Mettiti mondo in una stanza

Mettiti mondo in una stanza JJ - '■ . ■ . . . "T""-*^™-™ VENTAGLI E MICROTV: A TOKYO SEMPRE PIÙ' PICCOLO E' BELLO Mettiti mondo in una stanza JJ - '■ . ■ . . . "T""-*^™-™ Il teleschermo gigante è ammirato all'esposizione di Tsukuba, ma ha più successo il minuscolo televisore tascabile come un portafogli - Nel Giappone dei grattacieli si perfeziona ancora l'arte di rendere tutto pieghevole o portatile, miniaturizzato: dal biglietto da visita che narra una vita al pino centenario che sta su una mensolina - Una mentalità «riduttiva» tra leggende e futuro DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Sempre piti piccolo, sempre piti miniaturizzato, portatile, pieghevole, da poter mettere in borsa, magari in tasca, sia che si tratti di televisore, transistor, ventaglio o ombrello, l'oggetto giapponese, il manufatto antico o moderno, si perfeziona nella riduzione della dimensione, nella contrazione. Bello è piccolo, grande non è detto che sia brutto a patto però che la grandezza sia artificialmente acquisita. Gli enormi lottatori di sumo, montagne di carne da duecento e passa chili, divi nazionali quando diventano campioni, sono prodotti di allevamento, la loro massa è il risultato di una spietata dieta all'ingrasso e si affrontano a corpo a corpo su di una minuscola pedana. Il contrasto c'è, grande e piccolo, massimo e minimo a confronto. Così è molto ammirato a' Tsukuba, all'esposizione mondiale, il più grande tele-\ schermo del mondo. Ma li piacere del pubblico giappo-1 nese, la sua meraviglia, deriva più che altro dal confron-l to tra massimo e minimo. In tasca, piatto come un porta-' fogli, il giapponese qualunque può mettere il più piccolo televisore del mondo, un oggetto mode in Japan che si può tenere in mano, quindi un oggetto perfetto secondo i canoni dell'estetica della riduzione ai minimi termini. Ti aggiri tra l grattacieli di Tokyo, nel quartiere di Shin-'. juku, enormi edifici di cinquanta e più piani. All'esterno giganteggiano, entri e ti accorgi come il principio della -ridutttvità- anche lì sia stato applicato. A ogni piano negozietti, piccoli caffè, ristorantini, spazi ridotti per tranquillizzare l'uomo permettendogli di -afferrare, il Juogo secondo una prospettiva che- anche net-piccolo, ak• Jlnterno, tende sempre a non dimntféaw>ta dell'esterno. pWiosmfy In un vaso Ogni localino ha infatti vetrate che danno sul panorama caotico della megalopoli; seduto per terra in un ristorante di stile tradizionale, o appollaiato sull'alto sgabello di un moderno bar, l'uomo ha la possibilità del confronto tra massimo e minimo, realizza in cima a un grattacielo l'ideale del -mondo in una stanza». Un ideale che si esprime anche nel paesaggio miniaturizzato in un vaso, nel pino centenario che sta su di una mensolina, arte del bonsai, nella gioia di vedere la via lattea da un buco della carta che scherma la finestra, come dice un famoso halku, micropoesia di sole diciassette sillabe, il genere favorito dal poeti giapponesi, devoti dell'estetica della «ri- duttivltà. Se, si dovesse indicare Una peculiarità del -genio* giapponese, una costante di tutta la cultura di questo popolo, dovremmo forse optare per questa tendenza alla miniaturizzazione, a radunare e ordinare quello che è sparpagliato, a -compattare' cose e persone. Vn esempio? Il biglietto da visita. In un car^totìéìhti'e'élteHtto MlfbW to che conviene sapere suUa fyj^to^wH^MfàHperi la prima volta.'Mai'iHstl-due giapponesi che si scambiano i biglietti da visita? Prima si sbirciano appena con aria indifferente, poi leggono attentamente l'uno il biglietto dell'altro, infine si guardano in faccia. Nota a questo proposito O Young-Lee, uno scrittore coreano autore di un brillante saggio sull'estetica giapponese del -piccolo-: «Il biglietto da visita è 11 riassunto e concentrato di una persona, 'una esemplificazione della tendenza giapponese a contrarre e ridurre ogni cosa». ' ? Oggi il personal computer, ieri il ventaglio pieghevole, la prima invenzione -rlduttl- -r- va> giapponese che abbia conquistato il mercato mondiale, penetrando in Cina — dove fino al XII secolo la gente si faceva vento con ventagli rigidi —e poi, attraverso la Cina, in Europa. Invenzione che può sembrare una cosa da nulla, eppure P prima del giapponesi nessuno aveva pensato alla comodità di un ventaglio che si può mettere in tasca o infilare nella