Ghiani racconta la sua storia di Roberto Martinelli

Ghigni racconta la sua storia Il protagonista del processo Fenaroli che appassionò l'Italia negli Anni 50 Ghigni racconta la sua storia Condannato all'ergastolo per aver ucciso la Martirano, ha scontato 25 anni: Pertini lo ha graziato - Adesso cerca là riabilitazione: «Porterò nuove prove per la revisione del processo» - «Il momento di maggiore sconforto? Quando la Cassazione respinse il ricorso» - Rischia di restare senza impiego: il «Fabbricone» di Prato, dove fa l'elettricista, è in crisi DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Qualche capello grigio e poche rughe sottili sul viso tirato. Per il resto è rimasto com'era, venticinque anni fa. Raul Qhiani. l'ergastolano di via Monaci graziato da Pertini, è sul punto di presentare nuove prove alla giustizia per la revisione del processo. La libertà non gli basta, vuole l'assoluzione. A cinquantatré anni suonati è incredibilmente uguale all'allora giovane protagonista di un giallo inquietante che segnò la fine di un'epoca: quella in cui in corte di assise la parola ergastolo aveva una maestà e una magia ora scomparse. Raul, statua di ghiaccio, goffo e incapace di difendersi per chi lo voleva innocente; abile attore capace di nascondere dietro l'indifferenza la maschera dell'assassino per quanti erano pronti a giurare sulla sua colpevolezza. L'Italia era divisa in due schieramenti e l'aula del processo fu ribalta di curiosità morbosa per uomini e donne d'ogni censo. Due nomi per tutti: Anna Magnani, spettatrice assidua, e Aldo Palazzeschi che scrisse: «Ci sono due vittime, Maria Martirano e Raoul Gìiiani. La seconda forse è la più vera*. — Cosa vogliono dire 25 anni di carcere? «Un'esistenza rovinata-. — Quali sono stati i pensieri che l'hanno accompagnata? «Quelli di una tragedia enorme che ti si abbatte sulle spalle sema capire perché. All'inizio, qualsiasi cosa dicessi veniva travisata e recepita in senso contrario. Poi gli atmocati mi hanno dato qualche speranza. Mi hanno promesso la libertà. Ma giorno dopo giorno...". — Quando ha capito che sperare sarebbe stato illudersi? •<£a. spera ma non è mai ven: tutta meno. L'illusione di uscire dal carcere non l'Ito mai persa. Ma di uscire innocente. Se l'avessi persa, avrei tentato altre strade, sarei scappato... Io volevo uscire pulito». — Cosa ha provato nel momento in cui ha capito che la sua libertà non avrebbe mai avuto più limiti. «Mah! Intanto, prima ancora di lasciare il carcere mi dissero che non sarei stato libero del tutto. Fu la assistente volontaria ad avvertirmi che il capo dello Stato aveva firmato la grazia. Mi telefonò al 'Fabbricone' a Prato, dove stavo lavorando. Sul momento non seppi cosa fare, se baciare tutti, salutarli e andar via. Poi ho pensato all'assalto dei giornalisti e cosi ho preso le mie cose e sono andato al carcere, dove tornavo ogni sera a dormire'. — Allora lei era a Firenze? -Ho fatto i primi tre anni a Roma nel carcere di Regina Coeli, poi sono stato quattordici anni a Pianosa e quindi a Fireme. Cominciai ad aspettare la notizia ufficiale. Dovetti attendere ancora tre giorni per un ritardo del fonogramma'. — E finalmente la libertà! «Non proprio così. La legge prevede che gli ergastolani graziati debbono sottostare a tre anni di sorveglianza'. — Che vuol dire? « Vuol dire che io debbo tornare a casa prima delle undici di sera e non posso uscire prima delle sette del mattino. Ed è solo perché ho un lavoro con turni sfalsati ho ottenuto dal giudice il permesso di tornare dopo mezzanotte ma prima dell'una. Ecco, questo è il libretto rosso dei controlli con tutti i timbri della questura e dei carabinieri. Una sera sono i>enuti a casa all'u¬ na e mezzo per vedere se stavo dormendo*. — E se una sera ritarda cosa succede? «Mi è successo una i>olta: il giudice mi ha chiamato e mi ha detto: vuoi fare tre anni di sorveglianza o tre anni di casa di lavoro? Succede cioè che possono riarrestarmi e privarmi di nuovo della libertà". — Quale è stato il momento di sconforto maggiore? «Quando la Cassazione ha respinto il ricorso". — Ha perso in quel momento ogni speranza? «La speranza restava ancora. Ma mi rendevo conto che tutti gli sforzi fatti dai miei familiari per provare la mia innocenza non erano serviti a nulla. E'stato un momento di crisi profonda e di pensieri balordi". — Oggi l'imputato ha diritto di non rispondere. Quando lei fu arrestato questo diritto non esisteva. Cosa si prova a star soli, a tu per tu, senza avvocato, davanti ad un giudice? «Ricordo che entravano, i giudici e il cancelliere, e mi interrogavano per quattro o cinque ore. Poi stendevano il verbale. E scrivevano, per esempio: l'imputato ricorda perfettamente la tale circostanza o la tal altra. Io non avevo detto cosi. Ma sul momento non feci caso a questi dettagli. Soltanto dopo capii quanto era importante che il verbale riportasse cose precise». — Non voglio sapere quali prove nuove intende indicare per ottenere un nuovo processo. Ma una cosa forse può dirla. Perché Fenaroli le mandava messaggi In carcere? Uno dei biglietti diceva pressappoco: Raul tieni duro! Ricorda? «Quali biglietti? Io non li ho mai visti. Né avrei potuto riceverli perché ero in una stanza di tre metri per due, guardato a vista notte e giorno da un agente davanti alla cella. Non potevo neppure leggere i giornali. Solo durante il dibattimento mi dettero la pagina del giornale che parlava del processo*. — Perché dopo tante sconfitte insiste ancora? «Quando giro per la strada molta gente mi riconosce. Non so mai se essere felice o aver paura. Mi chiedo se qualcuno dovesse farmi delle domande cose potrei rispondere? Discutere? Certo potrei anche farlo per difendere la mia innocenza ma preferirei andare in giro a testa alta. E allora, seppure qualcuno mi dovesse riconoscere non soffermerebbe su di me.la sua attenzione perché sono stato un assassino ma perché ho scontato ingiustamente 25 anni di carcere. C'è una bella differenza*. E intanto aspetta; 1 suoi avvocati stanno preparando un nuovo ricorso per contestare i tanti elementi della accusa: i gioielli alla «Vembl» nascosti in una scatola sotto 11 suo tavolo di lavoro; la testimone Trentini, il .foglio verde», le deposizioni di Sacchi e Ferraresi. Tanti indizi convergenti ma nessuna prova. Condannato al termine di un processo indiziario, l'ex ergastolano vuole ora un nuovo giudizio che lo ripaghi del torto obiettivo di non aver potuto godere, sul finire degli Anni 50, di quei vantaggi accordati subito dopo agli imputati dalle successive riforme. La sua attesa è scandita dal timore di restare senza impiego. Il «Fabbricone» di Prato rischia di chiudere. Vi lavora da cinque anni, elettricista in una azienda di filati. Ogni mattina su e giù da Firenze ove 11 Comune gli ha assegnato un piccolo alloggio tra le case popolari. Vive solo e paga cinquantamila lire di affitto al mese; tutto è ancora da arredare. Roberto Martinelli Firenze. Raul Ghiani venticinque anni dopo: la liberi A non gli bast», vuole l'assoluzione

Luoghi citati: Firenze, Italia, Martirano, Prato, Roma