Beato Angelico del Satanismo di Masolino D'amico

Beato Angelico del Satanismo A ROMA UNA GRANDE MOSTRA DI BEARDSLEY Beato Angelico del Satanismo Visse venticinque anni - Disegnava a china, ostinato, perfezionista, per decorare libri e riviste: re Artù, un drago, gnomi, tele di ragno, fiori del male, figure erotiche - Illustrò con prepotente efficacia la «Salomé» di Oscar Wilde: fu insieme il successo e l'inizio della sua rovina - L'immensa influenza su Kandinsky, Klee, Picassp ROMA — La parabola dell'artista romantico in conflitto con una società utilitarista che non ha più posto per lui inizia in Inghilterra con il suicidio a diciassette anni del poeta Thomas Chatterton (1770) e termina con la morte a venticinque anni del disegnatore Aubrey Beardsley (1898), data die segna anche la conclusione del cosiddetto movimento estetico e decadente fine secolo. •Nel 1900 tutti scesero da! loro trampoli», scriverà un superstite di quel clima, il poeta W. B. Yeats: .Da allora In avanti nessuno prese più l'assenzio col caffè nero; nessuno Impazzi più; nessuno si ammazzò più; nessuno si converti più al cattolicesimo; o se lo fecero, lo l'ho dimenticato». Beardsley aveva colpito le fantasie anche per ti suo passaggio in extremis alla Chiesa di Roma, i cui riti antichissimi avevano sedotto Mario l'Epicureo, protagonista del Tomamo di Walter Pater; e sempre viene citata la lettera con cui «dalla sua agonia di morte» il .Beato Angelico del Satanismo, (la definizione è di Roger Fry) supplicava il proprio editore di sopprimere tutti i disegni osceni. Preceduta da un paio di decenni di sfruttamento massiccio sul mercato delle immagini, l'opera a suo tempo tanto originale e inquietante di Beardsley approda oggi alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, in una mostra di ampiezza lodevole, ma dai curiosi pudori. Con eccesso di cautela, le autorità del Victoria and Albert Museum, proprietario di quasi tutto il parco materiale originale esposto, hanno infatti evitato di inviare i predetti disegni •osceni-, peraltro ormai arcinoti; e con loro manca anche la priina versione non censurata delle celeberrime illustrazioni per la Salomé. E', un peccato, perché forse solo esponendo quel materiale nato semtclandestinamente si sarebbe recuperata almeno in parte la carica provocatrice che dal giovane artista indubbiamente si sprigionò, offendendo i vittoriani benpensanti, e che oggi la commercializzazione indiscriminata ha finito per neutralizzare. Nato da una famiglia non ricca, cresciuto nell'amore per la musica e per la letteratura francese, Beardsley si impiegò per bisogno, diciassettenne, presso una compagnia di assicurazioni, a Londra; ma di notte disegnava alla luce artificiale, chiuso a chiave nel suo studio. Dei suoi lavori distruggeva accuratamente gli abbozzi e ogni traccia di preparazione. Autodidatta, fu un perfezionista fin dagli inizi; anche i pochissimi schizzi che sopravvivono mostrano una fermezza di mano straordinaria. Di tale perfezionismo fece parte anche la successi- va abitudine dell'artista, di piombare in casa di amici che avessero suoi prodotti immaturi onde distruggerli, lasciandone tri cambio altri inappuntabili. Il suo 'talentò si èra (n'dirUizaio quasi subito al disegno a inchiostro di china. Qui Beardsley ebbe fortuna: il progresso tecnico in campo editoriale consentiva per la prima volta proprio allora di sostituire le costose Incisioni su lastre di zinco o di legno con Un procedimento assai più economico, e singolarmente adatto allo stile personalissimo del giovane, fatto di netti contrasti di neri e di bianchi, di linee e di spazi, senza sfumature né mezze tinte. Nell'autunno del 1892 l'editore John Dent, che voleva fare illustrare mediante questo sistema il poema medievale di Malory La morte di Artù, si imbatté per caso in Beardsley e gli commissionò il lavoro, un lungo impegno comportante non solo la fornitura di illustrazioni fuori testo, ma anche di motivi decorativi per i titoli dei capitoli, i bordi delle pagine, le lettere iniziali dei capoversi, ecc. Il risultato fu discontinuo, ma notevolissimo. Fin da quel suo primo lavoro Beardsley parve seguire soprattutto le proprie fantasie, quasi dimentico del compito di un illustratore. In un disegno, per esempio, Artù appare come un giovane acerbo, dalla grazia ambigua, languidamente disteso sulla rifa di un lago dalle acque nere; lo insidia un dragone fantastico, dalle squame bizzarramente istoriate di motivi orientali. Sullo sfondo, un satirello imberbe dall'espressione maligna; in primo piano, un pavone. Alcuni influssi