Washington gela subito il Fmi Dollaro: «Non è colpa nostra »

Washington gela subito il Fmi Dollaro: «Non è colpa nostra » Gli Stati Uniti sono rigidi su riforma monetaria e commerci internazionali Washington gela subito il Fmi Dollaro: «Non è colpa nostra » 1/Europa divisa al summit del Fondo con la Germania vicina alle tesi reaganiane - Goria richiama gli Stati Uniti alle responsabilità del dollaro DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON — No ad una seconda Bretton Woods, e no al parallelismo tra la riforma monetaria e quella dei commerci. Gli Stati Uniti rimangono persuasi che la stabilizzazione dei mercati dei cambi dipenda innanzitutto dal coordinamento delle politiche economiche del Paesi industrializzati. Per riforma monetaria intendono quindi soltanto un regime di «sincronizzazione» delle strategie fiscali, di bilancio, degli investimenti e via di seguito del governi occidentali, sotto un intensificato controllo del Fondo monetario. Escludono invece l'adozione di fasce di oscillazione dei cambi sull'esempio dello Sme, come vorrebbe una parte dell'Europa, o peggio il ripristino delle parità fisse (in verità non richiesto da nessuno). La superpotenza è altresì convinta che la riforma dei commerci — la loro ulteriore liberalizzazione tramite un Reagan-round — deve procedere per conto proprio. Anzi, più presto essa verrà realizzata, maggiore sarà il contributo che potrà dare oltre che alla stabilizzazione del mercati anche alla riduzione dell'indcbltamento estero dei Paesi terzi. E' toccato al nuovo sottosegretario Mulford annunciarle pubblicamente, al termine della riunione riservata delle cinque grandi — America, Giappone, Germania, Inghilterra e Francia, quest'ultima in vana opposizione —, di fatto il direttorio della finanza internazionale. Si è trattato di una specie di colpo dì mano, che ha stroncato le speranze sorte dopo l'apertura compiuta dal braccio destro del presidente Reagan Baker, la scorsa settimana a Parigi, e che ha messo l'Europa sulla difensiva. Le ragioni che hanno indotto la superpotenza a scoprire (subito le sue carte, le ha esposte con chiarezza Mul ford. Sulla nostra posizione sono sorti alcuni equivoci, ha lasciato intendere il sottosegretario al Tesoro Usa, e si sono formate pericolose illusioni nel Terzo Mondo. A nostro parere, ha continuato Mulford, i problemi derivano dal fatto che sinora solo gli Stati Uniti hanno fatto da locomotiva alla ripresa economica mondiale, importando prodotti stranieri e addossandosi altresì il peso di un enorme deficit del commerci. Adesso tocca al Giappone e all'Europa correggere i propri squilibri! strutturali, adottare stimoli e incentivi per la produzione, aprire i mercati agli altri, insomma assumere il ruolo della loco¬ motiva. Di fronte all'aut-aut americano, la Cee ha affidato al nostro ministro del Tesoro Goria, presidente di turno del suo Consiglio, il compito di rispondere, puntualizzando la posizione della maggioranza dell'Europa (la Germania, per citare un caso macroscopico, è allineata alla superpotenza). Goria, che ha parlato in francese nel maestoso salone del Palazzo del Fondo, dove le delegazioni si erano raccolte intorno al grande tavolo ovale, lo ha fatto con energia e abilità, ribattendo punto per punto la tesi Usa. Il ministro ha incominciato con l'os- servare che senza dubbio «( Paesi europei devono garantirsi una ripresa autoindotta e durevole-. Ma ha subito aggiunto che esiste un grave limite alle loro possibilità di' azione: il pericolo della recrudescenza inflazionistica. Il discorso del ministro del Tesoro è stato un fermo richiamo agli Stati Uniti alle loro responsabilità iniziali. -Il rialzo del dollaro- ha detto Goria «é stato un importante /attore di squilibrio nei pagamenti internazionali, e l'ampiezza del deficit del bilancio americano e quella del disavanzo commerciale sono tali da suscitare gravi dubbi sule prospettive mondiali-. L'iniziativa, ha proseguito con fermezza il ministro, tocca alla superpotenza: è essa che deve risanare la propria posizione, e -sarebbe utile se un evento del genere fosse accompagnato da interventi stabilizzatori sui mercati del cambi-. -Una migliore convergenza delle politiche economiche- ha concluso «sarebbe Inutile se non fosse sorrettala misure destinate alla dìfeia di rapporti ragionevoli tra tè monete-. e. c. Nel pianeta del debito (America Latina, ammontare del debito estero, miliardi di dollari) 1 Argentina Bolivia Brasile Fonte: Mondo Economico Cile Colombia Ecuador Messico Uruguay Venezuela (•) Stime

Persone citate: Goria, Mondo Economico, Mulford, Reagan Baker, Woods