Ma quante brutte figure inscenarono i musicisti in camicia nera

Un'indagine storica sui rapporti fra compositori e regime fascista Un'indagine storica sui rapporti fra compositori e regime fascista Ma quante brutte figure inscenarono i musicisti in camicia nera piccola rinomanza e che ai tempi della nostra giovinezza, pur non conoscendole, ci sembravano importanti (// gobbo del califfo di Casavola. Volti la lanterna! e altre simili amenità) ce le troviamo qui sezionate e smontate. Ma non solo di briciole si tratta. L'opera, specialmente teatrale, di Alfano. Pizzetti, Respighl. Casella e Mallpiero è inquadrata in una prospettiva critica da cui non si ìwtrà più prescindere. Nessuna parzialità, nessun partito preso di detrazione, anche se ogni indagine spassionata viene poi sempre ricondotta al basso continuo delle immancabili compromissioni col regime. Queste costituiscono la materia della seconda parte del libro, intitolata «Il rito del consenso» e appoggiata a sua volta alla riproduzione di centinaia di documenti estratti dalle fonti di cui sopra. E' una ridda, una kermesse vergognosa a cui non si sottrae nessuno, dicesi nessuno dei compositori grandi e piccini dell'epoca. (Unica eccezione, salvo errore, Leone Sinigaglia). Chi ci fa la miglior figura è. in fondo, il regime. La Nicolodi illustra con lealtà ed equilibrio «le aporie della politica culturale fascista» e le ambivalenze del regime, la cui contraddittoria ambiguità di scelte era dettata sem¬ GLI incontri tra il jazz e la musica popolare mediterranea continuano a dar vita a progetti, incontri e dischi nuovi. Dopo «Roccellanea» del Trovesi-Damiani Qulntet e «Flashback» del Damiani Opus Music Ensemble, entrambi della Ismez/Polis, è adesso la volta di un long playing che sarà tratto da «Jazz e folk a confronto.., una produzione originale presentata nei giorni scorsi al Teatro della Fiera di Cagliari. L'intero itinerario dell'iniziativa merita attenzione. Sono stati riuniti nel capoluogo sardo dodici musicisti, otto di jazz (Enrico Rava. tromba, flicorno e direzione; Paolo Fresu, tromba e flicorno; Martin Dietrich, trombone; Maurizio Giammarco, sax tenore:; Antonello Salis, pianoforte e fisarmonica; Augusto Mancinelli, chitarra; Furio Di Castri, contrabbasso; Roberto Gatto, batteria) e quattro professionisti della musica popolare plicemente dall'ovvia necessità di «accontentare tutti... Non ci fu una vera direttiva di partito nella vita musicale. Non sfugge alla scrittrice «.'inconcidabilitù di fatto esistente tra regime reazionario di massa e avanguardia-, ma questa tendenza, fattasi esplicita dopo la svolta del 1930, non trapassò mal in una vera azione di scoraggiamento o tanto meno di persecuzione delle tendenze moderne, anche se questa azione fosse invocata da sicari musicali del regime come Lualdi, Toni, Porrlno, Pizzlni e Mascagni. Dall'altra parte Casella, che politicamente aveva tutte le carte in regola (assai più di Mascagni, fascista dell'ultima ora e ben noto cultore di barzellette antifasciste) svolgeva un'opera instancabile di compromissione del regime in favore dell'arte moderna, valendosi di appoggi politici quali D'Annunzio e Bottai (questo gerarca s'era detto «disposto a prendere a calci nel culo il Maestro Mascagni-). Il povero duce e il suo segretario commendator Chiavolinl (nome che D'Annunzio si rifiutava di scrivere, trasformandolo In Chianivoll) erano letteralmente assediati da una marea montante di postulanti, spinti dal «desiderio irresistibile di ottenere un breve colloquio dalla E.V.» no coi loro bilanci, e quelli invece a spingerlo spudoratamente sulla strada della prevaricazione dittatoriale. I lamenti strazianti di Montemezzi perché si imponesse al Teatro Reale dell'Opera la sua operina Hellera! -Io mi rivolgo all'È. V. per pregarla con tutte le mie forse di intervenire presso la Commissione del Teatro... E cosi don Licinio Refice rivolgeva al Cai>o del Governo -viva preghiera perché la Sua alta parola possa indurre la direzione del teatro Reale dell'Opera ad includere nel cartellone della prossima stagione lirica la Sacra Rappresentazione 8anta