Condannati i genitori che tenevano in gabbia il bambino sordomuto

Condannati i genitori che tenevano in gabbia il bambino sordomuto In tribunale a Sant'Angelo Romano Condannati i genitori che tenevano in gabbia il bambino sordomuto DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Un padre disoccupato, una madre in cura al centro di igiene mentale, un figlio di quattro anni sordomuto soggetto a continue violenze. Un dramma rievocato in un'aula di giustizia con i protagonisti d'un mondo di emarginazione e di miseria che, alle soglie del Duemila, regola ancora la vita nelle borgate romane. E' toccato al Tribunale il difficile compito di capire la tristissima vicenda, per stabilire fino a che punto le sofferenze di un piccolo handicappato siano da attribuirsi alla violenza del «grandi* o, invece, siano la conseguenza di una società che non riesce a trovare giusti equilibri. La risposta non è stata favorevole al genitori che sono Stati condannati a 3 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno. Oervaso Serpi e la sua convivente Annunziata Marazza, accusati di sequestro di persona, sono comparsi in stato di detenzione, nell'aula della nona sezione penale del Tribunale. Lui, 53 anni, due infarti, lavoro saltuario, vedovo con cinque figli nati durante il matrimonio; lei 26 anni, con un coefficiente di Intelligenza inferiore alla media, precocemente invecchiata, due figli, che (dice la donna) le sono stati strappati per essere affidati ad altre famiglie, mentre l'accusa sostiene che se li è venduti e per questo fatto è stata avviata un'inchiesta a parte. I due furono arrestati la scorsa settimana dai carabinieri di Sant'Angelo Romano, un agglomerato di case nell'estrema fascia esterna della citta. A denunciarli era stato un uomo che, passando davanti alle finestre dell' abi¬ tazione della coppia, aveva' visto un bimbo rinchiuso in una specie di gabbiotto di legno: il piccolo Gabriele Serpi, sordomuto, nato quattro anni fa dall'unione di Oervasio e Annunziata. Ieri il processo per direttissima. Protagonista è stata, oltre alla miseria, la «gab-i bla», portata in aula per consentire ai giudici di esprimere un giudizio sulla sua «natura». Per l'accusa doveva considerarsi un vero e proprio strumento di tortura, con quella rete che la copriva e le catenelle destinate ad avvolgere i polsi del bimbo, «Lo tenevamo li dentro - ha detto Oervasio Serpi, piangendo come un fanciullo - al massimo per una ventina di minuti. Gabriele è molto vivace. Pochi giorni fa era fuggito dalla finestra e solo l'intervento di una passante ha evitato che finisse sotto un'auto*. Ma Serpi insiste nel ruolo di padre affettuoso. La notte,1 giura, 11 bambino dormiva con loro, nel letto grande, o insieme con il fratellastro Roberto, di 14 anni.

Persone citate: Annunziata, Gabriele Serpi, Marazza, Oervasio Serpi, Serpi

Luoghi citati: Roma, Sant'angelo Romano