Sapegno: la Divina Commedia per me resta una lettura sempre aperta

Intervista al grande studioso che a 84 anni ha riscritto il commento al poema Intervista al grande studioso che a 84 anni ha riscritto il commento al poema Sapegno: la Divina Commedia per me resta una lettura sempre aperta zione critica della «vulgata» del poema curata da Giorgio Petrocchi. In quest'occasione, Natalino Sapegno ha avuto la cortesia di rispondere ad alcune nostre domande. — Professor Sapegno, questa nuova edizione del suo commento alla «Divina Commedia» ha comportato un lavoro di semplice revisione e di aggiornamento bibliografico, o lei ha sentito la necessità di affrontare ex-novo taluni dei nodi critici ed esegetici della Commedia? «In linea di massima si tratta di una revisione. Una revisione che si era resa necessaria per tutta la nuova bibliografia accumulatasi in questi decenni e soprattutto perché era stata approntata, per opera di Giorgio Petrocchi, l'edizione critica del testo di Dante. L'adozione di questo testo stabilito da Petrocchi comportava anche l'esigenza di revisione di talune note. Rivedendo tutto il commento, più ancora che dei suggerimenti che mi venivano dalla bibliografia accumulatasi in questi anni, ho dovuto tener conto di esigenze nuove di lettura mie personali. Si tratta per lo più di interventi nel campo di una interpretazione formale, di una sottolineatura di quelli che sono gli strumenti stilistici, diciamo pure, retorici di Dante». — Una delle novità del suo commento è l'utilizzazione sistematica delle fonti e del commenti trecenteschi e quattrocenteschi alla «Commedia». La prima interpretazione da lei proposta è quella di Dante letto attraverso i suoi contemporanei. Vi è poi un secondo livello interpretativo costituito dalla compresenza di tutto il dibattito critico sulla «Commedia», riproposto in termini dialettici. Qual è la sua chiave interpretativa? Con quale ottica il lettore moderno deve affrontare il poema dantesco? «Parlare di una chiave interpretativa è forse eccessivo. Il mio proposito era anzitutto di fornire ai lettori 'di Dante una interpretazione non dogmatica, come spesso accadeva, ma problematica, tenendo conto delle possibiità di diverso Intendimento di una quantità di passi della Commedia la cui lettura rimane aperta. Non bisogna lasciar credere al lettore — soprattutto al lettore ingenuo — che le cose siano facili. Ma l'Intento fondamentale della mia interpretazione era di dare una lettura che fosse sempre comprensiva della totalità del testo, che non isolasse i singoli episodi, i singoli momenti della fantasia dantesca, come si usava molto spesso fare. Una lettura che reimmergesse questi episodi in un contesto, che deve tener conto di tutto ciò che appartiene all'i- Da un codice italiano della «Divina Commedia», sec. XV ROMA — Nato a Aosta ne! 1901, Natalino Sapegno ha studiato e mosso i primi passi nella critica a Torino che, com'egli dice, -era allora veramente uno dei centri più vìvi della cultura italiana-. A Torino Sapegno collabora alle riviste di Piero Gobetti, a Energie Nuove (1918-19), a La Rivoluzione Liberale H922) e poi, fino al 1928, ai ..llaretti»; collabora anche alla casa editrice, diretta sempre da Piero Gobetti, che pubblicherà Ossi di seppia, e alla rivista di Giacomo Debenedetti, Primo Tempo. In questi anni, che Sapegno sente -come fondamentali e destinati a caratterizzare tutto il resto della sua esistenza*, il giovane studioso stringe legami d'amicizia e sodalizi politici e culturali, ha modo di conoscere Gramsci. Montale, Solmi, Fubini. Trasferitosi per motivi didattici a Ferrara, Sapegno collabora alle riviste letterarie fiorentine di Ojetti, al Pegaso, a Pan entra in contatto con personaggi come Pancrazi e De Robertis: nel 1938 viene a vivere a Roma dove detiene per quarantanni la cattedra di letteratura italiana alla Facoltà di Lettere. L'attività di studioso di Sapegno spazia dal fondamentale studio su II Trecento (Vallardi, 1934), al Ritratto di Manzoni ed altri saggi (Laterza, 1961), a Pagine di Storia Letteraria (Manfredi, 1960), mentre le sue due grandi opere critico-didattiche (La storia della Letteratura Italiana e il Commento alla Divina Commedia) si impongono come strumenti di studio fondamentali per la scuola e per l'università italiana. Del commento alla Commedia esce ora, a distanza di trent'anni dalla prima edizione di cui, attraverso le molte ristampe, sono state vendute quattro milioni di copie, una nuova edizione riveduta a ampliata (La Nuova Italia, volumi 3), che si avvale tra l'altro dell'edi¬ Da un'edizione della «Divindeologia di Dante, alla sua filosofia, alla sua concezione poetica, alla sua esperienza di artista, di costruttore di forme, di metafore, di Innovatore del linguaggio, ecc.». — Prima di affrontare questo grande lavoro di commento testuale, tra il 1936 e il 1946, lei era stato impegnato in una impresa di carattere molto diverso, una storia della letteratura italiana in tre volumi, che da più di quarant'anni co¬ sdC'psisrtassgdC MILANO — Ricordate la celebre risposta che Ernest Hemin;way diede a Francis Scott ■'itzgerald quando l'amico rii domandò cos'avessero i icchi di diverso