Parliamo tanto di pugni cercando però di capire

Parliamo tanto di pugni cercando pero di capire Parliamo tanto di pugni cercando pero di capire alla ricchezza; Max Schmeling, alfiere del nazismo. Primo Camera, proclamalo dal fascismo «camerata imbattibile»; e i combattimenti truccati, e la mafia che mette le mani sul pugilato. Sfilano vincitori e vinti in un amaro girotondo che sembra quello della vita; e c'è la crudezza delle immagini che se da un lato esaltano potenza e tecniche, dall'altro — itolti sanguinanti, sguardi inebetiti, martellanti pestaggi e tremendi e talora mortali k.o. — evidenziano la bruta¬ lità di uno sport che mira a fracassare e sfigurare i lineamenti umani. Comunque Facce piene di pugni ha aperto una strada. Ci sono altri sport che meriterebbero una storia meditata senza fanatismi e retorica. Che significato ha avuto il calcio, come si è inserito via via nel quadro politico-sociale dei vari Paesi? E l'automobilismo? E l'atletica? E il ciclismo? Coraggio, la materia è immensa, affascinante, e in più fa grande spettacolo. Ugo Buzzolan tape di cazzotti, ha voluto ogni volta approfondire un'epoca della boxe con i suol miti, i suoi -eroi-, i profittatori, le vittime, e la società e le trasformazioni della società che stavano dietro: Jack Johnson, campione negro di ottant'anni fa, e i suoi contrasti violenti con i razzisti d'America; Jack Dempsey, minatore tra le montagne del Colorado, che conquista il titolo dei massimi nel '19 e diventa il shnbolo dell'americano che si fa da sé e balza a forza di muscoli dalla povertà Con la nona puntata termina stasera su Raidue — per ora — una trasmissione di boxe che anche molti che non amano la boxe hanno seguito, Facce piene di pugni, ideata e condotta da Gianni Mini. Ho detto -per ora- in quanto, visto il successo (consolidatosi nonostante la collocazione balorda, ad ora tarda), la Rai ha commissionato altre cinque puntate che completeranno la storia del pugilato sino ai nostri piomi. Si sa che lo sport è uno dei pilastri della Rai, e da sempre: non ricorderò mai abbastanza che la tv è stata scoperta dagli italiani non tra il 'SS e il '56 con Lascia o raddoppia?, ma prima, nel '54, con le riprese dirette — che allora apparivano sbalorditive — dei campionati del mondo di calcio. E il complesso delle riprese dirette, delle registrazioni e dei notiziari costituisce ancora oggi una delle basi e delle attrazioni forti dei programmi. Quello che mi sembra sia mancato sino ad ora è il 'ragionamento* sullo sport al di là delle eccitate cronache e dei resoconti legati ai risultati immediati (e qui proprio non rientra II processo del lunedi che di regola, invece di far riflettere e far prendere le distanze, contribuisce a scaldare gli animi). Si tratta quindi di -ragionare- sullo sport, cioè di vederlo una volta tanto non attraverso i fumi della passione (o le stizzose condanne di chi lo rifiuta), ma attraverso il filtro dell'analisi e della storicizzazione: cosa che ha cercato di fare, con buona riuscita, la trasmissione di Mina che pure non ha rinunciato agli allettamenti per la platea. Anzi. Le nove puntate hanno offerto continue immagini di incontri, e alcuni filmati che risalivano a inizio secolo erano autentici pezzi da museo del cinema. Però il discor| so non si è limitato a un col- Si chiude provvisoriamente la bella inchiesta di Gianni Mina

Persone citate: Jack Dempsey, Jack Johnson, Max Schmeling, Ugo Buzzolan

Luoghi citati: America, Colorado