E Leo Pestelli lasciò il melone e prese la zatta

E Leo Pestelli lasciò il melone e prese la zatta E Leo Pestelli lasciò il melone e prese la zatta do e l'Eleganza) è dato fra i vantaggi, appunto, della Proprietà quello, per citare testualmente di «Mettere ordine (quale si è perso fino a Firenze!) tra le Cucurbitacee, scacciandone l'Intruso Melone (che non può essere che 11 giusto accrescitivo di Mela), per attenersi a Popone. Mellone (popone cattivo) e Zatta (popone bislungo somigliante al popone vernino)». In questo come in altri passi pare di cogliere un lieve sorriso dell'Autore. Infatti perché chiamare il dialettale Mellone «popone cattivo' e proporre come voce alla quale attenersi Zatta, data ancora nel Vocabolario del Petrocchi del 1891 come voce d'uso ma considerata parola regionale dallo Zinga- regolarsi col denaro, le banche, le carte di credito? Come funzionano le autostrade, le poste, gli ospedali? E che cosa deve sapere lo straniero che parla inglese ma non conosce l'americano? Con puntiglio informativo e con la garbata ironia un po' vieuxjeu che è la sua sigla di scrittore, Watzlawick introduce amabilmente 11 lettore ad usi e abitudini, mentalità e istituzioni d'oltreoceano. a. c. relli e trascurata o bollata come voce rara da altri vocabolari? E come chiamare Mellone -popone cattivo- a meno di intendere per «cattivo» dialettale? Chiamare poi intruso Melone per riservarlo a designare l'accrescitivo di «mela», che forse sarebbe meglio chiamare melona. oggi non pare più possibile. Anche per questa voce i tempi sono cambiati. Nel Petrocchi melone e mellone sono messi in quella specie di purgatorio formato dalle voci poste nel cosiddetto sottosuolo e cioè fra le parole stampate nella metà inferiore del foglio dove trovan rifugio termini arcaici o dialettali: e da melone si rinvia addirittura a mellone. " Soltanto melone e zatta hanno per Pestelli cittadinanza. Ebbene, nello Zingarelli melone figura come la voce normalmente usata e popone è dato come semplice sinonimo di melone. Questo non è clic un esemplo che fa riflettere. Le osservazioni sui forestierismi, sul parlare figurato e su molti altri argomenti, tutti trattati con una lingua a volte un po' arcaica, che sa della paterna ascendenza toscana, con variazioni e aneddoti spesso gustosi, si legge con piacere anche da chi alla retorica sia refrattario. Ed è, questo, un bell'elogio. Tristano Bolelli Leo Pestelli, «Trattatello di rettorica. Contro l'anarchismo e la tecnocrazia trasportati nella lingua», Longanesi, 231 pagine, 16.000 lire.

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