La fame non aspetta di Paolo Galimberti

La fame non aspetta Difficile impegno per il sottosegretario Forte La fame non aspetta Dopo molle esitazioni il governo ha scelto il sottosegretario alla fame nel mondo. Ora, senza esitazioni, Francesco Forte deve scegliere una linea politica per .fronteggiare la calamità che ha colpito tanti Paesi, soprattutto africani. «Quando c'è fame — ha scritto l'Econonlist — l'unico modo per farvi fronte è offrire cibo. Eppure, l'aiuto alimentare può rendere permanente un disastro temporaneo». La politica dell'emergenza verso i Paesi affamati deve integrarsi con quella della cooperazione allo sviluppo. Altrimenti, la legge 73, che ha istituito un sottosegretariato e stanziato 1900 miliardi per la lotta alla fame, rischia di trasformarsi, da provvedimento nobile e generoso, in uno strumento demagogico di miope assistenzialismo. Il nuovo sottosegretario ha davanti a sé un compito quasi impossibile. Ha quindici mesi di tempo (o anche meno, se intanto dovesse essere approvata la legge organica sulla coopcrazione allo sviluppo, dalla quale la legge 73 sarebbe assorbita) per stabilire a chi e come destinare 1900 miliardi di aiuti alimen tari, per acquistare il cibo, inviarlo e assicurarsi che ar¬ rivi alle popolazioni aggirando magari governi locali avidi e corrotti. Ma per fare tutto questo Forte non ha una struttura organizzativa che curi i contratti di acquisto, non ha esperti che lo aiutino ad individuare le aree più bisognose, non ha agenti che conoscano i luoghi e le lingue, non ha mezzi di trasporto. Il rischio, dunque, è che il nuovo sottosegretariato diventi una delle tante strutture caritatevoli, che aiutano sì le popolazioni colpite, ma finiscono, del tutto involontariamente per creare nuovi problemi senza risolvere quello di fondo. Gli aiuti alimentari indiscriminati hanno dato il colpo di grazia alle agricolture di quei Paesi, hanno provocato massicci e squilibranti spostamenti di popolazioni e hanno spesso contribuito al propagarsi di infezioni tra grandi masse di affamati, gracili e perciò esposte alle malattie, concentrate laddove arriva il cibo. Questo rischio può essere evitato soltanto elaborando un chiaro disegno politico, che abbia ben presenti le tre fasi, strettamente interdipendenti, attraverso le quali può svilupparsi l'aiuto ai Paesi più arretrati e più esposti ai grandi flagelli della fame e delle malattie: la fase degli interventi d'urgenza (appunto, gli aiuti alimentari puri e semplici), la fase del cosiddetto «sollievo congiunturale» (per aiutare la ripresa produttiva sia pure a livello alimentare) e, infine, l'azione strutturale più direttamente tendente al decollo economico del Paese. La legge che ha istituito il sottosegretariato alla fame e stanziato !900 miliardi di aiuti alimentari va inquadrata e fatta operare in questo contesto. La struttura che Francesco Forte creerà attorno a sé dovrà lavorare in collaborazione, e non in concorrenza (né in alternativa), con quella già esistente del Dipartimento per la coopcrazione allo sviluppo del ministero degli Esteri. I) vecchio dilemma se a chi ha fame sia più opportuno dare il pesce o la canna per pescare, insegnandogli ad usarla, non ha più senso in una visione 'moderna degli aiuti ai Paesi sottosviluppati. Oggi, semmai, il vero problema é come i Paesi più industrializzati possano andare a pescare con quelli più derelitti. Paolo Galimberti (A pagina 7 il servizio > sul Consiglio dei ministri)

Persone citate: Francesco Forte