sono evidenti: I Preraffaelliti, di cui Beardsley era stato per un breve periodo entusiasta: Whistler e la voga dell'arte giapponese, monodimensionale; il Botticelli delle illustrazioni alla Divina Commedia; e Mantegna, Pollaiolo, Crivelli, tanto ammirati alla National Gallcry. Accanto a queste reminiscenze si notano comunque già gli oggetti del mondo fantastico di Beardsley e solo di Beardsley: gli ermafroditi sottili, gli gnomi dalle forme fetali, le tenui tele di ragno, i fiori del male, i simboli fallici insinuatl con diabolica precisione, a scorno del consumatore filisteo. Nel '94 Beardsley accettò di illustrare l'edizione inglese della Salomé, che Wilde aveva composto originariamente In francese; nell'entusiasmo, si candidò anche alla traduzione del testo, ma Wilde affidò lincarico al suo amico Lord Alfred Douglas, salvo poi bocciare anche lui. Dopo questo lavoro i rapporti fra Wilde e Beardsley, inizialmente improntati all'ammirazione reciproca, si guastarono. Il pittore si risenti di qualche atteggiamento condiscendente del drammaturgo, e questi dal canto suo dovette avvertire che i disegni dell'altro si impossessavano dell'atmosfera estenuata e avvelenata del suo scritto con una prepotenza tale, da farlo passare in secondo piano. Di fatto, il successo enorme di quella edizione, in cui l'illustratore si mostra ormai nel pieno possesso dei suoi mezzi, segnò la deflagrazione della fama del ventiduenne Beardsley, e contemporaneamente l'inizio della sua rovina. Le immagini crudeli, .malsane. (epiteto favorito dell'epoca), oggi troppo diffuse per tornarci sopra, ammantarono Beardsley di una reputazione di maudit che la condanna penale di Wilde rese intollerabile: in quell'occasione una folla inferocita sfasciò le vetrine dell'editore dello Ycllow Book, rivista di cui Beardsley disegnava la copertina. L'illustratore fu licenziato in tronco, e da allora in aventi costretto per sopravvivere ad accettare le offerte di personaggi senza scrupoli, come Léonard Smithers. A quest'epoca la personalità di Beardsley era comunque pienamente formata. Anche l'aspetto dell'artista confermava la meticolosa eleganza dei suoi disegni. Era alto, pallidissimo, azzimato, con lunghe mani nervose e capelli color tartaruga nitidamente divisi da una scriminatura al centro della testa; frequentava gli ambienti dei letterati, i concerti, l teatri, con un'avidità che aveva una componente febbrile. Soggetto a frequenti crisi del suo male, soccombeva spesso a lancinanti attacchi di tosse. Nel suo ultimo periodo studiò i vasi greci del Britlsh Museum e i poeti satirici del Settecento; e tentò la prosa d'arte, con un raffinalo abbozzo di romanzo allegorico-pornografico. Under the Hill, dove un Tannhàuser poi ribattezzato Abbé Aubrey dà la scalata al Monte di Venere. La sua influenza, soprattutto se si considera che Beardsley non produsse praticamente altro che disegni in bianco e nero per decorare libri e riviste, fu immensa. La mostra pioniera del Victoria and Albert (1966) dedicò un'appendice molto suggestiva non soltanto alle imitazioni dirette o ai falsi, ma anche agli echi dell'inglese rintracciabili in una vastissima cerchia di artisti continentali, da Kandinsky e Klee (per tacer di Picasso) a Klimt e alla Secessione Viennese. Tale diffusione fu dovuta anche alla riproducibilità del prodotto; forse non si insiste abbastanza su questo aspetto tanto moderno di Beardsley, forse il primo grande artista che si sia dedicato esclusivamente a opere replicabili in serie (di lui si conosce un solo quadro a olio). Da questo punto di insta, egli appare come il principale precursore di Andy Warhol. Tale riproducibilità é confermata dal catalogo della mastra odierna, edito dai Fratelli Palombi (lire 25.000), la cui iconografia è accettabilissima. Il testo lo è meno. Ormai a corto di argomenti. Brian Reade, a suo tempo curatore della storica mostra al V&A, opera goffi tentativi di accesso al mondo di Beardsley tramite certe grossolane pseudorivelazioni sulla presunta vita sessuale del soggetto (-Era. forse stato presente a un aborto della sorella, di cui egli stesso era responsabile? Sappiamo con certezza, che ella ebbe un figlio illegittimo. Nota: La fonte di queste informazioni non può essere rivelata»;, e la faticosa prosa del suo saggio, e delle didascalfe apposte alle immagini, è ulteriormente appesantita da una traduzione peggio che mediocre. Masolino d'Amico Aubrey Beardsley: «La ricompensa della danzatrice», illustra/ione per «Salomé» (1894) A. Beardsley: «Autoritratto»

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