mosconi, pubblicato ora in italiano da Longanesi con il titolo, assai meno efficace, Addio a Mosca. L'antipatia e la diffidenza per il personaggio Scevcenko, che crescono in progressione con il trascorrere delle pagine (ammetto, tuttavia, il pregiudizio sfavorevole: durante 11 mio lungo soggiorno a Mosca ho conosciuto schiere dt odiosi Scevcenko, tra diplomatici, giornalisti e intellettuali di regime), non offuscano 11 valore di testimonianza politica ed anche sociale di un libro molto dlseguale, a tratti lento e pedantemente minuzioso, a tratti con ritmo e «suspense» da buon racconto giallo. Scevcenko è stato, sin dall'inizio della carriera, uno dei più brillanti e preparati diplomatici sovietici: per più di ventanni ha vissuto con i protagonisti della politica estera sovietica; talvolta l'ha vissuta da protagonista come consigliere personale dell'immarcescibile Andrej Oromy- ko e come vicesegretario generale dell'Onu. Scevcenko ci dà, Innanzitutto, una misura documentata dell'infiltrazione del Kgb e del Gru (lo spionaggio militare) nella diplomazia sovietica. La realtà dell'ultimo piano della missione dell' Urss all'Onu, centro di raccolta ed elaborazione dati sorvegliato da guardie armate fino al denti, supera la fantasia dei più sofisticati romanzi di spionaggio. -Non è esagerato calcolare che oltre la metà dei più di settecento sovietici residenti a New York sono spie a tempo pieno o collaboratori che prendono ordini e subiscono l'influenza del Gru e del Kgb- (e, suprema ironia, gli Stati Uniti, che *si accollano il maggior onere finanziario delle quote di bilancio Onum, finanziano indirettamente, attraverso le quotestipendio del funzionari sovietici, l'attività del servizi segreti di Mosca). Tra questi ci sono anche quelli destinati ai •mokrie dela-, gli .affari bagnati», gergo per assassini, rapimenti, azioni di sabotaggio, come quell'Igor Andreev. ufficialmente diplomatico alla missione, che un giorno disse all'esterrefatto Scevcenko: • Tutti quei grattacieli scintillanti sembrano cosi forti e cosi alti e sono solo castelli di carte. Qualche esplosione nei punti giusti e do svldanija (arrivederci)». Poi Scevcenko aggiunge qualche efficace tocco personale alle già note biografie, soprattutto caratteriali, dei •leaders» sovietici. Per Kruscev c'è il gustoso racconto del viaggio sul Baltika, lo scomodo e malconcio bastimento che portò 11 segretario del pcus e alcuni capi dei «Paesi fratelli» alla famosa assemblea dell'Orni del 1960 (quella della scarpa sul tavolo, per intenderci). Kruscev si sbronzava regolarmente col bulgaro Zhivkov, insultava i • troppo nazionalistici- romeni mentre pranzava con Oheorghlu Dej (.Ci vuole mano salda, Son sono un popolo, sona prostitute^) e non sopportava Kadar perché giocava tròppo a carte. C'è l'agghiacciante descrizione dell'ufficio di Breznev stremato dalla malattia, cosi slmile «all'anticamera di una stanza di ospedale, dove un Breznev ormai quasi incapace di intendere e di volere riceve Waldhelm «tenuto in piedi coni i puntelli, prima di venir rìtraspoittato verso il suo Iettò, e'l'isolamento-. Ci sono giudizi rapidi e decisi su Cernenko (•esigente, brusco, tirannico, arrogante e dittatoriale-, il vero «apparatclk» che ha fatto carriera), su Andro pov (.una via di mezzo tra il funzionario del partito e il burocrate-, 'intelligente e astutissimo-, ma «non era affatto un liberale progressi¬ sta-), su Gorbacev, 'intelligente, beneducato e di buone maniere-, •uomo ragionevole senza l'arroganza comune agli "apparatclki" del partito-, per nulla -prigioniero della propaganda- della Pravda o di Kommunist come molti altri dirigenti: è un giudizio tanto più interessante in quanto non sospetto, poiché 11 libro è stato scritto prima che Gorbacev diventasse segretario generale del pcus. Ma il filo conduttore del libro, ricco di spezzoni inediti perfino per osservatori esperti dell'Urss, è la descrizione delle caste, ormai codificate dalle rigide norme della -Nomenklatura», che fanno dell'Urss uno dei paesi più classisti al mondo: «Ai vari livelli si hanno vari gradi di privilegio secondo la carica (..J II Comitato centrale fissa e definisce il posto di chiunque abbia i requisiti per essere ammesso nelle varie categorie-. Il vertice di questa «élite» governa il Paese, restandone totalmente avulso (Gromyko, rivela Scevcenko, non mette piede nelle strade di Mosca da oltre quarant'annl) e in uno spirito di segretezza cosi maniacale che il «Politbjuro» si occupa anche di minuzie in un assurdo sovraccarico di lavoro. E' lo stesso sistema di governo che fu descritto dal marchese de Custlne in un memorabile libro sulla Russia: ma era il 1840, O giù di U. Paolo Garimberti