Roma, fame e vento del Nord di Lietta Tornabuoni

Roma, fame e vento del Nord MAGGIO DI QUARANTANNI FA: COSI' NELL'EUROPA SCOPPIO' LA PACE Roma, fame e vento del Nord La capitale, libera da quasi un anno, non ha rovine di bombardamenti, ma una miseria profonda - Non ci sono autobus e c'è poco da mangiare - Non c'è lavoro: strade e piazze sono affollate di soldati, sfaccendati, prostitute, bambini lustrascarpe, venditori d'ogni cosa L'elite si appassiona alla crisi politica e molto più della pace ormai ovvia si discute dell'aria combattente che spira da Milano insorta ROMA — «La giornata della Pace! L'annuncio mi è stato dato verso le quindici. Tre quarti d'ora dopo uscivano le edizioni straordinarie che però avevano un successo limitato. Soltanto alle diciotto, quando le sirene hanno dato il segnale del cessato pericolo definitivo, la città ha afferrato il senso dell'avvenimento, con la reticenza implicita nel fatto che per molti il modo in cui finisce la guerra è una condanna definitiva». E' l'annotazione del 7 maggio 194S nel diario del leader socialista Pietro Nenni: alle due c quaranta di quel mattino i tedeschi avevano firmato la resa a Rcims, la cittadina francese che ospitava il Quartier Generale del comandante americano Eiscnhower. La capitolazione fu confermata solennemente l'8 maggio nel Quartier Generale sovietico di Karlshorst presso Berlino. Quarantanni fa, almeno in Europa, la seconda guerra mondiale era finita. Un giorno della Storia che oggi, nella capitale italiana, pochi ricordano: politici, artisti, intellettuali, quasi tutti sembrano aver perduto memoria di quelle ore. Ansie, felicità o dettagli d'altri giorni (il 4 giugno 1944 della liberazione di Roma, il 25 aprile 1945 della liberazione di Milano, il giorno dell'esecuzione di Mussolini, del suicidio di Hitler, della morte di Roosevelt) restano incancellabili: il giorno della Pace pare come svanito. «Niente. Non ricordo niente», dice il leader liberale Aldo Bozzi. «I funerali del fascismo e del nazismo erano già stati celebrati. Tutto quello che doveva succedere era già successo. La pace era soltanto una ratifica, quasi notarile. Noi pensavamo alla politica del momento». Sfollati A Roma già da mesi sedeva il governo democratico, il secondo presieduto da Ivanoe Bonomi, ed era zoppo: se del primo avevano fatto parte tutti c sci i partiti del Comitato di Liberazione nazionale (democrazia cristiana, partito comunista, partito d'azione, partito socialista di unità proletaria, partito liberale, partito demolaburista), dal secondo governo Bonomi azionisti e socialisti erano voluti restar fuori. A Roma, in quel maggio di quarantanni fa, con gli sfollati da ogni parte d'Italia e i sinistrati delle cittadine laziali distrutte, ci sono due milioni e mezzo di abitanti. Non ci sono, rovine di bombardamenti né urgenze di ricostruzione come a Milano: c'è l'esplosione losca e pittoresca d'una miseria profonda. C'è fame, non bastano certo le scatole di zuppa di piselli o di carne con fagioli, briciole sparse dal ricco esercito americano; vigono ancora le tessere di guerra; è famoso Lehman, direttore generale dell'Unrra che distribuisce i soccorsi alimentari americani, un signore diverso perché non è magro come tutti; il prezzo 'del,pml^f7a'pà?ta''s^uita' a, tyfàfàM gni famigliari sonò di 186 lire mensili per un impiegato con moglie e un figlio, e di 162 lire per un operaio. Non ci sono autobus né altri mezzi pubblici di trasporlo: si va in bicicletta; si traversa la città con avventurose camionette, in piedi o seduti su instabili seggiole da cucina; si cammina moltissimo. Non c'è lavoro: strade e piazze sono affollate di soldati, sfaccendati e venditori ambulanti d'ogni cosa. I negozi sono spesso chiusi o vuoti: si compra per strada, fra la polvere, sotto il sole. Accanto al tabaccaio, che può vendere in cambio dei bollini della tessera soltanto' venti sigarette al mese a lesta, i banchetti del contrabbando offrono tutto il tabacco desiderabile: i borsari neri che strangolano la gente s'arricchiscono, presto il cinema gli inventerà anche un inno sull'aria di Faccetta nera, vecchia canzone della colonizzazione in Africa: «Borsetta nera I co la farina I co li facioli e la caciotta pecorina...». Sciuscià