Trapani, gli imputati minori negano la frode organizzata di Giuseppe Zaccaria

Trapani, gli imputati minori negano la frode organizzata Cominciati gli interrogatori, dopo l'arresto degli imprenditori Trapani, gli imputati minori negano la frode organizzata Ammettono di aver falsificato le fatture - «Solo contatti episodici con i dipendenti dei gruppi Rendo e Costanzo» DAL NOSTRO INVIATO TRAPANI — Fatture false? Si, fino all'81 ce n'erano state, e a firmarle erano in molti in cambio del 14 per cento dell'importo. A volte la percentuale oscillava, e in genere verso il basso: la concorrenza, si sa, è agguerrita e nel Trapanese — soprattutto una volta esauriti 1 grandi lavori come il carcere, le piste militari, l'aeroporto civile di Birgi — molti erano pronti a certificare lavori mai avvenuti. Ma esisteva una vera e propria organizzazione? Vito Barbera, 52 anni, piccolo trasportatore di Paceco, ieri mattina nel carcere di Trapani a questa domanda ha allargato le braccia: «Organizzazione? Non ne so nulla: da me è venuto qualche volta un impiegato che arrivava da Catania. Io gli firmavo le fatture per il trasporto di materiali e lui mi faceva gli assegni...-. La prima giornata di interrogatori dell'inchiesta che ha portato in carcere i più noti imprenditori della Sicilia sembra essersi svolta tutta su questo tenore. Dopo la retata sono cominciate le verifiche: e ieri iniziando dai «pesci piccoli», Carlo Palermo ed il suo collega Salvatore Barresi si sono trovati di fronte ad una serie poco consolante di ammissioni. Nel carcere di Trapani, col mafioso Francesco Pace, si trova tutta quella serie di •padroncini» e di piccoli imprenditori che secondo la Guardia di finanza faceva da base al traffico di fatture fal¬ se gestito dai «cavalieri del lavoro». Ieri oltre a Vito Barbera sono stati sentiti Agostino Ottoveggio, 53 anni, e Girolamo Mannina, di 37. Tutti, sembra di capire, ammettono di aver frodato il fisco tra il 77 e l'81, ma fin qui hanno poco da perdere. Anche loro, con l'eccezione di pochi sprovveduti, avevano usufruito due anni e mezzo fa del condono fiscale, e su questo plano non corrono rischi. Ma il gruppo, l'organizzazione, quella «associazione per delinquere» che secondo i giudici organizzava il traffico, esisteva davvero? Su questo punto per ora c'è solo il silenzio. Nessuno ammette, né avrebbe interesse a farlo, l'esistenza di una struttura finalizzata alla frode. Al contrario, i primi tre interrogati parlano di contatti epi¬ sodici, accordi stretti volta per volta con questo o quel dipendente dei gruppi Rendo, Costanzo, Gracl. Ancora oggi fra Trapani e Marsala si proseguirà con gli interrogatori dei trasportatori e soprattutto di quel Francesco Pace, ufficialmente mafioso dall'83, che rappresenta il perno dell'intera vicenda. Poi si proseguirà a Termini Imerese coi funzionari arrestati: infine, dopodomani, nel carcere palermitano dell'Ucciardone. il primo incontro dei giudici con Mario Rendo, suo fratello Ugo ed il figlio di Carmelo Costanzo. Per quella data è anche probabile clic all'appello risponderà un altro, noto costruttore catanese, Giovanni Parasiliti, finora .irreperibile» ma a quanto semora pronto a costituirsi nelle prossime ore. Sarà un appuntamento delicato. I difensori di Giuseppe Costanzo e dei suoi collaboratori finiti in carcere hanno preannunciato un ricorso al Tribunale della libertà. Il collegio di difesa di Rendo si è riunito ieri pomeriggio a Catania: gli avvocati non hanno ancora potuto incontrare i «cavalieri», ma la linea di difesa sembra già definita. Dall'ordine di cattura, si ricava che qualcuno dei trasportatori ha ammesso l'esistenza del traffico. Ma provate — diranno 1 «cavalieri» ai giudici — a condurre in porto un lavoro che richiede l'impiego di alcune centinaia di camion. Neppure i controlli previsti dalla legge RognoniLa Torre sono riusciti a sconfiggere in Sicilia il dominio di pochi gruppi sull'arcipelago dei piccoli trasportatori, i cosiddetti «padroncini». Di tutti quel proprietari di camion che assicurano alle imprese il «movimento terra», cioè il trasporto dei detriti, assieme con la fornitura dei materiali. A Trapani, nel 77 — insistono i difensori di Rendo — c'era un certo Francesco Pace che era in grado di • rappresentare», o comunque di gestire, l'accordo coi «padroncini». La logica imprenditoriale sarà spesso dura: ma in quel momento, perché non rivolgersi a una persona che senza risultare collegata alla mafia offriva garanzie di buon lavoro? Nessuna «organizzazione per delinquere», affermano dunque gli avvocati. Quanto alle fatture false («Molto inferiori per numero di importo a quanto si è scritto...-) non ce discorso: lo Stato non può offrire la sanatoria con una mano per poi colpire con l'altra chi ne ha approfittato. Problema, evidentemente, che non riguarda solo gli imprenditori siciliani Ma anche in Sicilia, sulle stesse questioni, sembrano emergere sostanziali diversità di vedute. A Catania, mentre continuano le dimostrazioni di solidarietà dei dipendenti del gruppo Rendo, solo adesso si scopre essere in corso un'inchiesta che contiene accuse identiche a quelle di Trapani, riferite però a fatture rilasciate nell'Agrigentino. Giuseppe Zaccaria