Ancora nascosti i due «vendicatori» migliora la ragazza del Prenestino

Dopo il drammatico episodio di intolleranza in una borgata romana di emarginati Dopo il drammatico episodio di intolleranza in una borgata romana di emarginati An€ora nascosti i due «vendicatori» migliora la ragazza del Prénestino Ieri è andata a trovarla l'altra vittima della tragedia -1 medici non hanno ancora sciolto la prognosi ma pensano già ad interventi di chirurgia plastica - Pare che uno degli aggressori abbia intenzione di costituirsi stamattina ROMA — In via Prenestina, nella chiesa di San Leone, ieri mattina si è parlato di inolcnza, e di emarginazione: lo ha fatto don Sergio, il parroco, lo stesso che l'altro ieri si era recato fra la gente del Torrione, nel borgo in cui due tossicomani hanno rischiato di bruciare vive. Ma fra i banchi, pure piuttosto affollati, non c'era nessuno che fosse venuto dalla baraccopoli. Parole come tolleranza, partecipazione, sono rimaste chiuse li dentro. Il Torrione è a poche centinaia di metri, ma da questo modo di intendere i rapporti fi a la gente sembra lontano anni luce. Nel vicolo, tra le baracche a ridosso della ferrovia, è già tutto tornalo come prima. Sono scomparsi i pulmini della Tv, la gente non ha più interlocutori. Rispetto al «prima», mancano solo quattro persone: le due ragazze della baracca bruciata, i due che avevano appiccato il fuoco. Svolta nella «gu A Loredana Nimis, ieri, sono state tolte in parte le bende. Ma le sue condizioni sono sempre inolio gravi. I medici del centro ustionati del Sant'Eugenio non sciolgono la prognosi. Non fanno neppure previsioni sul momento in cui la ragazza verrà sottoposta a interventi sulle parti del corpo devastate dalle fiamme. Per queste operazioni occorrerà attendere la cicatrizzazione delle piaghe. Il pericolo di un improvviso peggioramento e ancora molto forte: i sanitari temono soprattutto un blocco renale. Il corpo della ragazza è ustionato per oltre il quaranta per cento. Ogni tanto Loredana riesce a dire qualche parola, ma anche il movimento delle labbra le provoca forti dolori. Chiede sempre la stessa cosa: «In faccia come sono? Sono rovinata?». // suo volto è devastato dalle fiamme, gli interventi di chirurgia plastica ancora lontani: ma nessuno glie lo erra» sul modo di s ha detto. Da ieri mattina la ragazza è assistita in permanenza da un'equipe del Centro d'igiene incutale dell'Eur. I due psicologi che si sono alternati al suo capezzale, ieri mattina e ieri pomeriggio, Alfonso D'Ippolito e Bruna Roversi, hanno fatto da «cuscinetto» tra Loredana e il mondo esterno. L'intervento degli psicologi dovrebbe cercare di contenere i fattori depressivi che si presentano in Loredana con indice piuttosto alto e che possono essere aggravati dalle terribili sofferenze. La ragazza in passato aveva tentato due volte il suicidio. La sua vita dolente nascondeva un'angòscia che nessuno ha saputo capire, che tutti condannavano. E soltanto ora, che è accaduta la tragedia, i giornali, la televisione, parlano di quartieri come ti Torrione, parlano di queste realtà italiane da «favelas», parlano di ragazze come Loredana e Paola, di disperazio¬ alvaguardare la ci ne profonda che non si può descrivere, soprattutto perché si ha paura a farlo. Ha parlato con lei il suo prfessore di lettere, che ha cercato di confortarla. E'lucida, anche se parla con difficoltà. L'insegnante ha protestato violentemente contro i fotografi che volevano ritrarla dopo che le erano state tolte le bende. Sono slate a trovare. Loredana anche alcune sue compagne di scuola e un gruppo di femministe. Nessun parente, invece (tranne, per brevissimo tempo, ieri mattina, la madre Rina Nimis) è andato in ospedale. Gli psicologi terranno naturalmente conto anche di questo elemento nella loro tertìpia,<• ut Paola Carlini, l'amica scampata alle fiamme, ha trascorso il pomeriggio con Loredana. Lei al borghetto non se l'è sentita di tornare. E' ospite di parenti. Delle altre due persone che continuano a mancare da Torrione, si dovrebbero ai-ere ttà della Laguna notizie nelle prossime ore. Gerardo Melucci e Vincenzo Gizzi, i «vendicatori», restano ufficialmente latitanti. La polizia continua a cercarli scandagliando gli ambienti dei venditori ambulanti, predispone ricerche in tutti i mercatini, che oggi riapriranno. I due vendevano infatti camicie e scarpe alla stazione Termini e a Porta Portesc. Forse però potrebbe non essere più necessario ricercarli. Si sente dire che i due hanno già preso contatto con le famiglie, hanno chiesto consiglio. Qualcuno li ha indirizzati presso un avvocato. Vincenzo Gizzi potrebbe costituirsi già questa mattina, e none improbabile che l'amico decida alla fine di imitarlo. Anche il modo in cui si difenderanno appare scontato: come gli altri abitanti del Torrione, anche i due incendiari diranno che non volevano uccidere, né fare del male. La loro intenzione, ripetono ancora adesso le mogli, era solo quella di far allontanare dal vicolo le due ragazze ed il loro amico. L'esasperazione, poi, ha fatto il resto. Così sostiene, ad esempio, Elisabetta Liguori, la moglie di Vincenzo Gizzi, non escludendo la possibilità che il marito si costituisca questa mattina, attribuendo «alla paura ed alla mancanza di un alibi valido» la decisione di fuggire subito dopo il rogo. Secondo le affermazioni della donna, che dice di credere nell'innocenza del marito, Gizzi si consulterà prima con un avvocato e poi si presenterà in questura. La spiegazione che si petisa verrà data dai due uomini che hanno appiccato l'incendio, quella dell'azione andata oltre alle intenzione, quella delle conseguenze imprevedibili, è già chiaro, torcerà il sostegno di numerose testimonianze. C'è molta gente, al Torrione, che adesso si dice pronta a raccontare al magistrato tutte le malefatte, vere o presunte, di «quelle due», tutti i motivi che possono aver spinto 1 «vendicatori» a quella folle sedizióne punitiva. Dimenticato il rogo, fra i baraccati si è già ricomposta la vecchia, oscura solidarietà. r. s. s. a del Piemont»

Luoghi citati: Nimis, Roma