Art Déco

Art Déco Art Déco Dobbiamo ora almeno citare alcuni degli oggetti più notevoli in mostra, come la collezione di figurine Tang e i vasi neolitici cinesi esposti da Colombari, il bassorilievo ligneo lombardo del XV secolo (Pozzalo), la colubrina medicea datata 1630 (Bellomonte), i cinque pastelli del Bonfiglioli (Malabrega). il quadro firmato da Matteus de Fidelibus e datato 1491 (La Pauline), la brocca e il bacile d'argento degli orafi torinesi Balbino e Vernoni (1814) esposti da Casartelli, lo stipo per oggetti sacri del Piffetti (Pellegrino). E ancora: gli stupendi tappeti di Battilossi, un papier peint. Le jardin francais. di straordinaria freschezza (Falcheri), la bellissima scrivania da muro Boulle intarsiata in ottone e tartaruga (Camillo e Giuseppe Rossi), la statua lignea di pontefice (Cavour) e quella di S. Antonio Abate (Anna Isola), i dipinti esposti da Zabert, il Ritratto della sorella dipinto da^asorati nel 1907, nelQ stand di Salomon. Ne parliamo da ultimo, ma sono di primaria importanza le esposizioni non mercantili che come sempre completano e coronano la mostra torinese. Una, a cura di Franco Borga e Guido Pron, è dedicata quest'anno ai vetri Art Nouveau e Art Déco. L'altra, certamente la più importante tra le manifestazioni culturali promosse finora a contorno della Fiera torinese, è la mostra a cura di Marco Rosei e Paride Chiapati dedicata al piemontese Octavianus Monfort, pittore secentesco di nature morte. I curatori sono anche gli autori di un ricco volume edito per l'occasione da Allemandi. Le ricerche di Rosei e Chiapati. la mostra e il volume definiscono ormai, pur nella povertà di notizie biografiche, la personalità artistica del pittore, spostandone l'attività, diversamente da come si credeva, agli ultimi decenni del secolo. Erede dei modi e della tecnica (tempera su pergamena) di Giovanna Garzoni, cari alle corti — anche a quella piemontese —, il Monfort ne dà una versione attardata ma non per questo priva di una quieta e rustica poesia. Non abbiamo informazioni sulla clientela del Monfort. ma lo stato in cui si presentano quasi tutte le sue opere ci fa pensare che i suoi quadri, più che alle penembre dei gabinetti ducali, fossero destinati alle stanze più aperte di castelli e dimore campagnoli: l'esposizione alla luce ha trasformato i verdi in gialli, arrugginito i rossi e spento i bianchi, abbassando il quadro a una più grave tonalità bruna e autunnale che forse ne accresce il malinconico fascino. Mario Spagnol