«Io, donna nera a Roma quel giorno mi nascosi»

«Io, donna nera a Roma quel giorno mi nascosi» «Io, donna nera a Roma quel giorno mi nascosi» Un'insegnante americaROMA — .Mi chiamo Virginia Kay, sono americana e la mia pelle è nera. Da sei anni vivo in Italia, a Roma, dove insegno inglese. I miei sono del New Jersey, ho vissuto a New York, e ho studiato antropologia. • Vivendo in Italia, ho visto un aspetto del razzismo che prima non conoscevo. Un fenomeno difficile da definire, una sorta di coscienza negativa, un'attitudine di chiusura al diverso. E questo atteggiamento fa parte della vostra cultura, anche se non si traduce in comportamenti aggressivi. • Faccio un esempio. Appena giunta .a JHoina, abitavo'in una stanza ammobiliata,, a pensione da una signora dolcissima; era una brava persona, di buona volontà, che come prova di affetto mi diceva sempre: "Perché non vai dal parrucchiere e ti fai lisciare i capelli? Quelli die hai, corti e crespi, sono bruttissimi". Ecco, una cosa così, nessun americano bianco di minima istruzione la direbbe mai anche se la pensa, perdié si tratta di un palese insulto. Il razzismo americano è molto più raffinato di quello che c'è qui, perché avete una storia diversa. • L'odio contro il moro, l'Islam, l'arabo, lo scuro, è nella vostra storia. Il rifiuto dello scuro è un sentimento profondo, ma essenziale nella vostra cultura e nella vostra religione: il bene è bianco e il male nero. Un tale atteggiamento esce fuori inconscia¬ smo di ieri e di oggi na racconta la sua esperiemente, ma c'è, anclie se non si traduce in comportamenti politici e aggressivi, come in America. •Faccio un altro esempio, di come si possu ferire anche con le migliori intenzioni. Ero a cena in trattoria, con un gruppo di amici, e un uomo voleva farmi dei complimenti: "Quanto è bella, anche se è negra". Quella volta sono rimasta a bocca aperta, ma ora ci ho fatto l'abitudine. • Questa forma di razzismo senza malizia cosciente, era nuova per me. Ma il razzismo c'è sempre, anche qui. E' fondamentale nella cultura occidentale, e ormai è nella cultura del mondo. •Il razzismo ha tante facce. Una maschera che spesso nasconde il razzismo è l'esotismo. Qui si dice che gli italiani non siano razzisti con le donne di colore. C'è la splegizlone tradizionale, secondo cui l'uomo costituisce sempre una minaccia, è il simbolo della potenza, mentre la donna non fa paura, è più accettabile. Ma quante volte mi è capitato di essere accolta in case per bene, di gente istruita e progressista, e ho visto i bambini ritrarsi esclamando "ma è negra!", con grande imbarazzo dei getiitori. Anche qui c'è il razzismo, lo si respira. «Paura, per il colore della mia pelle, in Italia non ne ho mai avuta. Ma ricordo un episodio che mi ha particolarmente colpito, quando ci fu l'attentato al Papa, in Piazza San Pietro. Io ero sull'auto¬ tisionlsmo, sviluppatosi fin dai primi anni di vita dello Stato d'Israele. Le campagne antireligiose di Kruscev colpiscono anche gli ebrei osservanti. Tuttavia è con la guerra israelo-araba detta del sei giorni (1967) che il problema ebraico si acutizza in Urss: da una parte la vittoria di Tsahal risveglia e incoraggia stati d'animo e volontà sioniste, che cozzano con le chiusure tradizionali dello Stato sovietico; dall'altra la politica filoaraba del Cremlino radicalizza consistenti settori dell'ebraismo (docenti, intellettualità tecno-scientifica, giuristi, impiegati): nasce, alla fine degli Anni Sessanta, il movimento per il vyezd (esodo) dall'Urss. Questo trova potenti