dagli altri omuni mortali? «I soldi» lisse il primo. E 11 secondo, he di soldi ne aveva sper>erati tanti, sospirò. Princi>i e aristocratici, quelli alneno che la storia non ha idotto in miseria o magari laicamente cancellato dalla accia della terra, oltre ai ioidi hanno molto tempo lisi ro. E lo occupano, come "arlo d'Inghilterra, dedi;andosi alle più varie attinta. Aviatore, paracadutiita. cavallerizzo, giocatore !i cricket e di polo: la vita lei principe di Galles sembra l'elenco degli Albi d'Oro ' li Topolino. Mancava un Carlo scrittore». Ora abDiamo anche questo, e la li>u può dirsi completa. Anni fa, durante una crocerà sul Brìtannia, l'erede il trono del Regno Unito scrisse, per svagare i due 'rateili minori, una favola he nel 1980 fu pubblicata ialleditore Hamish Hamilon. Era la storia di un vec-hio scozzese, unico inquilino di una caverna nei din'.orni di Balmoral, che aveva molte bizzarre avventure -on aquile e galli cedroni, ranocchi magici e falchi pescatori, lillipuziani e fantastici abitatori del fondo dei laghi. Resa imprevedibile da ^uel pizzico di nonsense che appartiene al patrimonio intellettuale di ogni inglese ? maliziosa da una vena di beffarda irrisione (la cassetta del water del vecchio, nella grotta, è uria vecchia cornamusa che, quando si tira la catena, suona il glorioso inno scozzese), la storia aveva, come tutte le fiabe che si rispettino, una morale, anche se poco principesca: meglio vivere soli in una caverna scozzese che nel caos di una metropoli come Londra. Preziosamente illustrata da Sir Hugh Casson, presidente della Royal Academy, tradotta e pubblicata In tutto il mondo (due delle versioni più recenti sono In E' in scena a Roma «Flaiano al Flaiano», con testi tratti da «Lo spettatore addormentato». Fra gli interpreti Luciano Lucignani, a cui abbiamo chiesto di ricordare 1 suoi incontri con lo scrittore scomparso. QUESTO è il mio terzo Incontro (professionale) con Ennio Flaiano. Il primo risale a molti anni fa. Per l'esattezza, all'autunno del 1958. Dovevo mettere In scena uno spettacolo di atti unici, nello stesso teatrino romano che ora porta il suo nome, ma che allora si chiamava semplicemente l'Arlecchino. Avevo già raccolto alcuni testi (di Cschov, Labiche, Feydeau, D'Hervilliez e Ionesco) e volevo aggiungerne uno di scrittore italiano che fosse, in qualche modo, all'altezza degli stranieri. Fu Carlo Mazzarella, allora ancora in bilico fra teatro e giornalismo, a suggerirmi una farsa che Flaiano aveva pubblicato sul Afondo di Pannunzio. Era La donna nell'armadio, il paradossale interrogatorio, da parte d'un questurino, d'un poeta sospettato d'un Ipotetico crimine che in realtà non ha commesso; l'accusato ha buon gioco nel difendersi, giacché può provare che lui, nello stesso momento, stava commettendo un altro delitto. Al questurino questo basta, e se ne va facendo tanto di scuse. L'atto unico era bellissimo, pieno di divagazioni sulla poesia, la giustizia, il crimine e la società, ed era perfettamente adatto agli attori che formavano la piccola compagnia. Chiesi subito dunque a Flaiano il permesso di metterlo in scena, e cancellai Ionesco dal mio elenco. Ennio fu molto gentile: Agus nel ruolo del poeta e Bonagura in quello del questurino gli sembravano perfetti. Si dichiarò molto contento della nostra proposta. Quando, dopo qualche giorno (a prove già iniziate) Il direttore della compagnia mi chiese due righe di ac¬ Disegno di Hugh Casson per «11 vecchio del lago» na Commedia», Brescia 1487 stituisce uno strumento didattico fondamentale. Com'è nato a suo tempo li 'progetto di questo disegno storico della letteratura italiana? Era un progetto in sintonia con il clima culturale di allora? •E' un progetto che è maturato nel corso di parecchi anni, in un periodo che è stato molto denso di proposte critiche diverse. Di quegli stessi anni è la Storia della Letteratura Latina di Concetto Marchesi e la Sto¬ ria della Letteratura Italiana di Attilio Momigliano, entrambe opere notevolissime. Il punto di partenza per la mia storia della letteratura e costituito da una atmosfera che possiamo chiamare crociana. Il libro è nato nell'ambito delle teorie crociane e questo ha rappresentato un punto fermo, un orientamento per tutta l'opera, che è concepita come illustrazione di una serie di valori estetici. A dare un carattere differenziale all'opera era il fatto che voleva essere una storia della letteratura scritta In un momento in cui Croce negava la possibilità di fare una storia di fatti estetici. SI trattava di trovare uno schema per cui i fatti artistici, che indubbiamente non rappresentano di per se una linea progressiva, venissero spiegati entro un contesto storico generale. E' chiaro che non si può parlare di progresso artistico, ma si può parlare di un progresso culturale, delle idee, che costituisce uno sfondo anche all'opera d'arte e soprattutto a quelle che sono le strutture formali, gli elementi di gusto che stanno alla radice dell'opera d'arte». — Quanta attenzione ha dedicato in questa sua storia della letteratura al problema didattico e in che misura questo ha influito sull'impostazione generale dell'opera? -L'intento didattico si è