manica. La ventola ingegnosamente tramutata in oggetto compatto, perché cosa è in definitiva un ventaglio pieghevole? Semplicemente un ventaglio rigido facilmente riducibile. Nota ancora O Young-Lee che un ventaglio pieghevole finemente dipinto è anche un'«opera d'arte portatile» e che il ventaglio ha preceduto di secoli il transistor come merce di esportazione giapponese. E poco importa se il I pieghevole non altro che,una variante del mim&rlgìàb cinese ingegnosamente ridotto è riesportato. La mentalità -riduttiva- giapponese se ne è appropriata, come si è appropriata degli ombrelli facendoli piccoli, sempre più piccoli, delle radio, tanto piccine da poterle portare al polso con orologio incorporato, delle macchine fotografiche, del chips per i computer, sempre ptù mtcro. Ma come si spiega quest'antma -riduttiva- giapponese? Numero due oggi come potenza industriale, il Giappone può ancora -vincereminiaturizzando gli oggetti e riducendo il suo ruolo internazionale a quello di -animale esclusivamente economico-? Dicono le parole dell'inno nazionale giapponese, mollo amato e molto cantato all'epoca della Seconda guerra mondiale: «II ciottolo diventerà un macigno». Oggi nuovamente il Giappone sta diventando grande, enorme, a furia di concen-, trarsi seguendo la propria tradizione del «piccolo è bello». In pratica è come se il gigantismo industriale e commerciale giapponese fosse un sottoprodotto del -rlduttivisimo- che è prima di tutto una forma mentis diffusa. Uno slogan in voga un anno fa esortava non soltanto a produrre ma anche a pensare In modo «leggero, sottile, corto, piccolo», altro esemplo, di efficace riduzione di concetti e complesse tendenze [socio-economiche in quattro semplici parole. XXI Secolo , Racconta un'antica . leggenda che una volta, sulle rive del fiume Tonokl, ere-, sceva un albero altissimo che venne abbattuto per costruì-., re una grande barca, una barca veloce, che ogni giorno faceva la spola per portare acqua pura.dalla vicina Isoletta di Awaji. Venne il gior-, no in cui la barca si ruppe e il legno venne usato come combustibile. Con un pezzo di legno sottratto alte fiamme, un uomo fece una cétra la cut dolce musica si spandeva fino al più alto dei cieli. O Young-Lee interpreta questa antica leggenda nel-< l'ottica del -riduzionismo-, dal grande albero alla barca, dalla barca alla cetra il cui suono però va più lontano di quanto mài potesse andare la barca o estendersi l'ombra •de! grande albero. La cultura dell'antico Giappone, scrive, «era grande quanto l'albero sulle rive del fiume Tonoki. ■il Giappone aveva una este¬ tica grandiosa, colossale, come dimostrano le statue di terracotta delle tombe imperlali giapponesi del V e VI secolo, la grande statua del Buddha del tempio di Todal, la tomba dell'imperatore' Nintoku. E" a partire dal X Secolo che 11 Giappone si di¬ stacca dal continente e comincia a miniaturizzare le cose, a ridurle». Se la storia può mal ancora essere considerata maestra e specchio dei presente, ammonimento o guida per il futuro, se ci sono cicli storici, il Giappone oggi è alla prima fase del -riduzionismo-. Ha '.fatto la grande barca che fa ila spola, avanti e indietro, ■per rifornire il paese di acqua pura, cioè di finanze. Deve tutto ai piccoli giganti •del -riduzionismo-: i transl'stor, i calcolatori, gli orologi digitali, i televisori, i computer, l semiconduttori, le automobili eccetera eccetera. Quando arriverà alla centra? si domanda O YoungLee. Che questo scrittore sia coreano ha il suo peso storico e ideologico, indubbiamente. Vorrebbe che il Giappone compisse un'altra riduzione, spirituale questa volita. Arrivasse, modernamente, 'alla cetra. Da un'altra ottica ma con una acuta percezlo\ne, Madre Teresa di Calcutta \ha detto che ci sono al mondo due tipi di fame: quella materiale dell'Africa, quella spirituale del Giappone. Forse ha ragione: piccolo può anche essere bello, ma troppo piccolo non conta. A meno che la riduzione non sia qualitativa, cosa che può anche darsi, anzi, che si è già data, per lo meno nella concezione estetica tradizionale giapponese. Forza Giappone! In fin dei conti -ce n'est que le debuti»; del vostro XXI Secolo. „ , „, Renata Pisa Tsukuba. Il teleschermo più grande del mondo all'esposizione mondiale: il pubblico giapponese ama i confronti tra massimo e minimo

Persone citate: Madre Teresa, Renata Pisa Tsukuba, Young-lee