appoggi nella comunità ebraica americana e tra non pochi notabili di Washington. Dagli Anni Settanta a oggi emigrano circa 250-300 mila ebrei sovietici: in modo sempre contrastato (dopo la richiesta del visto per Israele, c'è il licenziamento dal lavoro e un lungo periodo di vita ai limiti della legalità: si vive di aiuti di familiari e amici, di attività private e si rischia l'incriminazione per «parassitismo»; ci sono 1 refuznikj, cioè S'i ebrei cui 11 visto viene negato. Attualmente la nazione ebraica conta, in Urss, più di due milioni e mezzo di persone: è atipica, perché priva di un suo territorio nazionale (tale non può considerarsi il remoto Birobidzhan, dove vivono poche decina di migliala di israeliti: là si stampano giornali in yiddish: lo Shtern e Sowielish Heimìand). Gli ebrei sovietici sono o assimilati o in via di assimilazione. Le organizzazioni ebraiche lamentano la pressante propaganda di Mosca contro 11 sionismo, ormai equiparato al nazismo; le insormontabili difficoltà per la preparazione dei rabbini sovietici; il numero irrisorio di sinagoghe (26 in tutta l'Urss, contro le mille esistenti negli Anni Venti); la proibizione di scuole in ebraico (considerato lingua religiosa e arcaica) e la persecuzione di chi le organizza privatamente. Anche negli accessi agli studi superiori e universitari gli ebrei sono discriminati attraverso ristrette e insuperabili percentuali d'ammissione (dagli Anni 70 il numero degli israeliti diplomati e laureati sarebbe sceso — secondo stime di organizzazioni ebraiche americane — del 40 per cento); inoltre, sono loro precluse le carriere nell'esercito e nella diplomazia. In sostanza, più che di razzismo tradizionale, si deve parlare di atteggiamenti e politiche antisioniste. E' chiaro che, scendendo dall'alto verso 11 basso, l'antisionismo, date le tradizioni, possa colorarsi di antiebraismo. Lo stesso che si può intravedere anche In ambienti della dissidenza di orientamento russo!ilo (secondo la quale gli ebrei sono tra i responsabili della vittoria bolscevica. A questo proposito è istruttiva la lettura di Lenin a Zurigo di Solzhenitsyn). ■ fi enza nel nostro Paese . e bus e la gente ne parlava, quando nel brusio generale si è alzata una voce: "Gli ha sparato uno straniero, un orientale"; "è un africano, uno scuro", ha aggiunto un altro; e improvvisamente tutti hanno preso a guardarmi, e c'era odio nei loro occhi. •Le stesse reazioni le ho poi viste la sera, in televisione, nelle interviste fatte in Piazza San Pietro a quanti avevano assistito all'attentato a Giovanni Paolo II: "Era un sudamericano!", "No, sembrava arvabo!", "Sicuramente straniero, forse africano!". So che in quei giorni gli stranieri di colore evitavano di frequentare i «oliti ritrovi detta Stazione Termini. «Afa sarebbe utile rivedere quelle interviste in tv. In quei cinque minuti, sono esplose le fantasie, gli orrori, i fantasmi generati dalla paura del diverso. E'cosi, che possono nascere i progrom. .Tutto ciò, senza parlare degli esempi più volgari, perché non si può dar retta alla stupidità e all'ignoranza che circolano abbondanti in ogni società. Non puoi sanguinare, per ogni ferita che vorrebbero darti. •Ma voi avete un insegnamento che viene dall'antica Roma: ciò die fa grande un Paese, è il trattare ogni essere umano secondo i suoi meriti. L'Italia moderna, e tutto il mondo, debbono prendere questo esempio». Testimonianza raccolta da Gianni Pennacchi Piero Sinatti

Persone citate: Gianni Pennacchi, Giovanni Paolo Ii, Kruscev, Lenin, Piero Sinatti