Così parlò Hitler, tiranno in marsina

Così parlò Hitler, tiranno in marsina Al festival di Parma, lo spettacolo del tedesco Hermann Van Harten Così parlò Hitler, tiranno in marsina Presentato anche un «Prometeo incatenato» di inconsueta freschezza diretto dal giovane regista marsigliese Pesenti DAL NOSTRO INVIATO PARMA — Hermann van Harten è stato uno del membri della Schaubuhne di Berlino Est, che si conferma la migliore fucina di talenti alternativi delle due Germanie. Nove anni fa ha fondato, in un appartamento al quarto plano della Lelbnizstrasse, a Berlino Ovest, la Preie Theateranstalt. Da allora ha Inanellato spettacoli scomodi, talvolta esplosivi, sempre da discutere. Qui a Parma ha portato Non sono stato lo, è stato Adolfo Hitler!, uno spettacolop-pamphlet sulle colpe atroci del fautori del nazismo, 11 cui testo 6 stato messo Insieme attraverso un collage di citazioni di Hitler, Goebbels, Mengele e Hans Frank, 11 celebre giurista che sterminò la Polonia. La finzione, che vede tra 1 protagonisti un Hitler In marsina, lo stesso Frank, Eva Braun, è ambientata in una fabbrica abbandonata: c'è un binarlo morto che sfocia In una parete grigiastra, c'è un vero e proprio vagoncino che va e viene, trainato a braccia, sotto cui viene giustiziato Frank, su cui si suicidano Hitler e Eva, grazie a cui le «donne delle rovine» ricostruiscono, a spezzoni di macerie, la Berlino del dopoguerra. Il vagone, nel loro appartamento-teatro, se lo sono tirato su loro, gli attori, con un rudimentale argano: ed an¬ che questo spettacolo trasuda, quasi esibisce la fatica del vivere recitando. Due sequenze molto belle: la prima, un tableau vivant, con Hitler in frac che legge versi di Holderlin In stile estetizzante, una donna-Germania rattrappita su un tronco divelto,, e due giocatori di calcio, delle due Germanie, che fissano, immobili come statue di cera, il rispettivo pallone; e l'ultima, In cui Hitler tiene In braccio un cucciolo di razza pregiata e sbraita un decalogo di principi dell'educazione1 dell'uomo «puro»: ed ecco che dalle portiere della fabbrica sbucano fuori, compostissimi, di solenne eleganza, quattordici cani di razza purissima, quattro Tuareg del Sahel, tre Salukl del Kurdistan, tre Siberian Husky, quattro Barsoi russi: e ne stanno queti ad aspettare che la tirata di quel demente in marsina abbia fine. Con 11 giovane regista marsigliese Pesenti e la sua compagnia del Polnt Aveugle siamo entrati invece nelle buie latebre del mito grazie ad un Prometeo incatenato di inconsueta freschezza. Pesenti, con un procedimento un po' Anni Sessanta, a meta Livlng, a metà Eugenio Barba, ti introduce in fila, dopo la consueta attesa preparatoria, in un bunker basso e stretto, rettangolare, sotto la coltre di un nebbione fittissimo, in cui appena intravedi le sagome delle co- reute con una lanterna in mano, nel clamore assordante di una musica ancestrale. Poi la nebbia dirada, e quel che segue, dopo questa citazione-ossequio al maestri d'un passato già remoto, rivela In Pesenti un uomo di teatro di indubbia genialità. Sotto uno spintone s'apre la porta metallica di fondo e irrompono due sgherri, In stivaloni e maschere sul volto da poliziotti antiterrorismo, che, Imprecando e prendendolo a calci, scaricano al suolo Prometeo lacero, calpesto, ferito. Nudo, d'una scultorea bellezza da vittima sacrificale, Prometeo urla 11 suo odio per Giove, che se n'è servito e lo ha tradito. Oceano sopravviene furtivo In un suo nero tabarro: a bassa voce, come un untuoso consigliere di Stato, tenta una rappacificazione Impossibile. Da cinque esili panchette, che percorrono dondolandosi e gemendo o abbandonandosi a vere e pro¬ prie possessioni, le coreute interrogano Prometeo, lo accusano d'orgoglio per aver donato 11 fuoco agli uomini, alzano lacerante il trenos, 11 lamento sull'uomo perseguitato dagli dei ingiusti. Come una falena impazzita sotto vetro, Irrompe, buttata in quel bunker da un'altra ferrigna porticina, Io, la giovenca di Giove, morsa di continuo dal tafano di lui. Tra le macerie in cui si rotola (l'attore, Hervé Perard, è alla fine tutto contuso davvero). Prometeo le profetizza il suo atroce destino di errabondaperseguitata: ed è una confessione-atto d'amore, che ha qualcosa della solidarietà, propriamente sessuale, tra umiliati e offesi. Tirato a lustro, imbrillantinato, nella sua divisa da ufficiale aguzzino, Hermes è giunto intanto a porgere le condizioni di suo padre per la resa del prigioniero. Una coreuta, per la disperazione, s'impicca ad una finestrella: le altre vengono uccise a rivoltellate da Hermes: si spalanca una porta ed Io rotola •giù annientata, prim'ancora di avviarsi al suo viaggio di purificazione. Un argano cala dall'alto, squarcia il soffitto del bunker, Hermes vi appende Prometeo a gambe Ih giù, come carne da macello. Di nuovo nebbia, sibili d'un vento cosmico, gorgoglìi d'acqua da qualche polla sotterranea, buio. Guido Davico Bonino

Luoghi citati: Berlino, Berlino Est, Berlino Ovest, Kurdistan, Parma, Polonia, Sahel