No contro no? di Gianfranco Piazzesi

No contro no? No contro no? Il pei ha già chiamato a raccolta professori, scienziati, scrittori, magistrati, uomini di cinema, di teatro e persino cantanti di musica leggera. Ottocento firme, tanto per cominciare. Dunque il più forte partito di opposizione ha ormai deciso che il «referendum» sui tagli alla scala mobile s'ha da fare c fin da ora sta organizzando una massiccia campagna propagandistica. E gli altri? Gli altri, unanimi nel respingere le richieste dei comunisti (a cui si sono affiancali missini e dcmoproletari), non sono d'accordo sulla risposta a questa offensiva. Come ha osservato per primo Pannella, e come tutti ormai dovrebbero sapere, per vincere un referendum (e in questo caso per reintegrare i tagli alla scala mobile) non basta ottenere la maggioranza dei voti espressi; è necessario che il numero complessivo dei votanti superi il 50 per cento del corpo elettorale. Insomma i sostenitori del «no» hanno due possibilità: o correre alle urne, facendo prevalere il proprio punto di vista, o astenersi in massa, facendo mancare il numero legale. Entrambe le tesi hanno eloquenti e autorevoli sostenitori.' Per Giovanni Spadolini democrazia c anzitutto partecipazione, e l'astensionismo va combattuto e sconsigliato in qualsiasi circostanza; per Norberto Bobbio il non voto non è affatto un atteggiamento antidemocratico, ma solo il rifiuto, del tutto legittimo, «di utilizzare in un ceno momento un certo strumento perché inadatto a un certo scopo». Due opinioni rispettabilissime, ma che provocano effetti politici molto diversi. I fautori del «si», che sulla carta possono contare, all'incirca, sul quaranta per cento dei voti espres-' si, hanno qualche probabilità di successo se un numero di italiani maggiore del solito quella domenica deciderà di andare al mare. Se però tutti i contrari disertassero le urne, i fautori del «si» non avrebbero mai la possibilità di ottenere un numero di voti pari alla maggioranza dell'intero corpo elettorale. La trovata di Pannella, ovvero l'astensione generalizzata, è la soluzione più comoda, perché assicurerebbe ai fautori del «no» la vittoria senza bisogno di impegnarsi. Invece la partecipazione, l'impegno diretto sarebbe la soluzione più limpida, perché toglierebbe ogni motivo o pretesto di recriminazione all'eventuale sconfitto. Per il momento, il presidente del Consiglio e il segretario della Cisl ritengono che si debba rischiare il meno possibile. I laici e, in particolare, i repubblicani sono di parere opposto e anche la de, pur non essendosi ancora espressa ufficialmente, sembra orientata per la partecipazione. Queste divergenze sono un po' inquietanti e andrebbero risolte al più presto. Se infatti il fronte del «no» si presentasse alla scadenza referendaria diviso tra astensionisti e partecipanti, con tutta probabilità avremmo sia la vittoria del «sì», sia il raggiungimento del .numero legale. I leader del pentapartito, pur avendo una maggioranza di poco supcriore al cinquanta per cento, si comportano, in queste e in altre occasioni, come se avessero il consenso di nove italiani su dieci. Ma a tutto c'è un limite, e non crediamo che Craxi, De Mita e Spadolini arrivino al nove di giugno (data del refe' rcndum) senza aver concorda to una linea di condotta comune. E' probabile che siano i fautori dell'astensionismo a ri nunciarc, dal momento che questo tipo di tattica corri' sponde al fuorigioco nelle partite di calcio. Funziona bene, ma soltanto se tutti si muovono con perfetta sincronia. Il dilemma partecipazione o astensione, così serio e importante, è stato sollevato fuori tempo e fuori luogo. Fuori tempo perché siamo alla vigilia delle amministrative e le dispute sulla democrazia come partecipazione non sono argomenti da campagna elettorale. Fuori luogo perché la sede naturale per prendere una decisione su un argomento così delicato, avrebbe meritato, una volta tanto, un «vertice» tra i segretari dei cinque partiti. Comunque questo errore è stato commesso ed è inutile recriminare. I fautori del «no» possono benissimo rinunciare alla tattica del fuorigioco, e non solo perché rischiosa. Infatti le vittorie, più limpide sono, più risultano risolutive. S'impone una opera di informazione, spiegando ai votanti i veri termini del problema e quali sarebbero le conseguenze economiche o politiche della vittoria dei «sì» o dei «no». Occorre una opera di persuasione (possibilmente evitando di mobilitare intellettuali e canterini). Gli antagonisti, che già si preparano allo scontro, saranno superati solo se affrontati a viso aperto e senza titubanze. Partecipare può anche andar bene, anzi benissimo. Ma non certo per far vincere eli altri. Gianfranco Piazzesi

Persone citate: Craxi, De Mita, Giovanni Spadolini, Norberto Bobbio, Pannella, Spadolini