A Roma, libera da quasi un .anno, Velile si appassiona alla crisi politica: e molto più della place, ormai ovvia, si discute: del «Vento del Nord». Due giorni prima della pace erano arrivati all'aeroporto di Campino, da Milano insorta e liberata, i «fratelli del Nord», rappresentanti il Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia: Marazza democristiano, Sereni comunista, Valiani azionista, Morandi e Pertini socialisti, Arpesani liberale, i (mordici» portavano un'aria combattente e netta, molto diversa da quella del Centro-Sud che, nonostante le forti espres¬ sioni dei giornali romani («L'Italia che ha spezzato le catene», «Im libertà trionfante sul servaggio»), era già un poco placata, compromissoria, mediatori a. La notizia della pace coglie i due Cln riuniti al Grand Hotel, nella stessa stanza dove undici mesi prima era stato fatto il primo ministero Bonomi, e dove ventitré anni prima si era formato il governo di Mussolini. La riunione è anche altamente simbolica: si ritrovano i rappresentanti delle due parti dell'Italia divisa dalla guerra, l'Italia libera si riproclama una. Problema dibattuto, quello che diventerà solito: !il ritorno-.dei socialisti, a! go-v verno, magari con Ncnni alla 'PireSfàeniai'del'Cònsrgn^alip»" sto di Bonomi. Obiezioni, quelle che diventeranno classi-' che: un socialista alla Presidenza spaventerebbe il Paese, provocherebbe reazioni a destra. Dissenso, tipico: la sinistra, soprattutto i comunisti, capisce tutto il valore d'ideologia nazionale unificatrice della Resistenza, il potenziale di epos originario del nuovo Stato repubblicano che essa rappresenta; il centro ne teme possibili esili rivoluzionari. Conflitto, eterno: la «sfinge De | j' Gasperi» dubita della democraticità comunista, Togliatti rimbecca che se i democristiani non credono alla democrazia dei comunisti, neppure i comunisti credono a quella dei democristiani. Questione del momento: monarchia o repubblica? In un'intervista al New York Times, Umberto di Savoia ha detto che la scelta istituzionale deve essere affidata a un referendum popolare; i partiti, specialmente della sinistra, ritengono che debba venire decisa dalla Costituente. Padri e mariti prigionieri stanno per tornare; non sanno cosa ritroveranno, né chi. Molti romani sono turbati dalla | «vita .medievale» della .città: tante ragazze denutrite, àvide1 j'c gale sono diventate prostituì te, stanno in piazza Barberini dove i soldati alleati le toccano al grembo passando, stanno tra gli ubriachi dei locali per militari, l'Apollo, il Florida; quasi tutte le donne sono entusiaste delle jeeps, le signore ricevono soprattutto ufficiali inglesi; su richiesta del Papa Pio XII le truppe marocchine sono state allontanate da Roma; a garantire l'esotismo restano i Gurka del Nepal, con i loro turbanti bene accomodati. I bambini lustrascarpe e ruffiani scorrazzano in via Veneto, Macario dedica loro la «canzone dello sciuscià»: «Dormono tutti, dorme il comizio I dorme la clausola dell'armistizio I Dormono tutti in seminario I dorme il marchese e il proletario I Scende la sera sulla città I II lustrascarpe casa non ha». Nel marasma del dopoguerra aumenta la delinquenza (302 mila delitti contro il patrimonio nel 1938, 675 mila nel 1945); il «banditismo» approfitta della mancanza d'illuminazione stradale, di trasporti, di sorveglianza. Il bandito più famoso è detto il Gobbo del Quarticciolo, ma sono molti i ragazzi che si fanno ladri con ardore romantico, sfogando l'aggressiva educazione ricevuta nel rubare, bastonare per rubare, uccidere per rubare. Roma resta meno pericolosa d'altre città presidiate dagli eserciti allea.', ma il clima è violento, rammenta il regista Mario Monicelli: «Il giorno della pace non lo ricordo, però la prima vera idea della violenza l'ho avuta assistendo a una rissa tra militari americani, di tale ferocia da lasciarmi esterrefatto. Nel cinema quasi nessuno lavorava. La guerra era persa, gli Alleati avevano preso in mano attraverso il Pwb tutti gli strumenti di comunicazione. Pensavamo: porteranno i film americani loro, il nostro cinema non esisterà più, bisogna cambiare mestiere. Il sogno di tulli era andare in America». Epurazione Uno dei primi nuovi film italiani proiettati a Roma è La porla del cielo, storia d'un pellegrinaggio a Lourdes diretta da De Sica e prodotta dal Vai ticano. 