Baires, Norimberga mancata?

Baires, Norimberga mancata? Dietro al processo contro i militari per la morte di oltre 15 mila desaparecidos un fantasma inquietante: l'amnistia Baires, Norimberga mancata? La democrazia argentina ha troppi guai per potersi permettere «uno show antimilitarista» (come dicono i generali) - Si giustificano i massacri con la «sporca guerra» al terrorismo - Il decreto di Alfonsin che limitava le responsabilità a nove altissimi ufficiali pare un tradimento verso le «Madri» - Solamente l'Aeronautica appoggia senza riserve il «nuovo corso» DI RITORNO DA BUENOS AIRES — In questi anni lunghi di attesa, mentre migliaia di corpi «sparivano» nelle fosse anonime della morte collettiva, s'era sempre pensato che il processo ai militari, tornata finalmente la democrazia, sarebbe stato un'altra Norimberga. Non era desiderio di vendetta, si diceva, ma quei crimini erano una ferita troppo grande per la coscienza di un popolo: un processo, un dibattimento qualsiasi, sarebbe stato insufficiente, soltanto un giudizio che urlasse l'indignazione dell'umanità avrebbe potuto pagare 11 debito assunto verso un'intera generazione di morti. Che sono stati quindicimila forse, o forse trentamila, nessuno lo saprà mai. Al processo si è arrivati, è cominciato ieri nella grande Sala de Audiencias. Ma ora nessuno crede che sarà un'altra Norimberga. La democrazia argentina ha troppi guai e troppe serie paure per po- tersi permettere ancora «uno show antUnilitarista», come l'hanno chiamato con disprezzo i generali. Ha detto il pm Julio Cesar Strassera: «A Norimberga erano sotto processo non tanto i capi militari di un regime, quanto anche le istituzioni di un Paese. Qui si giudicano soltanto degli uomini». Nel rapporto pubblicato dalla Comisión Sàbato si accusavano le forze armate argentine «perché dal 26 marzo '76 i militari si servirono del potere assoluto e dell'impunità dello Stato per sequestrare, torturare e assassinare migliaia di esseri umani». Il rapporto ha perfino paura di dire quante in concreto furono, queste migliaia; il processo appena cominciato riduce una montagna di cadaveri senza nomi a soli 711 «casos tipicos». Che è un termine che non necessita di traduzione, e dice soltanto che si è preferito scegliere episodi ben conosciuti, dove l'istruttoria ha potuto essere completa ed esauriente tanto per l'accusa che per la difesa. Arrivarci non è stato nemmeno facile. Le forze armate hanno sempre respinto ogni ipotesi d'imputazione per «l'attività militare di repressione del terrorismo». Tutti, anche quelli che l'hanno fatta, la chiamano ancora la •guerra sporca», e intendono dire che era comunque l'unica uscita che lo Stato aveva per estirpare la mala pianta del terrorismo. In guerra non si stanno a contare le garanzie del diritto, e dunque non vi sono casi di violazione del codice: quanto agli ordini, si sa che vanno ubbiditi senza discutere: tanto più quegli ordini, che furono dati perché era in gioco la sicurezza nazionale. Con il decreto presidenziale numero 158 del 13 dicembre '83, cioè poco più di un mese dopo l'insediamento. AI- fonsln tentò di trovare una soluzione che non rompesse con la linea difensiva dei militari ma tenesse conto anche delle pressioni che gli arrivavano dai gruppi garantisti e dalle Madri di Piazza di Maggio. Con quel decreto si disponeva l'apertura di un processo contro i nove ex comandanti Videla. Viola e Galtieri dell'esercito, Massera, Lambruschini e Anaya della marina, Agosti. Graffigna e Lami Dozo dell'aeronautica: e contemporaneamente si disponeva la riforma del codice di giustizia militare. La riforma disegnava tre livelli di responsabilità: il primo livello, di coloro che diedero gli ordini; il secondo, di quanti hanno eseguito quegli ordini con sadismo e perver¬ sione; e infine il livello di coloro che si sono limitati a eseguire gli ordini ricevuti. Hebe Bonafinl, portavoce delle Madri, accusò Alfonsin di aver promosso «un'amnistia clandestina» ; il presidente, in realtà, sperava di trarre dalla sua parte le forze armate, convincendole a giudicare i nove Imputati mandando implicitamente assolti lutti gli altri, in base al principio della «obbedienza dovuta». Ma i militari rifiutarono d'isolare i loro vecchi comandanti, al quali anzi diedero ogni solidarietà. Il loro Consiglio Supremo sostenne che nessun militare avrebbe giudicato