Calabria il Sud del Sud di Luigi La Spina

Calabria, il Sud del Sud UNA RADIOGRAFIA IN DODICI SAGG Calabria, il Sud del Sud ..Le arti rurali sono nella loro rozzezza... La miseria vi è estrema... Il generale pervertimento della disciplina è sensibilissimo... Tutto spira oppressione... Paese squallidissimo, dove le città non sono che villaggi, dove tutto è rozzezza, avvilimento, imperfezione». Con queste parole, alla fine del "700, Giuseppe Calanti sintetizza alle autorità borboniche le impressioni di una minuziosa e ufficiale sua ispezione' in Calabria. Sono passati due secoli e questo giudizio di un riformatore illuminato, di un intellettuale progressista si direbbe oggi, quanto riflette ancora, nella sua sostanza, la «comune opinione» della Calabria? Tra ipocrisia e ricorso, falsa coscienza e risentimento,, in un'oscillazione 'di umori contrastanti, ma che comunque escludono la pacificazione degli animi, continua ad alimentarsi il mito di una «calabresità- avvertita, anche da chi la proclama con fierezza, come grumo aspro e oscuro di contrasto civile e umano. Questo pregiudizio antico sembra negli ultimi anni rifugiarsi, fuori e dentro questa regione, in una vera e propria rimozione. Dopo i fatti di Reggio e i misfatti del mancato centro siderurgico di Oioia Tauro, sulla Calabria pare sia sceso un complice silenzio. Un paese che non fa più notizia, die preferisce essere dimenticato e che fa tanto comodo sia dimenticato. E cosi il .Sud del Sud', imbarazzante fanalino di coda delle statistiche, sembra scivolare in quet cono d'ombra dell'Italia che racchiude l'egoismo privato e l'assistenzialismo pubblico in un sistema ' di dipendenza sempre più accentuato. In questo clima di solitudine psicologica e culturale e di isolamento Socioeconomico, la pubblicazione del volume La Calabria (collana Le Regioni ed. Einaudi) ha avuto, se non alth.-il merito di riaccendere il dibattito sul destino di questa regione. Una serie di incontri a Reggio, Catanzaro e Cosenza per discutere sul libro, hanno raccolto : grande attenzione sia degli specialisti sia dell'opinione' pubblica. Insomma, l'allarme ' per una regione alla deriva della coscienza nazionale è stato dato. Il volume, che racchiude dodici saggi di diversa ampiezza, ma anche di diversa impostazione e di differente valore, non è una storia della Calabria dall'Unità ad oggi, quanto una radiografia problematica di alcuni nodi culturali, sociali ed economici della regione. La metodologia complessiva dei curatori dell'opera, Piero Bevilacqua e Augusto Placanica, sfida parecchie obiezioni degli storici accademici. Si accetta infatti l'approcciò di una periodizzazione temporale, l'unità politica dell'Italia, che corre volutamente il rischio dell'astrazione. Si tenta una storia regionale che non soddisfa né i cultori della cosiddetta «microstorìa', né quelli del tradizionale meridionalismo. Si contestano anche le consuete categorie, l'arretratezza, il sottosviluppo, con le quali si era considerata questa regione per privilegiarne altre, come ad esempio il territorio. E' questo uno del punti più convincenti del libro che cerca di sfatare il comodo mito della maledizione geografica della Calabria. Un nome basta per esaltare il 'libero arbitrio» di un destino, Sibarl: mitica insegna della città dell'oro e insieme sinistro ricordo di una più recente landa malarica. Ma è sul filo di un dualismo intrigante e significativo che si snoda la parte più bella delle circa mille pagine del volume, come il saggio di Placanica sulta .Calabria in idea-, incentrato sull'opposizione negativa del calabrese 'ribelle, testardo e brigante» con quella positiva del calabrese 'libero, ospitale e intelligente». Una specularità di giudizio che comincia dall' età dei romani e si prolunga fino ai nostri giorni. . Altri interventi certamente sono più discutibili, se non altro per il senso di estraneità metodologica che suscita la loro lettura nel contesto del libro, come quello, ad esemplo, di Vittorio Cappelli su 'Politica e politici». Anche la rivalutazione del mancinismo, sicuramente meritoria di fronte ad affrettate e interessate demonizzazioni, può far nascere polemiche, per i modi con i quali la si è fatta. Ma l'interrogativo più grosso riguarda l'assenza di un esame della classe dirigente calabrese, forse sutl'assenea di una classe dirigente calabrese. Un curioso paradosso sembra perseguitarla: quando resta nel paese d'origine si chiude o in una mediocrità avvilente o viene catturata nella ragnatela dell'interesse mafioso e clientelare; quando emigra si integra così bene e con successo, da dimenticare la propria identità e il proprio ruolo, se non in un patetico vagheggiamento di nostalgie private e di solipsistici orgogli. Un tradimento in entrambi i casi che forse spiega il tradimento italiano nei confronti della Calabria. Luigi La Spina

Persone citate: Augusto Placanica, Einaudi, Giuseppe Calanti, Piero Bevilacqua, Vittorio Cappelli