Kissinger: quando persi il Vietnam

Kissinger: quando persi 11 Vietnam In questa intervista l'ex segretario di Stato rievoca gli ultimi mesi del conflitto nel Sud-Est asiatico Kissinger: quando persi 11 Vietnam «Non ci aspettavamo che il Sud crollasse» - «Francamente, dall'inizio del '75 ci preoccupavamo anzitutto del Medio Oriente» - «Il dilemma: se avessimo detto di volere la vittoria, saremmo stati accusati di intransigenza; se avessimo parlato di congelare la situazione, saremmo stati accusati di volere un conflitto senza fine» - «Fu forse quello il periodo più oscuro del mio incarico di governo» Nel gennaio del 1973 a Parigi lei (limò con Le Due Tho un accordo che portò a un cessate il fuoco nel Vietnam e al ritiro di truppe americane. Lei ha scritto che riteneva l'accordo di Parigi capace di assicurare un «intervallo» per il governo sudvietnamita. L'uso del termine «intervallo» significava che lei considerava nel '73 la caduta di Saigon (avvenuta due anni dopo Parigi) un evento inevitabile? Ovviamente non è facile stabilire per quanto tempo gli Stati Uniti siano tenuti a difendere un Paese. I miei colleghi credevano, con me, che con una politica prudente l'accordo potesse essere mantenuto per un futuro prevedibile: anzitutto per rafforzare l'esercito sudvletnamlta; in secondo luogo per le misure atte a prevenire il rafforzamento delle forze comuniste nel Sud; terzo, per le pressioni che, a nostro giudizio, Cina e Urss avrebbero esercitato su Hanoi allo scopo di mantenere i rapporti con noi; quarto, per la nostra volontà di opporci a massicce violazioni di frontiera da parte dei nordvletnamiti in contrasto con l'accordo; quinto, se Hanoi rispettava l'accordo, avremmo contribuito alla ripresa economica del Nord Vietnam. Ognuna di queste previsioni fu sistematicamente vanificata dalle divisioni interne negli Stati Uniti e dalla perdita di autorità dell'Esecutivo come risultato del Watergate. Non ci aspettavamo che il Vietnam crollasse, pensavamo che avremmo potuto mantenere l'indipendenza del Sud Vietnam con un accordo piuttosto che con una guerra senza fine. Quando le sembrò per la prima volta inevitabile che Saigon cadesse? Per i giornalisti e per 1 non addetti ai lavori è facile considerare un singolo evento e parlarne come se fosse isolato dal ettn te sto. I politici non possono permettersi questo lusso. Dall'ottobre del '73 in poi fummo impegnati in negoziati senza sosta per il Medio Oriente, dovemmo fronteggiare un embargo petrolifero, arrivò il Watergate e un nuovo Presidente. C'era un mucchio di cose grosse In movimento e, francamente, all'inizio del '75 ci preoccupavamo anzitutto del Medio Oriente. In retrospettiva, ciò che diede inizio a) rullo compressore fu un attacco nordvietnamita ad un capoluogo provinciale chiamato Phuoc Binh. Era una patente violazione degli accordi di Parigi. Secondò questi ogni parte doveva stare sulle linee raggiunte alla fine delle ostilità e, anche se c'era qualche confusione su quali fossero effettivamente queste linee, la città era nettamente fuori discussione. Conquistarono 11 capoluogo e si pose 11 problema di come reagire. Era stato approvato il War Powers Act ed esso proibiva qualsiasi iniziativa militare aerea, navale e terrestre In Indocina. Naturalmente, come lei ricorda, il Congresso era molto orientato alla McOovern, come risultato del Watergate. Cosi, quando chiedemmo uno stanzlamentro supplementare di 300 milioni di dollari per il Vietnam si scatenò un pesante dibattito parlamentare, doveva essere l'Inizio di febbraio. Gli editoriali del giornali, il Congresso, tutti, dicevano: questa storia continuerà all'infinito? La risposta corretta sarebbe stata: si, continuerà all'infinito, come è stato per la Nato, per la Corea, per Israele. Ma in quel momento tutti sostenevano che