Voi terroristi perché di Gianfranco Piazzesi

Voi terroristi, perché BOCCA: NELLA BOLGIA DEI VIOLENTI Voi terroristi, perché ìr\ minili Ki-itr*!i Ai ui/-\lf»nti I In quella bolgia di violenti, esaltati, opportunisti, teste calde e teste vuote che dal 1968 in,poi si collocarono alla sinistra del pei, i fondatori delle Brigate Rosse seppero subito distinguersi, e non tanto per le Joro idee quanto per il loro comportamento. Tra i troppi millantatori erano i soli a «fare quel/o che dicevano». Cercavano di restituire agli operai, a loro giudizio traditi dal pei, una coscienza rivoluzionaria, e si impegnavano a fondo rischiando di persona. .Cosi afferma Giorgio Bocca nel suo ultimo libro (Noi terroristi, ed. Garzanti). Bocca ha raccolto le confidenze e le testimonianze dei più importanti protagonisti della lotta armata, e con tutta probabilità le cose sono andate proprio come gliele hanno raccontate. Si può tranquillamente ritenere che nei primi anni il brigatista abbia ottenuto nelle fabbriche, se non proprio simpatie, almeno una prudente considerazione. Alberto Francescani, uno dei «capi storici» delle Br, dice in proposito: «Alla Pirelli ci conoscevano tutti. Eravamo clandestini per modo di dire. Stavamo in una omertà proletaria che copriva tutti i comportamenti illegali». A Milano i brigatisti in difficolti andavano alla mensa della Siemens: con quindici lire risolvevano il problema. I «compagni» procuravano i tagliandi. Ricorda sempre Franceschini: «Alla Pirelli il rapporto col pei era esplicito. Il partito di noi sapeva lutto. Fino al 1972 e oltre non fecero nessuna delazione e a volte ci fu tra noi qualche piccola collaborazione». A Torino Basone, già sindacalista del pei, portò Curdo a visitare il reparto presse della Fiat. Ma questa omertà, o per meglio dire questa parziale tolleranza, fu bruscamente interrotta nel 1973. Quell'anno i brigatisti genovesi sequestraronoMario, Sossi colpevole ai lortìV-flSfJw A> aver irifierjto^ comje.,gju,cjice istruttore, "con-, tro?«t«M«gruppo estremista,-ilr XXII Marzo, che si era ispirato alle imprese dei «gappisti» durante la Resistenza. Trasportato nel «carcere del popolo» il giudice inflessibile, l'accusatore implacabile, collaborò con i rapitori. I brigatisti, soddisfatti del clamore suscitato dal «processo», si dichiararono pronti a rilasciarlo purché la magistratura garantisse la libertà provvisoria e il governo concedesse i passaporti agli otto «compagni» arrestati. Per un momento i brigatisti credettero di aver vinto. La Corte di Appello di Genova aveva concesso la libertà provvisoria e il nulla osta per il rilascio dei passaporti. Curdo e Franceschini avevano già parlato con l'ambasciatore' di Cuba alla Santa Sede ottenendo le più ampie assicurazioni. Gli otto «gappisti», se muniti di regolare passaporto italiano, sarebbero stati senz'altro ac colti all'Avana. Mentre i brigatisti brindavano (non a champagne, ma a barbera) la situazione si capovolse. Paolo Emilio Taviani, allora ministro dell'Interno, si era rivolto a Berlinguer che aveva fatto intervenire Breznev presso Ostro. E di colpo l'ex guerrigliero dei Caraibi fu pronto a definire «provocatori fascisti» quei suoi epigoni mediterranei. Eppure, sospira an cora Franceschini, i cubani «ci conoscevano benissimo...». L'esperienza deve essere stata amara; ma sono queste le prove che forgiano i veri leader politici. Quei giovani che pretendevano di «rifondare» il pei e di riscaldare gli operai, avevano ricevuto una lezione che poteva essere salutare. Ma si limitarono a dire tra loro che Berlinguer era «impazzito». Quei giovanotti avventurosi ritenevano che Berlinguer, correndo a puntellare il sistema di potere democristiano, avrebbe portato alla rovina il pei. Con un minimo di cultura storica, di cui almeno allora erano totalmente privi, avrebbero saputo che, a cominciare dai bolscevichi, tutti i dirigenti comunisti sono sempre ricorsi ai mezzi più drastici quando hanno il potere, o alle alleanze più innaturali quando a comandare sono altri, pur di liberarsi dal condizionamento di frange estremiste che comincino ad avere successo. Invece di essere una carica dirompente e liberare le energie rivoluzionarie della classe n**»,.?.. ■•mnniiiAn<irM