Abrate (dc): c'erano tangenti però non mi dissero nulla

Abrate (de): c'erano tangenti però non mi dissero nulla Al processo Teardo l'ex presidente della Provincia Abrate (de): c'erano tangenti però non mi dissero nulla SAVONA — «Che sugli appalti banditi dall'amministrazione provinciale siano state pagate tangenti, non c'è dubbio: ma non ne fui mai messo al corrente». L'affermazione è di Domenico Abrate, de, ex presidente della Provincia di Savona, il cui interrogatorio ha chiuso Ieri la sfilata degli imputati del «caso Teardo» davanti al giudici del tribunale. Nelle prossime udienze (martedì la Corte dovrà sciogliere alcune riserve procedurali) la parola passerà ai 246 testimoni. Abrate. che è stato anche vicepresidente dello Iacp, altro pozzo di tangenti, ha ammesso: «Quando assunsi l'impegno di amministratore dello Iacp mi dissero che ai'rei dovuto lavorare nell'ente più corrotto della provincia». Le due premesse sono state utilizzate dall'uomo politico per respingere le imputazioni di associazione a delinquere di stampo mafioso e concussione e per lanciare una serie di accuse, alcune velate, altre palesi, che potrebbero indurre il pubblico ministero Michele Russo a richiamare gli atti al suo ufficio Abrate, infatti, ha attribuito la responsabilità tecnica degli appalti (prezzi, inviti alle imprese) all'ingegnere capo della Provincia, Dome¬ nico D'Ambrosio, referente di Gianfranco Sangalli, vicepresidente dell'amministrazione provinciale, anche lui in carcere, cui aveva delegato i Lavori Pubblici. Poi, ancora accuse per funzionari dello Iacp e imprenditori che figurano, come «concussi», fra le parti lese. «Un giorno, negli uffici dello Iacp, — ha detto — c'era Lorenzo Torterolo, uno degli imprenditori concussi. Era seduto alla scrivania e due dirigenti, in evidente stato di sudditanza psicologica, restavano in piedi». L'udienza è stata prodiga di novità e colpi di scena. Il pm Russo ha presentato al tribunale quindici nuovi documenti di accusa e la richiesta di sentire un nuovo testimone: Mario Robbiano, consulente di società calcistiche. Robbiano sarebbe stato minacciato da Alberto Teardo e da un paio di complici perché rinunciasse all'acquisto del Savona Calcio. Gli altri documenti riguardano presunti elementi di prova di ulteriori Intimidazioni e legami mafiosi da parte dell'ex presidente della giunta regionale ligure e di Leo Capello. L'accusa ha quantificato in un miliardo e 184 milioni le tangenti pagate dagli imprenditori per gli appalti banditi dall'amministrazione provinciale. Secondo l'istruttoria «almeno 84 milioni sono finiti nelle tasche di Abrate». E' un'accusa che si basa unicamente sugli appunti in codice sequestrati a Leo Capello. «E' l'unico indizio accusatorlo — ha detto Abrate (vicino al suo nome e a quello di altri inquisiti figurano somme di presunte tangenti) — al quale non posso dare risposta né spiegazioni Per il resto l'ex presidente della Provincia ha fornito giustificazioni documentali: soprattutto per i due miliardi e 800 milioni di lire «girati-, in nove anni sui suoi conti bancari. Si tratta, secondo la documentazione presentata al tribunale, dei proventi dell'attività alberghiera dell'imputato e della sua famiglia. Bruno Balbo

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