bisognava porre fine alla guerra. Eravamo prigionieri di un dilemma. Se dicevamo che volevamo la vittoria saremmo stati accusati di intransigenza. Se dicevamo di optare per 11 congelamento della situazione saremmo stati accusati di essere per una guerra senza fine. Si fece strada cosi l'idea, eravamo in febbraio, che avremmo dovuto fare un'ultima concessione. Nelle sue memorie l'ex capo di Stato Maggiore nordvietnamlta scrive che Hanoi arrivò alla conclusione che gli americani non potevano, e non volevano, fare nulla, per cui decise di attaccare un'altra capitale di provincia, questa volta negli altipiani centrali. Questo succedeva in marzo. Da parte loro i sudvletnamitl decisero che avrebbero dovuto temporeggiare in attesa delle elezioni americane del 1976.1 sudvletnamiti avevano commesso molti errori. La loro organizzazione militare non era adatta ad affrontare periodi critici perché tutte le divisioni si trascinavano dietro le famiglie rendendo impossibile qualunque flessibilità tattica. Erano molto bravi quando difendevano le zone del loro focolari. Ma quando erano spostati in un'altra zona diventavano molto meno bravi e volevano tornare a casa. Questo era un problema enorme perché la frontiera era molto estesa. L'esercito sudvietnamita era sempre sparso, mentre i nordvletnamiti potevano concentrarsi nel punto di attacco: Il presidente del Vietnam del Sud Nguyen Van Thieu tentò di risolvere 11 problema ritirandosi dagli altipiani centrali e schierando le truppe su una linea più difendibile. In teoria poteva essere la giusta strada per superare la stagione secca. Ma non teneva conto del fatto che i sudvletnamitl non avevano alcun senso logistico, in particolare come spostare due divisioni dagli altipiani centrali sulle strade della ritirata con le famiglie. Cosi fu un caos orribile. Alla fine tutti i reparti degli altipiani centrali ne uscirono disintegrati. Da parte loro tutto ciò che i nordvletnamiti intendevano fare nel '75 era di migliorare le loro posizioni in vista di una grande offensiva nel '76. Ma quando crollò li fronte degli altipiani centrali e cadde Danang decisero di tagliar corto con gli Indugi e letteralmente scagliarono tutto 11 loro esercito contro 11 Sud. Fu la rotta per 1 soldati di Saigon. A questo punto io mi trovavo in Medio Oriente per negoziare 11 secondo accordo di disimpegno e sulla via del ritorno fui informato che Quang Tri, la capitale della provincia del Nord, era caduta. Seppi cosi che eravamo In gravi difficoltà. Verso la fine di marzo mi resi conto che 11 Vietnam era perduto. Il primo aprile dissi al Presidente che dovevamo organizzare lo sgombero. Poiché 11 Congresso aveva ridotto gli aiuti alla Cambogia, era soltanto questione di tempo, e anche questo Paese sarebbe caduto. Il problema era come superare quel periodo nel modo meno dannoso per gli Interessi americani e per l'onore nazionale, salvando il maggior numero possibile di vite umane tra quelli che avevano contato su noi. Si scatenò un altro enorme dibattito all'interno degli Stati Uniti, tra il Congresso e il governo, e tra 1 mezzi d'informazione, e In una certa misura anche tra noi e i nostri alleati. Ora, nel 1975 il problema era completamente diverso da quello originale di alutare 11 Sud Vietnam e nello stesso tempo cercare una soluzione onorevole della guerra. Quando rivolsi una raccomandazione formale al presidente Ford nel senso che dovevamo cominciare a ragionare in termini di sgombero, sapevamo che 11 Vietnam e la Cambogia sarebbero caduti, era un fatto inevitabile. Ma per 11 Presidente, per me e per Brent Bcowcroft il problema era se gli Stati Uniti dovessero accelerare e all'ultimo momento pugnalare alla schiena i loro alleati o se dovessimo tentare di resistere a lungo per salvare 11 maggior numero possibile del nostri amici