L'ossessione atomica di Aldo Rizzo

L'ossessione atomica STORIA DI SZILARD FISICO E PROFETA L'ossessione atomica Un giorno di settembre del ;9i3, Leo Szilard, trentacinauenne fisico ungherese, passeggiava per le vie di Londra pensando al discorso che Lord Rutherfòrd, eminente scienziato inglese e uno dei padri della scissione dell'atomo, aveva appena pronunciato al congresso annuale della British Association for the Advancement of Science. Rutherfòrd aveva ribadito il suo scetticismo (che lo accompagnò sino alla morte, nel 1937) circa la possibilità di trarre conseguenze pratiche dalla divisione dell'atomo. Szilard era di tutt'altro avviso, ma naturalmente non sapeva come dimostrarlo. A un certo punto si fermò per il semaforo rosso in Southampton Row. Mentre aspettava il verde, all'improvviso gli venne in mente che «se si trovava un elemento che, sasso dai neutroni, ne emettesse due mentre ne assorbe uno, un tale elemento, se accumulato in una massa sufficientemente grande, poteva sostenere una reazione nucleare a catena». Ne vide subito tutte le grandi e tremende implicazioni, si poteva liberare «energia su scala industriale, e costruire bombe atomiche». Quel pensiero non lo abbandonò più, anzi divenne per lui «una sorta di ossessione». Questo ricordo, che permette di ricostruire il momento esatto e le circostanze episodiche di una grande svolta storica (doveva essere il 12 settembre), è in un libro che, mettendo insieme e ordinando note dettate al registratore, interviste, lettere e appunti, costituisce una specie di autobiografia del grande scienziato, morto nel 1964. 11 titolo dell'edizione americana, curata da Spencer R. Weart e Gertrud Weiss Szilard è: Leo Szilard: la sua versione dei fatti. 11 titolo italiano (Editori Riuniti) è un po' retorico: La coscienza si chiama Hiroshima. Ma non è arbitrario, perché proprio su Hiroshima, cioè più. incenerale sull'uso militare dei .frutto della reazione nucleare a catena, Szilard condusse la sua più appassionata battaglia. Ma bisogna intanto dire che tipo d'uomo era Szilard, uno degli esponenti più brillanti, e fra i meno conosciuti, di quel gruppo straordinario di fisici di varia origine, che preparò e realizzò la «rivoluzione atomica». Caratteristica di Szilard era accoppiare una capacità di grandi intuizioni scientifiche con una percezione immediata delle loro possibili conseguenze pratiche e soprattutto politiche. Meno dotato o fortunato fu nella fase essenziale della verifica delle intuizioni: e infatti toccò a Enrico Fermi, in particolare, dimostrare la realizzabilità della reazione a catena, d5Tcelebri esperimenti di via Panisperna, a Roma, alla «pila atomica» di Chicago. E fui poi Oppcnheimer a dare l'impulso decisivo al lavoro di gruppo, da cui nacque la «bomba». Ma fu eccezionale la capacità di Szilard di prevedere gli eventi e lo stesso corso della storia: quasi una qualità divinatoria. Studente di liceo, nella Budapest del 1914, aveva previsto, fra lo sconcerto dei compagni e dei professori, che la grande guerra sarebbe finita con la scomparsa degli Imperi centrali, ma anche, in qualche modo, con la sconfitta della Russia. Trasferitosi a Berlino per studiare fìsica all'istituto di Einstein, intuì la drammatica fine della Repubblica di Weimar. Quando Hitler vinse le elezioni e diventò Cancelliere, preparò due valigie, che non disfece mai. Le impugnò dopo l'incendio del Reichstag e partì per Londra, dove subito predisse, contro gli umori prevalenti, lo scoppio imminente della seconda guerra mondiale. La sua «ossessione», dopo l'intuizione di Southampton Row, era che la Germania nazista arrivasse essa per prima a imbrigliare l'energia nucleare e a fabbricare la bomba. E fu così che, nell'estate del 1939, esattamente