Cecilia.. E cosi Primo Riccitelli. per 'a sua Madonna Oretta, invocava • l'autorevole ed appassionato intervento di chi, come l'Eccellenza Vostra, ha a cuore le sorti della italianità dell'opera musicale*. Perfino il vecchio Zanella, avendo -un'opera nuova, burlesca-, dichiarava con simpatica franchezza: -Dato il mio nome e la mia esperienza non posso passare la trafila delle solite commissioni. Sono certo di essere degno della Sua segnalazione-. E ritornando sull'argomento con Ottavio Sebastiani, altro fiduciario del duce, non si peritava di chiedergli «di voler trovare il modo di far sentire una Vostra parola amichemle Certe squallide opere nuove che arrivavano in scena alla Scala, o al Costanzi o a qualche Festival, noi Si-credeva fossero imposte dal regime Macché! il povero duce non ne poteva niente. Lui badava a ripetere democraticamente che non ci poteva far niente, che le direzioni dei teatri erano libere di lare quel che volevano e quel che poteva- (Mascagni), per descrivere il «boicottaggio» di cui si ritenevano vittime, la «congiura del silenzio», il «vedersi costantemente escluso» (sempre Mascagni, che in privato era tutto contento d'esclamare: «Co. Nerone sono andato in c... a Mussolini!*, come veniva diligentemente riferito da un informatore alla segreteria particolare del duce). l)c Chirico: (Ritrailo di Casella» (1924) — e non di rimprovero — a chi di dovere (per esempio alla sovrintendenza del teatro Reale)-. E Chlavolini a spiegare ad altro postulante essere intento del duce «di non accogliere in genere richieste di segnalazioni per opere d'arte, desiderando che il giudizio che su le opere stesse devono esprimere gli organi competenti non abbia ad apparire in alcun modo influenzatom. Ed era vero. Lui poveretto, quando non ne poteva proprio più. si limitava a scrivere in calce «segnalare a ..... Ma neanche l'occhiuta ricerca archivistica di Fiamma Nicolodi è riuscita a trovare traccia di qualche imposizione. La brutta figura ce la fanno i musicisti, mica tanto il regime. Il quale però le sue colpe le aveva. In un libro su questo argomento avremmo voluto trovare spiegato e documentato come andò che Lodovico Rocca, avendo scritto una grossa opera su soggetto tratto dal romanzo di Werfel / quaranta giorni del Mussa Dagh, fu costretto a trasformarla in un generico Monte Ivnor. Ma, come diceva il compianto Frassineti, i ministeri hanno i loro misteri. Massimo Mila Fiamma Nicolodi: «Masica e musicisti nel ventennio fascista». Discanto, 488 pagine, 48.000 lire. Enrico Rava. bravissimo sotto ogni aspetto, ha affrontato l'argomento realizzando una saldatura orizzontale fra le sue partiture costellate di spazi solistici e i suggestivi interventi dei quattro virtuosi popolari sardi. DI più. al primo approccio, per quanto prolungato e intenso, non era forse dato di fare. Ma anche l'ottetto jazz annovera due sardi. Paolo Fresu e Antonello Salis. E sono stati loro. In varie riprese, a tentare un accostamento verticale, intrecciando i loro suoni con quelli degli strumenti folclorici, effettuando variazioni e proponendo in qualche modo analogie timbriche, ritmiche e sintattiche. E' questa, evidentemente, la via da seguire. Gli esecutori-creatori sono tutti eccellenti, al punto che citarne qualcuno per la bontà del contributo all'assieme o per le straordinarie sortite in assolo significherebbe recar torto agli altri. Insistendo sul materiale già elaborato, ritoccandolo e limandolo, Rava riuscirà ad attuare una nuova interazione d'alto livello fra jazz e folk, ossia .un'osmosi fra i due generi- (sono parole sue) -equilibrata in' modo che le rispettila identità non vengano mai snaturate-. Sarà soprattutto il disco, con i suoi raffinati mezzi tecnologici, ad allargare le opportunità di perfezionare il progetto. Ma la seduta di registrazione dovrà essere preparata con cura (cioè non si dovrà esaurire in poche ore, come purtroppo si è costretti a fare nel jazz) e con prove e verifiche ulteriori. Ne vale la pena: in questi tempi di livellamenti stilistici, le idee originali sono più che mai preziose.

Luoghi citati: Alfano, Cagliari, Casella