Cambia Milano con i suoi padroni di Lietta Tornabuoni

Cambia Milano con i suoi padroni INCHIESTA SUI NUOVI POTERI NELLE METROPOLI DEL TRIANGOLO INDUSTRIALE Cambia Milano con i suoi padroni Contano dì più l'alia finanza, gli impiegati, la moda, la Curia, la pubblicità, le televisioni - Contano meno gli industriali, gli operai, l'AssoIombarda, il sindacato, l'editoria - Contano poco i partiti, il sindaco conta come sempre - Superlusso - Grande instabilità - Dopo anni di crisi e di paura, contraddizioni, vitalità, caos nella città post-industriale e pre-elettorale - Dice Tognoli: «Milano è rinata, può diventare la capitale elettronica» DAL NOSTRO INVIATO' MILANO — Un simbolo? Alla Campionaria, «la Fiera del possibile» come la chiama il suo presidente Bosclli, trionfano l'Informatica e la Telematica; 11 accanto le ruspe hanno spianato un parcheggio per ottomila automobili dove c'erano un tempo i capannoni del vecchio Portello, il primo stabilimento dell'Alfa Romeo. Il Comune inaugura un gran computer di informazioni cittadine; al Palazzo di Giustizia si va avanti con le schede di cartone e i registri come nell'Ottocento, alla Procura c'è una sola memoria elettronica in funzione. All'Università Statale gli studenti di Informatica da mille sono diventati più di diecimila; «Non c'è spazio, è un dramma, siamo costretti a tenere lezione nei cinema», dice il rettore Paolo Mantcgazza, e i cinema sono per esempio il Ciak, il Pasquirolo, l'Arti. Nel centro il lusso e strepitoso, anche i negozi di cucine paiono gallerie d'arte; a fianco della Prefettura sta la Casa del popolo somalo, nel quartiere africano tra Porla Venezia e Porta Vittoria i ristoranti sono cinesi e gli sguatteri dei ristoranti cinesi sono arabi, serate culturali presentano libri nuovi come il dizionario italo-tigrino. Negli uffici pubblici sono disseminati portacenere di ceramica bianca col garofano rosso socialista; nel 1984 si sono aperte diecimila nuove aziende piccolo-medie, e scimila se ne sono chiuse. Computers E' il post-industriale a Milano, capitale della finanza e del cambiamento, capitale della Imróti'aaia privata come Roma lo è di "quella pubblica. Nel paesaggio pre-elctto?a1ef quasi dicci anni dopo la conquista dell'amministrazione delle grandi città italiane da parte della sinistra soprattutto comunista, com'è cambiata la mappa del potere, dei poteri milanesi? Chi conta di più e chi conta meno? Contano meno gli operai, l'elite economico-industriale, l'AssoIombarda, il sindacato, l'editoria. Contano di più la finanza, il terziario, la moda, la Curia, i professionisti vecchi c nuovi, la pubblicità, la televisione privata. La politica, i parliti, contano poco. 11 sindaco conta come sempre. Nel programma elettorale del sindaco Carlo Tognoli, punti essenziali sono l'assistenza agli anziani e il riutilizzo delle arce industriali ormai in abbandono. «Milano è-aduso una città di vecchi e di impiegati, di 'dònne' e 'di computers», dice il direttore dei Servizi statistici e informatici comunali, dottor Donato Buzzi. «In dodici anni ha perduto 210 mila abitanti, ora sono un milione 604 mila. Un milanese su sei ha più di 65 anni: ci sono più morti che nati, la cittadinanza è invecchiata e si sono moltiplicate le persone che vivono sole, il problema attuale è come trasferire le risorse dai bambini agli anziani. Dopo i 45 anni, ci sono 113 donne su cento uomini, e sette vedove contro un vedovo'). ■ C'è il 35 per cento di tutti i computers installati in Italia e il 25 per cento del fatturato nazionale della pubblicità: «CU operai erano la maggioranza della popolazione attiva, il 54 per cento. Adesso sono un terzo, il 33 per cento. Gli impiegati erano poco più di Un. fera» Adesso sono quasi la metà, il 45 per tinto. È le banèhe- "sono 422. Milano resta una città di finanza, di scambio, di servizi; non una città industriale». Il discorso sarebbe diverso considerando oltre la città l'arca milanese, la cui geografia si può oggi disegnare cosi: al Nord stanno le fabbriche dell'industria storica ormai obsoleta; al centro, la finanza e il commercio; al Sud, dove un tempo era campagna, sta il caos contemporaneo vitale, dinamico, proliferante e sconosciuto, le migliaia di fabbrichette, capannoni improvvisati, attività