nel luglio, poche settimane prima dell'attacco tedesco alla Polonia, nell'America dove si era definitivamente trasferito, come la maggior parte dei grandi fisici europei, andò a trovare Einstein a Long Island. Il 2 agosto, il suo vecchio maestro di Berlino indirizzò al presidente Roosevelt una lettera, che cominciava così: «Si¬ gnor Presidente, recenti lavori di Enrico Fermi e Leo Szilard (...) mi portano a supporre che l'elemento uranio possa nell'immediato futuro trasformarsi in una nuova e importante fonte di energia». Fu l'avvio del «Progetto Manhattan», che sei anni dopo avrebbe portato all'esplosione atomica sperimentale di Alamogordo. * * E, subito dopo, a Hiroshima. E qui, di nuovo, scattò la fantasia ammonitrice di Szilard, questa volta in senso contrario. Nella primavera del 1945, il pericolo nazista era ormai svanito. Anche la sorte del Giappone sembrava segnata. L'«ossessionc» di Szilard era ormai un'altta: che, una volta usata militarmente, la bomba diventasse un'arma «normale», e che si aprisse una corsa tra America e Russia, dalle conseguenze catastrofiche per l'umanità. E, di nuovo, andò da Einstein, questa volta a Princeton, per un'altra lettera, tutta diversa, al Presidente Roosevelt. Ma era troppo tardi: Roosevelt morì prima di poterla leggere. Il nuovo Presidente, Harry Truman, seppe dell'esplosione sperimentale di Alamogordo alla conferenza di Potsdam, che si svolse cinque mesi dopo quella di Yalta. Lì per lì decise di andare avanti con i piani d'invasione del Giappone, che, secondo i calcoli dello Stato Maggiore, avrebbero richiesto non meno di un anno per la vittoria finale, e mezzo milione di caduti americani. Cambiò idea a causa di questi calcoli, dei consigli di Churchill e del parere di una commissione ad hoc, di cui era membro Oppcnheimer. Quanto a Stalin, cui aveva fatto un accenno volutamente vago e casuale sulla nuova arma, egli aveva risposto: «Spero che ne farete un buon uso contro i giapponesi». Quattro anni dopo, anche Stalin aveva la bomba, e si avverava anche quest'altra, decisiva, profezia di Leo Szilard. Cominciava la più grande corsa agli armamenti nella storia dell'uomo. La questione ultima è se, al di là di Hiroshima e poi di Nagasaki, fosse possibile fermare la rivoluzione strategica scaturita dalla reazione a catena, per di più conservandone le potenzialità positive per lo sviluppo industriale. Nel 1946, gli Stati Uniti presentarono all'Onu il «piano Baruch», che prevedeva un sistema d'informazioni reciproche e di controlli sul materiale fissile, sotto un'autorità internazionale; ma l'Urss lo respinse, sostenendo che, prima, gli Stati Uniti avrebbero dovuto impegnarsi a distruggere i loro impianti. C'erano riserve mentali nell'una e nell'altra parte; ma decisiva era, o sembrò, quella di Stalin. Szilard, come anche Einstein, nutriva una generosa utopia, come si dice: quella di un governo mondiale, o di una qualche sua forma, capace di esercitare un effettivo controllo sulla nuova e devastante energia. Ma, proprio a Einstein, i più autorevoli scienziati dcll'Urss risposero, in un articolo collettivo su Novoe Vremja, il 26 novembre 1947, che l'idea di un governo mondiale altro non era che la proiezione di un vecchio sogno capitalistico, quello di mettere sotto controllo non la nuova energia, ma la rivoluzione comunista. Da parte americana, fu Edward Teller a dire a Szilard: «Non sono veramente convinto delle tue obiezioni. Non mi sembra ci sia alcuna possibilità di mettere al bando qualsiasi arma. Se abbiamo un'esile possibilità di sopravvivere, essa sta nella possibilità di liberarci dalle guerre». Teller è d'origine ungherese, come Szilard, è considerato il padre della bomba H e, ora, delle «guerre stellari». Aldo Rizzo