Il chirurgo dei siamesi: «Esco sconfitto.».» di Pierangelo Sapegno
Il chirurgo dei siamesi: «Esco sconfitto.».» Bologna, Tamaro racconto di Gaist che ha guidato l'intervento sui due neonati Il chirurgo dei siamesi: «Esco sconfitto.».» BOLOGNA — Giulio Galst appoggia la schiena al muro. «La considero una sconfitta, anche se so di aver fatto le cose per bene e ho la coscienza a posto-. Il giorno dopo è quello più amaro: l'uomo che ha separato 1 due gemelli fa 1 conti con la verità, oggi non è più 11 chirurgo che sfida la natura e cerca 11 miracolo della tecnica e della scienza, ma 11 medico che ha perso una battaglia umana. «Voi non sapete quanto ci tenevo, non potete immaginarlo, quanto mi piacciono quei genitori, quanto sono bellini — dice cosi: sono — i due gemelli, quanto cl.ho creduto e ci ho provato... Tutto questo come si fa a dirlo?-. Giulio Galst tenta un'altra operazione. Un altro esame. Il giorno dopo, e questo è un giorno lungo da far passare, racconta la sua crisi, il dramma di un uomo che ha tentato di far rivivere due vite nuove, diverse. «Mi hanno chiamato a casa nella notte, per dirmelo: sono morti. E' stata una sorpresa, perché Davide s'era svegliato normalmente, e noi ieri andavamo cauti, ma ci credevamo, dobbiamo ammetterlo: c'eravamo tutti illusi. Fausto pensavamo morisse. Davide no: lui muoveva le bracetne, le gambe, noi non ve l'avevamo detto ma era cosi-. «/ referti nella loro aridità spiegano che Fausto è morto per un arresto cardiaco e Davide per collasso cardiocircolatorio. Io posso spiegare che Fausto non ce l'ha fatta a compensare la circolazione e che Davide, ii più forte dei due, è stato come una batteria che si è scaricata, dai e dai, alla fine non è riuscito a tirare avanti. Resta però qualcosa che sta fuori dalle parole, che non si spiega. Potevano morire prima, nella sala operatoria, è questo il dramma nel dramma. Uno pensa di avercela fatta, pensa di essere stato aiutato dal Padreterno e poi ecco che tutto precipita-. • '«Mettetevi nei nostri panni. Alle 18 c'era stata un'emorragia che sembrava infrenabile, una cascata da tutte le parti, è li che è venuto su dai giornalisti il dottor Pacifico a dirvi ch'era troppo difficile sperare. Ma poi ce l'abbiamo fatta. E allora sono venuti gli arresti cardiaci. Uno, poi un altro. Superati: si riparte. Un altro ancora, e disperiamo. Ma si riparte, sembra un miracolo e tutti noi ci siamo guardati in faccia: è incredibile, ci siamo detti, qualcuno da lassù ci vuole bene, stiamo arrivando alla fine e sono vivi. Per questo ieri sera abbiamo fatto una conferenza stampa dai toni cauti ma di speranza. Era un po' come pensare: se è passato questo «E adesso? esami di coscienza me ne faccio da quando sono nato, figurarsi ora... Poco dopo la nasetto lessi l'articolo di Firpo su La Stampa, sul dramma della scelta, il più bello che sia stato scritto su questo caso. Io vorrei capiste una cosa: ogni medico quando decide la terapia lo fa con grande responsabilità, una cosa è fare della morale a tavolino, un'altra è vivere le esperienze in prima persona. L'importante, appunto, è che la scelta sia ponderata. Io mi sono messo dalla parte del malato. Sempre, credetemi. Fausto e Davide forse potevano vivere attaccati. Ma come? Tanto per cominciare, erano uniti in una maniera tale che non potevano camminare. Sarebbe stata una mostruosità lasciarli cosi, perché non dobbiamo ammetterlo? Non mi faccia dire quel che non voglio: che, forse, l'unica sarebbe stata non farli nascere «Ora voi direte, troppe < sorprese durante l'operasione. Ma dovete ficcarvi in testa che gli esami dicono sempre solo una parte della verità, che non si è sbagliato niente. Né prima, né, spero, dopo. Alla fine io debbo convincermi che è stato giusto così. E' il mio lavoro di uomo, ecco cos'è. Diceva un grande chirurgo: per fare la neurochirurgia ci vuole molto pensiero ed ostinata azione, ma bisogna ricordarsi che i dati degli dei sono truccati-. Pierangelo Sapegno
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