Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

Cattivi Pensieri Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Servizio sanitario in crisi Viene diffuso in questi giorni, a cura dell'Unità Sanitaria Locale 1-23 (che copre l'intera arca del Comune di Torino), un coloratissimo opuscolo, che si propone di fornire informazioni essenziali, ma chiare c di facile consultazione, in merito ai servizi sanitari e sociali a disposizione di ognuno di noi. L'iniziativa e da salutare con plauso, anche per la nitida grafica c la pronta reperibilità delle notizie — spesso, purtroppo, drammaticaniente urgenti — che vengono messe a disposizione del cittadino. Chi ha la fortuna di godere di buona salute non immagina la complessità dei servizi attivati e l'ai-, tra. anche più intricata, delle sedi, delle competenze e delle pratiche burocratiche. Quella che e avvenuta sotto i nostri occhi, in un arco di tempo relativamente breve, c una rivoluzione profonda, irreversibile, ricca di contenuti umani c sociali positivi, ma anche suscitatrice di gravi problemi. In un passato ancora recente la tutela della salute individuale era concepita come un fatto essenzialmente privalo: chi aveva mezzi appena sufficienti si rivolgeva al suo medico di fiducia, alla clinica, e anche in ospedale pagava le spese della propria degenza. Per chi non aveva mezzi, erano fiorite sin dai Medioevo le istituzioni assistenziali caritative, aperte ai bisognosi di ogni sorta (cronicari, orfanotrofi, lazzaretti, lebbrosari, ospedali generici) ispirati a principi di carità cristiana e al concetto che l'assistenza non fosse un diritto del malato ma un'clargizjonc di anime belle, un'evangelica «elemosina». Nel sentire comune si radicò in tal modo il convincimento che l'entrare in ospedale fosse un segno di degradazione vergognosa, quasi la confessione di non poter più sostenere il decoro civile c di dover ricorrere alla pubblica beneficenza. Naturalmente, con il sorgere dello Slato moderno, alcune fasce estreme della morbilità divennero materia di intervento pubblico. La salute dei cittadini si pose come problema (.politico», se non altro per arginare le ernie che falcidiavano la ^pidc popolazione attiva, o le malattie endemiche che assottigliavano gli abili al servizio militare. Nelle solitudini arretrate delle campagne si introdusse a pubblico carico il medico condotto e a spese della collettività si imposero la vaccinazione contro il vaiolo, il dispensario anticcltico, il ricovero sanatoria-, le per i tubercolosi, il chini-. no di Stato per i malarici. Forse la più antica di queste istituzioni, il manicomio, mette in luce il loro carattere preminente, che non era tanto quello di curare il malato, quanto l'altro, di preservare la comunità dei sani. Prevenire prima, segregare dopo, sembrano le due regole fondamentali della vecchia politica sanitaria. La presenza negli ospedali della suora-infermiera — caritatevole e onnipotente — saldava anche visivamente questo nesso storico fra intervento pubblico e altruismo religioso. La sua quasi totale scomparsa sottolinea la rivoluzione concettuale che si è venuta maturando: la tutela della salute di ogni singolo ci'tadino viene riconosciuta come diritto individuale e come pubblico dovere, nel quadro di un generale e onnicomprensivo Servizio sanitario nazionale. Su di esso però la polemica serpeggia da tempo ed 6 esplosa di recente con l'ormai consueto strascico italicsco di scandali, sperperi e ruberie. In risposta, molti addetti al servizio c molti pubblici amministratori sono insorti, respingendo accuse troppo generalizzate e ricordando le enormi difficoltà con cui debbono misurarsi. Chi ha i poteri per farlo dovrà valutare caso per caso. Quello che mi sembra da sottolineare è tuttavia un errore di fondo, che è poi l'errore solito del volontarismo utopico: sostenere che una cosa c buona e credere che, per realizzarla dall'oggi al domani, basti volerla. Il principio sacro affermato è che, di fronte al male, non ci deve più essere ricco o povero, ma solo uomini che soffrono, titolari di un eguale diritto all'assistenza, li medico, che era abituato a far pesare la propria bravura sul libero mercato in termini pecuniari — così come continua a fare ogni altro professionista — venne colpevolizzato. Più d'un clinico universitario aveva abusato della propria posizione eminente per trarre lucri spropositati da sequele di (.letti» pagati con pubblico denaro e affidati a lui per fini di scienza c non di profitto. Si finì col fare di ogni erba fascio e con l'instaurare una sorta di coscrizione punitiva; il punto unico di contingenza ha fatto il resto. Ma mentre il compenso dei sanitari addetti al Servizio nazionale veniva compresso a livelli indecorosi, la fama degli antichi proventi continuava a circolare fra i giovani, attirando alle Facoltà di Medicina turbe crescenti di ragazzi desiderosi di partecipare all'illusorio festino. Proprio perché troppi, essi trovano strutture didattiche insufficienti, cosi come troveranno domani difficoltà di inserimento anche maggiori di quelle che affliggono il generico proletariato dei laureati-disoccupati. Quando si parla di «numero chiuso» a Medicina, 'la Sinistra insorge; ma alla Sinistra dovrebbe piacere una programmazione dell'Università, che è esattamente la stessa cosa. Nessuno vuol sentire la parola-tabù, che c «selezione,», cioè preparazione più severa. Ma la condizione intollerabile dell'odierno medico ospedaliero grida a gran voce che qualcosa bisogna fare. Ne parlerò domenica ventura.

Persone citate: Cattivi Pensieri

Luoghi citati: Comune Di Torino