Ali operaia «imprigionate» dal riformismo di Berlinguer, il sequestro Sossi fini per favorire il Ravvicinamento delle masse cattoliche e di quelle comuniste. Il terrore per certi eventuali compagni di viaggio fu uno dei principali motivi che indusse Berlinguer a proclamare che l'Italia non si poteva governare col cinquantuno per cento e a offrire il compromesso storico al partito di Andreotti e di Fanfani. - La de, il pei, i sovietici e perfino Fidel Castro, incredibilmente coalizzati, fecero svanire ogni speranza di vittoria. Per di più, nessun brigatista si era ancora macchiato di sangue: Curcio e Franceschini potevano ancora cercare una onorevole uscita di sicurezza. Ma gli apprendisti stregoni non ne tennero conto. Invece di deprimere, il sequestro Sossi ebbe su di loro l'effetto di una droga. I brigatisti si comportarono come quei giocatori in perdita che cacano di rifarsi raddoppiando la posta. Cominciarono con l'uccidere due missini e da allora in poi alle < -x azioni dimostrative sostituirono le stragi e gli agguati. Dopo l'iniziale omertà o tolleranza, nelle fabbriche del ÌMonj ^;*,fb^C!,]é jrjcwafyli, .xeazjonLdi rigetto..E;nelle..8r: sili -«movimentisti» "prevalsero-* militaristi» che teorizzarono la clandestinità pura, senza collegamenti con l'esterno, e decisero V«inasprimento dello scontro». Grazie alla loro organizzazione i «militaristi» riescono a sequestrare Aldo Moro: mi questa operazione, che rappresenta il punto più alto della loro parabola operativa, è anche il segno più evidente del loro fallimento politica Nonostante l'abilità maieutica di Giorgio Bocca, i protagonisti di una simile impresa neppure oggi ci fanno capire bene perché avessero rapito Moro, che cosa si ripromettevano dal I rttr\ intorrnmlnriA *» I* V#»r3 , : suo interrogatorio, e la vera ragione per cui lo hanno ucciso. Giorgio Bocca ha interrogato tutti i personaggi che ci hanno regalato dodici anni di piombo: dai «capi storici» ai «movimentisti», ai «militaristi», ai nichilisti delle ultime leve. Sono tra coloro che ritengono coraggiosa e meritoria una simile iniziativa. E quali conclusioni se ne possono trarre? Mi limiterò a due sole osservazioni. Bocca ci fa sapere che al momento del sequestro Sossi i brigatisti full Urne èrano soltanto quindici e quelli pari t'irne altrettanti. Al momento della sua massima espansione (sequestro Moro) il «partito armato» era composto, in tutta Italia, da duecento persone. L'eloquenza di queste cifre rende oziose tutte le discussioni sull'attualità del pericolo tetrorista. Non si tratta di sapere se l'emergenza debba o non debba considerarsi finita. Pochi uomini decisi bastano, in ogni caso, a farla ricominciare. La seconda osservazione riguarda le conclusioni dell'autore sul fenomeno della lotta armata. Bocca dice che i brigatisti pagano nelle galere italiane l'imperdonabile reato di aver fatto quello che gli altri dicevano. Per lui «chi ha la coscienza storica degli errori e delle responsabilità della sinistra italiana e del malgoverno della destra sente il dovere di essere, non dico per il perdono indiscriminato, ma per la rimarginazione della ferita». Sul primo punto sono d'accordo solo in parte. Infatti i fautori della lotta armata sono stati illusi soltanto nella fase iniziale. Dal 1973 in poi non hanno mai ricevuto incoraggiamenti diretti o indiretti, né messaggi che potessero in qualche modo essere fraintesi. La verità è un'altra. Come dice lo stesso Enrico Fenzi, uno dei rari intellettuali brigatisti, le Br «sono la lotta arma4a e non hanno mai cercato, un nitro modo di'essere. La lotta*)* mata notf'tra una forma'della' politica ma la politica». Ebbene: questa lotta per la lotta, questa violenza per la violenza, rivela un vuoto culturale impressionante e un vuoto morale altrettanto sconvolgente. Bocca dice che i brigatisti uccisero in nome di una «utopia». Ma questa nobiltà di intenti, anche dopo il suo libro, resta tutta da dimostrare. Invece il sangue è sangue e questi presunti utopisti ne hanno versato tanto, nel ' modo più astratto e crudele. Purtroppo, quando sono così recenti e profonde, le ferite stentano a rimarginarsi. Gianfranco Piazzesi

Luoghi citati: Avana, Cuba, Genova, Italia, Milano, Torino