1 film americani tacitati dòpo lunga assenza (Il sergente ' Ybrk':'c6W'<Mfy\tV6op&,/W Primula Smith con Leslie Howard, La famiglia Sullivan con, cinque fratelli che muoiono tutti combattendo su una nave) fanno propaganda in lingua originale con i sottotitoli: andandoli a vedere ci si può illudere d'imparare piano piano l'inglese; nei cinema romani si vedono anche film sovietici. Compagno P., Arcobaleno, e intanto Rossellini lavora a Roma città aperta. I giornali scrivono che sotto il fascismo gli attori teatrali «fremevano come aquile in gabbia anelanti' ai grandi voli, ai liberi spazi», ma dopo la liberazione di Roma si sono per lo più dati alla rivista: Anna Magnani,, Araldo Tieri, Pina Renzi fanno Cantachiaro di Giovannini e Garinei; fa la rivista Gassman; Galdieri intitola Imputati, alziamoci una rivista in cui si ride molto sui «troppi» partiti italiani. Fa musical pure Elsa de Giorgi, con Umberto Melnati e Elena Giusti è tra i primi ad avventurarsi in una tournée fino in Sicilia: «In una pìccola stazione, un gruppo di soldati alleati ci disse che era scoppiata la pace. Erano pazzi di gioia, cantavano in coro It's a long way to Tippcrary. Un'attrice nostra, con aria dispettosa e lineamenti duri, replicò attaccando a cantare Faccetta nera: ci sentimmo avviliti sino allo spasimo». «ìm pace non ci riguardava più, a Roma era tutto finito da quasi un anno», dice lo scrittore Libero Bigiaretti. «Il problema di noi intellettuali era andare al Nord, a Milano, dove c'erano gli editori, i giornali, i soldi...». L'adeguamento antifascista s'è compiuto con grande velocità. Blande vignette disegnano un gruppo di gerarchi in carcere durante l'ora d'aria: «Beh, ragazzi, ci facciamo un po' di passo romano?». Nelle definizioni dei cruciverba, insieme con «Sono le donne franche quante le mosche bianche» (bugiarde) o con «Tal pianta tropicale dà resina speciale» (cocco) c'è «La saluta la gente di nuovo allegramente»: parola di sette lettere, libertà. Di stile fascista è rimasta la pubblicità: per la Nocciolaia, alimento extranutrientc; per il surrogato di miele Kasital, per* k#Àn?0Rft9 **** lnte san nella inserzione da un eia hgpntfeiefl8W0Pjcon «gare"3 accesa nel becco e foulard di seta al collo. Altre inserzioni, queste dello Stato, sono meno divertenti: «La. difesa della lira impone l'arresto della stampa dei biglietti e la mobilitazione delle disponibilità monetarie che i privati tengono inoperose. Sottoscrivete al Prestito». Ricorda Guglielmo Negri, docente universitario, vicesegretario generale della Camera dei deputati: «Aprile, maggio, giugno 1945 sono i mesi più lunghi dello Stalo unitario ita- Hanoi l'Italia è allora quello che è oggi l'Argentina di Alfonsln. Im situazione economica è gravissima, si acuisce la tensione sulla pregiudiziale repubblicana, si moltiplicano agitazioni sindacali e politiche. L'epurazione dei fascisti incide profondamente' sulla classe dirigente: vengono espulsi dalla vita pubblica uomini delle élites economiche, amministrative, religiose, perché anche certi cardinali fascisti si trovano in difficoltà. Il Senato, di nomina regia, è in una fase di ibernazione. Il presidente del Consiglio ha sede al Palazzo del Viminale, come era stato csMFsEsdg1lcCcpm« con Giolitti. A Palazzo Chigi sta il ministero degli Esteri. Montecitorio è il luogo focale, il Foro del ceto politico: commissario della Camera è Vittorio Emanuele Orlando, nella sua* stagione più bella. Un mese dopo la pace, cade il secondo governo Bonomi. Il 21 giugno 1945 Ferruccio Farri annuncia la costituzione di un governo di coalizione dei sei partiti del Cln». E' quella che certi giornali chiamano \'«esarchia» o Y«esapartito», e che stabilisce le prime remote regole lottizzatrici: «Facendosi vacante un portafoglio ministeriale o una rappresentanza diplomatica all'estero, vfl Per,iÌiV6fRfhf sostituzione debba provvedere il panilo'' WLwIcfang/lioWMtava il pr^ce-, dente titolare...». Lietta Tornabuoni Roma. Soldati statunitensi della Quinta Armata sfilano sotto il Colosseo (Archivio storico «La Stampa») Carlo Sforza e Benedetto Croce, personaggi di Roma liberata