precarie, produzioni piccole e nuove. Un'elite E chi ha potere su questa ricchezza del disordine? «Cresce l'influenza del ceto profes"sìonale 'clàssico: le professioni liberali si sono intemazipnaliz-, zdtc, ' ìiànno " formato studiazienda, hanno saputo adeguarsi benissimo all'evoluzione del sistema produttivo. Cresce l'importanza dei nuovi professionisti della consulenza economico-finanziaria, della comunicazione,del tempo libero, dei senizi alla persona: avranno sempre maggior potere, stanno diventando quasi un fenomeno di massa>>, dice il professor Alberto Martinelli, docente di Sociologia all'università Statale, cattedratico di Sociologia economica alla Bocconi. «Cresce anche la corruzione, si capisce. Milano aveva una tradizione di proba amministrazione, adesso torte e tangenti portano alcuni in galera come in tutta Italia: ma se si pensa all'entità delle risorse in gioco, la corruzione è minore di quanto potrebbe essere. Si infittiscono glt'scandàli finanziari, e continuerà così: là Bórsa è picco/a, hzihiri dapcamfyarè*'ce ne sono poche, basta un avventuriero con mezzi limitati a buttare tutto per aria. Ma il maggiore cambiamento è avvenuto all'interno dell'elite economico-finanziaria. C'è stato un terremoto, in vent'anni lutto è mutato; mentre l'industria tradizionale, che non crea più occupazione, continua ad avere peso nella formazione del prodotto nazionale'/. Forse il dramma, o il bello, o il pregio democratico di Milano è che non ci sono più padroni, dice l'analista e giornalista economico Giuseppe Turani: «Bassetti ha venduto. Pirelli decentra, è oggi un'industria magnificamente risanata, ma il fiato che ha davanti è quello che è. L'Alfa Romeo è una specie di agonizzante che ci poniamo dietro, anche quest'anno è andata sotto tlf^énto miliardi. Al gruppo Bòtiotoi ri vorranno anni per finire di riassestarsi. L'Italie/ è un'industria pubblica importante e utile, ma le sue cose vengono decise a Roma, non a Milano. Cabassi pareva uno che dovesse comprare lutto: adesso rientra nei suoi limiti. La Montedison con Schimberni si è ripiegata sui suoi conti. Calvi, Cultrcra, Baguasco: morti, scomparsi, o in attesa di giudizio. Berlusconi c'è, Berlusconi fa, ma fattura solo mille miliardi e il miglior gioco iti città è chiedersi: ce la fa, non ce la fa? Risposta impossibile, non se ne sa niente, non ci sono i comi: Berlusconi avrà trecento società, ciascuna presenta i suoi comi, ma un conio consolidato non c'è ancora. L'Ibm ha un fatturato immenso, un impiegalo dell'lhm sta nella modernità più di un neodottore della Bocconi: ma non è italiana. i> banche'.' L'Ambrosiano è una nave che ha fatto naufragio, e che bravi funzionari cercano di mirare su. Ixi Commerciale, il Credilo Italiano sono banche pubbliche, istituzioni solide come la Scala, ma non coltivano progetti al di fuori del loro lavoro: negli Anni Cinquanta Mattioli inventava industriali come Malici o Borghi, adesso non sono più i tempi. Questo è il capitalismo che si vede: e non c'è nessuno che abbia voglia di mandare Milano da una parte o dall'altra. L'unico che fa progetti è il sindaco». Il sindaco Tognoli progetta di governare il terziario avanzato: «Milano ha avuto un periodo di depressione negli Anni Settanta, quando il centro del potere economico s'era trasferito a Roma; ha avuto vera crisi con una contestazione mollo violenta, con le paure del terrorismo e dei sequestri che avevano trasformato certe case in fortezze blindale, cene famiglie in selvaggina braccata, lira una metropoli cupa. Oggi è in nella ripresa. Sta diventando una città "cablala", ossia attraversata dagli infiniti veicoli delle nuove tecnologie dell'informazione e comunicazione; può diventare la prima Vidcocitlà italiana. Milano è rinata, lo avverti persino passeggiando il sabato e la domenica di primavera, vedendole folle che girano' per le strade belle. Ci vengono da lon tana, perché al centro vivono adesso appena trentamila persone». Al centro invaso dalle banche, deserto la sera come Wall Strecl, i palazzi storici, oppure quelli che erano dei Rizzoli c dei Riva, son diventati le sedi elegantissime delle grandi firme di quella moda che rappresenta la nostra seconda voce d'csporlazionc all'estero. Mariuccia Mandclli di Krizia sia nel palazzetto Mclzi