Appel pittore di favole e dimostri

Appel pittore di favole e dimostri A FIRENZE 80 OPERE DELL'ARTISTA CAPOFILA DEL GRUPPO «COBRA» Appel pittore di favole e dimostri FIRENZE — Per iniziativa del Centro Mostre di Firenze, prima antologica italiana di Karel Appel, uno dei principali artisti olandesi contemporanei. Ospitata fino al 12 maggio a Palazzo Medici Riccardi, comprende un'ottantina di opere, dal '47 all'83, peri circa un terzo olii, per il resto disegni. In prevalenza ri-1 guardano però i suol inizi,' cioè il periodo Cobra e quello immediatamente dopo. A partire infatti dagli Anni 60 e fino al nostri giorni, ci sono solo alcuni dipinti-campione. Non si tratta di un giudizio limitativo sulla produzione successiva a Cobra, bensì del desiderio di richiamare l'attenzione sulla fase giovanile. Quando egli venne prepotentemente alla ribalta, raggiungendo in breve una vasta notorietà internazionale. ' Erano gli anni fervidi e tumultuosi del dopoguerra e Appel si contraddistinse subito per la foga con cui si gettò nella battaglia artisti-' ca. Con colori e pennelli aggrediva letteralmente il quadro. Come ricorda nel catalogo, edito dalla Casa Usher, Marietti Josephus Jitta, conservatrice del Museo dell'Aia e curatrice della mostra, .quasi che il bianco della tela agisse su di lui come il panno rosso sul toro». Suscitava, naturalmente, lo sdegno dei benpensanti, per di più allarmati dalle immagini che dipingeva. Figure favolistiche e mostruose, come nei disegni infantili e in certa arte primitiva, che in effetti erano i modelli creativi cui Appel e i suoi compagni guardavano. Desiderosi di raggiungere la massima spontaneità e liberta, contro quel formalismo che, a loro parere, era espressione di una società responsabile del disastri di guerra. Non per niente — e nella mostra ce ne sono diversi esempi — più volte intitolò le opere di quegli anni Bombirti che interrogano e Grido di libertà. Titoli molto spesso da lui aggiunti a lavoro finito. Quando, non senza stupore, osservava 1 risultati di quel suo stato quasi di trance, in cui la volontà e 11 piacere della pittura diventavano tra-, volgenti. Esperienze e idee che condivideva con altri coetanei, specie col compagno di accademia Cornellle e con Constant, la «mente» del gruppo. Troveranno una formulazione in un manifesto pubblicato nel '48, nella loro rivista Reflex. Dove si annunciava che «una libertà nuova è in marcia, essa permetterti all'uomo di esprimersi secondo le esigenze dell'istinto... la nostra arte è l'arte di un'epoca rivoluzionaria in reazione contro un mondo morente, annuncio di un mondo nuovo: Utopie che in quel momento serpeggiavano tra molti giovani europei. Specie tra gli artisti danesi della rivista Host e tra i belgi del gruppo Surréalisjne-Révolutionnaire. Una sorta di Sturm und Drang che alla fine portò alla fondazione di Cobra: nome derivante da Copenhagen, BRuxelles, Amsterdam. I nordici, i «barbari» (come essi stessi si definivano) in lotta contro l'intellettualismo e il formalismo che scorgevano persino nei «compagni di strada». Cobra conobbe subito una gran fortuna malgrado la breve vita del movimento. Appena tre anni, durante i quali però 11 loro «verbo» si diffuse in mezz'Europa. Peraltro in consonanza con quell'espressionismo Astratto che stava esplodendo negli Stati Uniti e con le varie ten-, denze in/ormali che In quel periodo stavano nascendo un po' dovunque. La storia di Appel ovviamente non finisce con Cobra. E lo documenta a sufficienza la mostra che, come ho detto, continua fino all'83, sia pure per succinte campionature. Ma in realtà se di quel gruppo egli fu la voce più impetuosa, esuberante e plebea (qualcuno ha citato addirittura Rabelais), in seguito non tutte le promesse vennero mantenute. Probabilmente perché quella stagione fu da lui vissuta più che altro — com'era d'altronde la sua natura — d'istinto. Senza quegli approfondimenti ideologici e quella intransigente coerenza che contraddistinse i suol sodali Jorn e Constant, i quali approdarono al Movimento per una Bauhaus Immaginista e alle lotte pre-sessantottesche situazioniste. Appel, già nel '57, fece il primo viaggio negli Stati Uniti. S'appassionò al jazz, continuò a dipingere come un forsennato, non rimase però del tutto insensibile al mercato. E da allora, per metà dell'anno, lavorò a New York. Una metropoli la cui energia e violenza ambiguamente l'affascina e che, insieme con la Francia, è diventata 11 rifugio prediletto quando si stanca di fare il girovago. Il luogo dove rimugina pure le crisi, come quella piuttosto lunga durante gli Anni 70, quando imperava l'Arte Concettuale. Anche con qualche nostalgia per gli antichi amori. Ne sono spia la sua amata raccolta di arte primitiva e di giocattoli. E l'episodio di qualche anno fa in Perù, quando distribuì quintali di festose vernici ai baraccati di un villaggio perché dipingessero i loro tuguri. Come non pensare a quella Casa Cobra di Bruxelles dove con mogli e figli avevano dipinto vivacemente tutte le pareti?! Insomma, malgrado gli anni trascorsi, sempre la stessa istintiva generosità, la stessa vltallstlca esuberanza. Negli ultimi tempi anche una insistita presenza del «sentimento». Di recente ha confessato che è 'turbato, quasi terrificato, dal fatto che la nostra epoca, cosi ricca di progressi scientifici e tecnici, tenda a vuotarsi sempre più di questa parte dell'uomo». E ha voglia di gridarlo, riproponendola con una 'forma nuova, semplice, evidente e primitiva: E' probabile che sia l'inizio di una sua nuova fase. Legata, Idealmente, a quella ormai lontana vissuta con i. compagni del Cobro. La suggestione nasce anche da una concomitante, quasi complementare rassegna nella sede dell'Istituto Olandese di Storia dell'Arte di Firenze. Una sessantina di opere, tutte di quel periodo, con 11 titolo appunto Cobra: il contributo olandese. Oltre a Cornellle e Constant, già citati, e altri 5 aderenti a quella vicenda — da Brands a Lucebert, da Jan Nieuwenhuys a Rooskens e Wolvecamp — una dozzina di lavori dello stesso Appel. Per il visitatore Italiano la possibilità di vedere le strette relazioni fra 1 componenti di quel gruppo e di comprendere meglio Appel. Soprattutto quelle sue fondamentali caratteristiche che sembrano riaffiorare — maturate — negli ultimi lavori. Non il tentativo di rivivere un momento irripetibile. Ma, vicino ormai al 65 anni, dopo tante esperienze, forse ritrovare 11 filo del discorso originarlo. E la voglia, non più rabbiosa, ma pur sempre appassionata, di sdipanarlo con sincerità schietta e nuda. Francesco Vincitori©