Si chiama Istria ma per Tomizza si scrive Itaca

Racconti: «Ieri, un secolo fa» Racconti: «Ieri, un secolo fa» Si chiama Istria ma per Tomizza si scrive Itaca GLI amici di Fulvio Tomizza, dico gli amici dei suol libri e della sua scrittura, dopo l'intermezzo storico-narrativo dì «La finzione di Maria» e «Il male viene dal Nord» possono ricrearsi leggendo i racconti intitolati, con sottile sgomento, «/eri, un secolo fa*. Sono stati scritti nell'arco di un trentennio e l'autore, con inconsueta probità, prima di pubblicarli li ha lasciati maturare sulla paglia dei giorni. A scapito delle date di composizione, si dispongono nell'ordine cronologico dettato dai contenuti, privilegiando una fedeltà autobiografica che è tentata di riconoscersi, forse, come fedeltà stilistica. L'Istria dalle robuste radici contadine e cattoliche è la terra sempre presente, in fisica concretezza e memoria, Itaca verde e petrosa, perduta ritrovata e poi ancora perduta nel cerchio in cui si consuma la vita di un uomo. Come cicatrizzare la ferita del distacco? Tomizza rivive ancora una. volta l'esodo in massa degli italiani dopo l'occupazione jugoslava, la sosta nei campi profughi del Carso, le incursioni nella Trieste due volte meticcia del dopoguerra, il trapianto nelle piatte campagne del Friuli... Ma più ancora, come accettare il confine dell'inimicizia e dell'alterità? Con il passare degli anni il ritorno è possibile, propiziato dallo stress della città inarrestabile; ma fino a che punto è immersione vitale e non, piuttosto, inquieto esorcismo? Può venire il sospetto, in chi ci legge, che questi siano soprattutto «cartoni» dei romanzi più noti di Tomizza, da -Materada- a «La miglior vita», e certo non mancano le prime stesure, sono fitte le anticipazioni. Ma. a parte 1 pezzi assolutamente nuovi in cui trova sistemazione una materia esuberante rimasta fuori dal filone principale, il libro va letto e apprezzato per ltnee interne, come storia complessiva di una vocazione, cogliendone la forza compressa, ribollente, come di un rivo che scava, per tentativi e occultamenti, la propria strada. E" fin troppo facile segnalare disgiunzioni e raccordi stilistici, simpatie e autonome affermazioni. Dal neorealismo vibrante di «Una notte a Fiume., storia di un'avventura d'amore consumata dalla pietà, a «Via da Materada», dove il fare largo lascia presagire il romanzo e dove la stessa assunzione del dialetto è spia di una diversa progettualità di una uscita dall'autobiografia alla ricerca dell'epica ; fino alle prove ultime, padroneggiate e sciolte, dove il protagonista solitario si pone a tu per tu con la natura, la squadra con occhi e sensi desti, nella speranza di essere ancora ricambiato. Devo dire che i racconti vecchi sono anche i più interessanti, per " loro Piglio fiducioso ed aspro: a Lorenzo Mondo Fulvio Tomizza: «Ieri, . Ita secolo fa», Rizzoli, 230 pagine, 18.000 lire. Olio del triestino Ugo Fluniiani tre secoli dopo il Mille, quando l'Islam era colà sulla difensiva dalla reconquista cristiana, e la civiltà arabo-andalusa, pur tra il cozzare delle armi, era in pieno fiore. Ibn Zabara fu un ebreo, pare di Barcellona, che in queste quindici novelle ha combinato l'accennata materia narrativa con proprie esperienze autobiografiche. Amore e raggiro, magia, medicina, filosofia, rituale e paremlografla giudaica passano nelle pagine dell'operetta, che due studiosi hanno resa ora accessibile ai profani. Elio Piattelli ha tradotto il testo dall'originale ebraico, Sergio Noja, manager ''industriale e arabista, vi ha preposto un suggestivo quadro sulla composita civiltà che gli fa da sfondo, dedicando queste sue pagine a una diletta memoria perduta: qualcosa ne sopravvive nelle delizie e negli affanni dell'Ebreo di Spagna, di sette-otto secoli fa. Francesco Gabrieli Ibn Zabara, «Il libro delle delizie», a cura di E. Piattelli, pref. di S. Noja, Rizzoli, 150 pagine, 15.000 lire. DAL Romanticismo in qua, la Spagna araba ha affascinato l'Europa. Grandi studiosi spagnoli e stranieri ne hanno indagato la storia e la cultura, ove elementi di pretta origine orientale si sono intrecciati in feconda simbiosi con altri latini ed iberici: e una delle facce più brillanti di questo prisma è senza dubbio la narrativa, che ha riplasmato o creato ex novo una materia destinata a continuarsi nel secoli, in latino medievale e in romanzo. A questa elaborazione letteraria han concorso Arabi musulmani ed Ebrei di Spagna, la cui cooperazlone nella Penisola, tra il X e 11 XV secolo, costituisce un esempio tra i più suggestivi (e un po' tristi, nel confronto con l'oggi) di fraternità tra etnie e fedi per altri versi contrapposte. Gli Ebrei della Spagna medievale araba gareggiarono nella loro lingua con i dominatori musulmani, ne imitarono nella lirica e nella novellistica le artificiose forme, vi introdussero in proprio nuova materia (basti ricordare che a un perduto originale arabo-giudaico si fa risa- Novelle della Spagna medievale