mal nessun militare, perché «oli ordini della guerra antisovversiva erano stati indiscutibili». E a rafforzare questa decisione, in blocco annunciarono di dimettersi dal loro prestigioso incarico. Ci ha detto Perez Esquivel, premio Nobel per la pace: «Fin dal suo primo giorno il governo ha commesso l'errore di negoziare la subordinazione delle forze armate. In democrazia, questo è un errore che si sconta sempre». Ci vollero 84 giorni, ad Alfonsin e al suo ministro della Difesa Borràs, per trovare i generali giusti da nominare nel nuovo Consiglio Superiore. Ma è stata una consolazione di breve tempo, perché questi nuovi giudici castrensi hanno ribadito anch'essi che «nessun militare giudicherà nessun militare»; in aggiunta, due mesi fa hanno mandato libero e reintegrato nel suo incarico il capitano di vascello Astlz, considerato uno dei più famigerati torturatori della «guerra sporca», imputato della desaparición di due monache francesi e d'una ragazza svedese. In tutto il gran gioco di sciabole indignate, di decreti politici e di nomine promettenti, quello che resta soffocato dal polverone dei rumori è il problema delicato dell'amnistia. Il governo continua a sostenere che «non sarà mai concessa», ma il ministro della Difesa ora la trasporta sotto un'altra angolazione: l'impossibilità a continuare nella logica della vendetta e della persecuzione, e allora «bisogna alla fine chiudere le ferite rimaste aperte». La Chiesa, sullo sfondo, si prepara a chiedere il perdono dei condannati per il prossimo Natale. I tempi in cui si credeva a un'altra Norimberga sono davvero lontani, e le Madri ora parlano di tradimento della coscienza popolare. Le grandi manovre tattiche che hanno accompagnato questi ultimi giorni prima del processo mostrano già su quale linea si muoveranno gli alti gradi delle forze armate: non solo Videla. che è uno dei nove imputati mandali al sacrificio, ma anche i due ultimi ex capi di stato maggiore Fernandez Torres e Pianta, e lo stesso capo di stato maggiore dell'esercito tuttora in servizio, Rios Erenù, hanno fatto dichiarazioni di secco contenuto politico. Dove da una parte si richiama al 'dovere del perdono anche se non della dimenticanza», e dall'altra si denuncia una «pericolosa ripresa della sovversione». E' una linea che pensa all'amnistia come soluzione politica secondarla, mentre rivendica quale obiettivo principale 11 coinvolgimento del Paese in una difesa delle istituzioni, «nuovamente minacciate.-. Il clima tende a intorbidirsi, da ogni parte muovono pressioni per fare del processo ccomlnclato ieri l'occasione d'un recupero del ruolo militare. Il generale Victor Pino, comandante del II corpo dell'esercito, saluta i suoi uomini rivendicando la lotta antisovversiva come «una guerra inevitabile e legittima, l'oluta e sostenuta dalla Nazione intera. E' possibile che non abbia torto, ma certamente la guerra antisovversiva non poteva consentire mai le torture, la violenza indiscriminata, gli assassini impuniti. Sballottato in questo gran carosello di generali e d'ufficiali subalterni, Alfonsin ha trovalo un'alleanza provvidenziale nell'aeronautica militare, che gli ha offerto la fedeltà dei suol uomtnLe dei s.uol caccia nella disputa con l'esercilo e con la marina. Gli aviatori sono stati i soli a uscire con onore dalla triste guerra delle Malvinas, e ora vogliono capitalizzare questo loro successo rivendicando un ruolo centrale nella riorganizzazione delle forze armate Già il loro brigadier generale Waldner è diventato capo di stato maggiore congiunto, massima carica militare e finora posto riservato esclusivamente a un uomo dell'esercito. Ora, con la nomina del brigadier Cresi» a capo delle forze aeree, va accentuandosi una prospettiva di politica militare più dinamica, che vede negli obiettivi dell'arma aeronautica lo strumento tattico d'appoggio per le aspirazioni di leadership latinoamericana che Alfonsin va rivendicando per il suo Paese. In quest'ottica continentale, il processo ai nove generali dittatori perde spessore e ruolo. Mimmo Candito Ruenos Aires. Settembre '83: le Madri di Pia/:» de Maio marciano sulla Casa Rosada per avere notizie sulla sorte dei loro cari. In primo piano uno striscione ricorda che tra i desaparecidos vi sono centinaia di bambini. Il processo aperto ieri riuscirà a fare giustizia?

Luoghi citati: Buenos Aires, Norimberga