Per il giovane Marcuse non saranno gli artisti a fare la rivoluzione

La tesi di laurea del filosofo La tesi di laurea del filosofo Per il giovane Marcuse non saranno gli artisti a fare la rivoluzione conati impotenti della decadenza del sistema borghese. Laddove il Marcuse maturo e più consapevole sarà pronto a fare il massimo conto di quella via di -rivolta» dell'intellettuale, pur nelle sue impotenze, nei suoi velleitarismi. Luktìcs si attiene allo schema del marrismo ortodosso, e quindi ritiene che la rivoluzione possa essere attuata solo dal proletariato, non certo da pochi -artisti- usciti dall'ambito della borghesia. Il Marcuse delle opere tarde, invece, comprende che la rivoluzione è prima di tutto culturale, tecnologica, epistemologica, e non passa quindi attraverso le classi sociali, irretite nei vecchi sistemi produttivi. Solo le minoranze possono essere il lievito de! nuovo, i portavoce di una diversa qualità della vita. E quindi, più alto è il grado di rivolta, di dissidenza dell'artista-intellettuale, più utile appare il suo contributo a un mutamento del quadro sociale e culturale. Il Marcuse della maturità che meglio conosciamo e amiamo sarà anche un sostenitore delle -rivolte- di Proust, Joucc. Kafka, mentre scomparirà dall'elenco dei suoi -autori» il nome di Mann, votato al compromesso e all'equivoco. Renato Barilli II. Marcuse, «Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca. Dallo "Sturm und Drang" a Thomas Mann», Einaudi, trad. e Introd. di R. Solmi, 444 pagine, 34.000 lire. centro delle sue riflessioni successive, altrettanto non si può dire quanto alle risposte che per il momento cercava di dare. Infatti, da queste pagine emerge un Marcuse addirittura sbigottiio, nel dover constatare che appunto tra la fine del Settecento e nel corso di un secolo abbondante si era aperta quella scissione, nella società, e attento di conseguenza a cogliere i segni clic sembrassero indicare una riconciliazione, un rientro dell'artista ribelle nel seno della comunità da lui sfidata. In altre parole, siamo di fronte a un Marcuse conciliante, attento alle ragioni che nutrono la dissidenza dell'artista, dcll'-aniina bella-, ma preoccupato circa la sterilità di quella protesta, posto cosi a metà strada tra difesa dell'individualismo in rivolta e l'adesione a un collcttivismo contento di sé. della propria felice integrazione. Ecco così che le preferenze dello studioso vanno ai casi, del resto tra i maggiori e più affermati, offerti rispettivamente, all'inizio della parabola, da Goethe col suo Gli anni di noviziato di Guglielmo Maister, c da Thomas Mann col Gustavo Aschcnbach di Morte a Venezia: e proprio perché in entrambe le opere la rivolta dell'artista sa venire a patti con la società, muta l'inettitudine di partenza in una ampia adeguazione. Strada facendo, molto consenso è accordato andie a Gottfried Keller, ideatore di un altro eroe integrato, UN protagonista del nostro clima culturale come Herbert Marcuse merita senza dubbio che si rodo a frugare nei cassetti o negli archivi della sua produzione, alla ricerca del manoscritto perduto. In questo caso è ricmersa la sua tesi di dottorato che ci riconduce al lontano 1922. quando il giovane studioso, stanziato a Friburgo, mirava a intraprendervi una onorevole carriera accademica. Il tema di quel lavoro è già di per se stesso dei più accattivanti dì .romanzo dell'artista, nella letteratura tedesca;, ma evidentemente, più che inseguire un contributo specialistico entro un filone a sua volta molto parziale, siamo attratti dalla possibilità di cogliere ì primi passi del Marcusepensiero. Sciza dubbio fin da quel momento il giovane studioso risultava calamitato dal motivo delle «minoranze», delle figure dei dissidenti -non allineati- rispetto ai più. Infatti la lunga e meravigliosa tradizione del -romanzo dell'artista- nella letteratura tedesca, saggiata dagli inizi con lo Sturili und Drang e con Goethe fino all'approdo in Thomas Mann, offre abbondantemente la figura del -disadattato», de! pc.sonaggio in conflitto con la società borghese, con i valori dominanti, con l'etica del successo e della ricerca del benessere. Ma se Marcuse fin du quell'ora iniziale ai'eva individuato un motivo che sarebbe poi risultato al llcriivri MurcHM.' Enrico il Verde: mentre le dissociazioni, le contrapposizioni dolorose alimentate da autori come Moritz, Tieck, Wackcnroder, Novalis. Friedrich Schlegel, e da personaggi quali Antonio Reiser, Ardinghello, Stcrnbald, Lucinda, Enrico di Ofterdingen, non lo persuadono, e anzi ne alimentano le preoccupazioni e le riserve. Si tratta di una posizione che costeggia, come è stato detto, le scelte a sua volta espresse da Lukcics. sia nella fase dei saggi giovanili, sia, ancor più. nel punto d'arrivo finale, che lo induce a dare assai poco credito alla rivolta degli intellettuali, in cui intravede solo i Un progetto del pittore per salvare Roma NELL'ANNO di grazia 1514. morto Bramante. Raffaello trentenne veniva chiamato da Leone X alla direzione della fabbrica di San Pietro, la più grossa impresa edilizia del momento. L'anno dopo, il 27 agosto del 1515. un altro breve papale lo nominava Prefetto dei marmi e di tutte le pietre di Roma, e nel '17 commissario alle antichità. La città eterna giaceva ormai da tempo in uno stato che preoccupava non tanto l'amministrazione quanto le nostalgie e le aspirazioni di chi la governava ammirandola caldamente proprio per il suo passato. Leone X cercava con le arti e le eleganze di prolungare la sua esistenza sulla terra, rimuovendone ogni motivo di turbamento. Gli umanisti sognavano di veder rinascere o almeno di preservare ogni vestigio di quella che giudicavano la maestra del governo e la regina delle perfezioni. La carica raffaellesca prevedeva essenzialmente il salvataggio delle iscrizioni su pietra che costei-

Luoghi citati: Introd, Roma, Venezia