Forse, pensavamo, si potevano protrarre i tempi in modo sufficiente per creare un accettabile periodo di transizione. Ma tutto questo sfuggiva al nostro controllo. Nessuno poteva prevedere 11 ritmo di avanzata dei nordvletnamiti. C'era una considerazione In più: se avessimo accettato il parere di alcuni nostri sostenitori a Washington, oltre che del Congresso e del mezzi d'informazione — preparare armi e bagagli alla svelta e andarcene — c'era 11 rischio reale che l'esercito sudvietnamita, ancora forte intorno a Saigon, si rivoltasse contro di noi. Il solo mezzo che avevamo per raggiungere l'obiettivo era di scaglionare 11 ritiro dei ventimila americani su un tempo sufficiente per non esasperare la situazione e per portare via un consistente numero di nostri amici con noi. Quelli che avevano voce in capitolo, per quanto ricordo, erano: U dipartimento della Difesa — ad eccezione del vice segretario William C.Olements — che voleva abbandonare 11 Vietnam al più presto possibile e, praticamente, aveva stabilito un ponte aereo con Saigon facendo andare avanti e Indietro aerei vuoti per far risultare chiaramente che se 'qualche americano fosse state lasciato a terra la responsabilità era tutta mia, o di Ford, e In ogni caso non era colpa del Pentagono; l'ambasciatore a Saigon Graham 'Martin (aveva perso un figlio mei Vietnam e voleva restarvi il più a lungo possibile) che mandava rapporti probabilmente super-ottimistici. L'ambasciatore in Cambogia imboccò la strada opposta. Insisteva perché negoziassimo lo sgombero. Ora, .chiunque abbia negoziato con 1 comunisti indocinesi sa 'che non hanno alcuna pro- pensione a trattare quando la situazione è a un punto morto. Essi non avevano poi alcun incentivo al negoziato quando tutto stava crollando e 11 Congresso aveva già tagliato gli stanziamenti per la guerra In Indocina. Per Ford, Scowcroft e me non era, a questo punto, un problema di alta geopolitica. Per noi era questione di salvare le vite e l'onorabilità dell'America, e di non lasciare l'Indocina con l'impressione che, dopo aver subito una disfatta, tutto ciò che sapevamo fare era di pensare a noi stessi. Fu probabilmente 11 periodo più oscuro del mio incarico al governo. Finalmente demmo l'ordine di ridurre il numero di americani a Saigon a quello che poteva essere sgomberato in un giorno con un ponte aereo e di rimanere con questo contingente In base ad un rischio calcolato e giustificabile. In questo modo avremmo salvato anche 150 mila vietnamiti, cosa di cui sono molto fiero, senza perdere alcun americano. Ma se qualche americano avesse perso la vita, i responsabili saremmo stati Ford, Scowcroft e lo. Il Vietnam portò a quel tipo di disorientamento interno che rende tanto difficile la conduzione della politica estera, o semplicemente rese più forti tendenze preesistenti? Io sono convinto che anche senza Vietnam avremmo dovuto riesaminare la nostra politica estera del periodo post-bellico, fondata sul monopolio atomico e su una schiacciante superiorità economica sul resto del mondo. Verso la fine degli Anni 60 e l'inizio degli Anni 70 avremmo dovuto correggere queste premesse, e c'erano già sintomi di ciò quando fu eretto il muro di Berlino. In retrospettiva vorrei dire che il periodo di Kennedy non fu l'inizio di una nuova era, ma l'ultima fioritura d'una vecchia epoca. Forse Kennedy avrebbe potuto guidare 11 passaggio alla nuova era se fosse arrivato alla seconda parte del suo mandato. Art Seidenbaum Jack Burby Copy-righi ti,. A. Times Sradicato ' e per l'Italia e La Stampa» Henry Kissinger in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Rovlew of Books. Opera Mundi e per l'Italia «La Stampa.) Due militari americani, sfiniti dalle marce e dai combattimenti, si riposano in una trincea scavata ai bordi della giungla vietnamita