d'Eni meravigliosamente ridiscgnato all'interno nei suoi colori, bianco e nero. Dice che il successo della moda ha cambiato l'aria di Milano: «Quando ti arrivano qui ottanta Ira le ragazze più belle, più seducenti, più famose del mondo... L poi acquirenti, fotografi, giornalisti di tulli i Paesi, e poi i giapponesi o gli americani che adesso per fare lo shopping vengono a Milano come prima andavano a Parigi... Tassisti pazzi di gioia, i milanesi che hanno ripreso il gusto di vestirsi bene, eleganza, gusto, gente che viaggia continuamente da un continente all'altro, negozi. Vestiti, vestili, lo mi domando sempre: ma chi se lo mei lerci, quest'esèrcito di vestiti?». A Brera La nuova aria di Milano può sembrare persino pulita: «Sarà la primavera, ma mi pare che lo smog non ci sia più, come quando io ero ragazzo., dice Tino C'arraro, il più milanese degli attori. Dice Dino Risi, il regista più milanese: «Come sempre, qui si parla sempre di soldi, ma i discorsi sono cambiali: Vedi quello? Due anni fa faceva il fattorino, oggi guadagna dieci milioni al mese; Vedi quell'altro? Ventisei anni, tre lingue, due anni di studi all'estero, neppure aveva preso la laurea che già se lo prendeva una banca tedesca a quattro milioni al mese. Ti ripetono leggende che in passato sentivi raccontare a New York: e magari le leggende sono vere». Il rettore della Bocconi, Luigi Guatri, dice con orgoglio: <Siamo forse l'unica università che abbia la certezza di non produrre disoccupati»; i giovani milanesi disoccupati in cerca di primo impiego sono quarantamila e cenerose non succedono soliamo a Napoli, all'ultimo concorso magistrale la ressa di migliaia di ragazze armale anche dal Sud per sostenere l'esame formava lunghe file all'esterno del palazzo. Soltanto la moda ha creato in dieci anni centomila posii di lavoro; l'altro giorno in via Spiga un ragazzo mollo cleganle si c avvicinato a una ragazza mollo elegante clic non conosceva, le ha circondalo le spalle col braccio, l'ha compli¬ mctndbflplmsdFcoblLvllflcccs a mentata, come sci carina, come sci chic, che bella borscttina hai, e affettuosamente, teneramente, silenziosamente, dalla bella borscllina le ha rubato tulio, soldi, assegni e lafili di perle vere. All'aeroporto, annoiali cani lupo antidroga annusano uno per uno i viaggiatori in arrivo; l'insegna più vistosa del nuovo modo milanese di mangiare, sommario, cattivo e divertente, dice «Trudmonul Ncapoluan Fast Food: Pizza». Su dicci consulcnli aziendali italiani, olio stanno a Milano c alcuni bravi fatturano anche un milione per un giorno di lavoro. L'esercito dei pendolari che lavora a Milano non vota a Milano, i molti che fanno vivere la città non contribuiscono a formare le rappresentanze politiche e amministrative della città. La none, «Ciclisti e Ci clopidi» del gruppo che vuol chiudere il teniro al traffico automobilistico pedalano verso Brera o i navigli, nuovi centri del divertimento, verso i nuovi ristorami con orchestra o senza, tenuti da ragazzi e apcrli sino a tardi, chiamali per esempio (Acqua sporca»/, (•Banco», (Libera.). Corre in bicicletta coi tacchi alti anche Ingc Schocnial Feltrinelli: «Mai visto niente di simile a New York, né a Parigi né a Ixmdra: il centro di Milano esibisce un lusso fantastico clic dà glamour, anche se i modi di vivere restano quelli di una città piccolo-media. Per ogni sera avrei duecento invili. Migliaia di persone fanno miliardi di cose. Ogni cosa è uno show, e per dare il tuo spettacolo puoi affiliare qualunque posto: la Scala, la Stazione Centrale; la Triennale... Prima le turbomacchine, le SuperFerrari erano sempre lardate Bergamo, Brescia''.a Varese,'Jadesso sonoiiirgate Mdatw: anche nella città dei grandi ricchi riservati e invisibili è arrivala l'ostentazione. /• ricchi nuovi, la famosa classe emergente, sono emersi, ma an-' cora non sono forza, punto di riferimento, establishment. Io non vorrei che Milano diventasse come Dallas: grandi soldi, grandi operazioni finanziarie, grandi ladri, grande lusso volgare anche nel mediocre messaggio che trasmette, e niente cultura". Lietta Tornabuoni Milano. Uno scorcio della Fiera che s'inaugura oggi, simbolo della città che aspira a diventare la capitale elettronica. Nel titolo: la sala della Borsa valori