Occhi amici e nemici sul golpe di Khartum di Igor Man

Occhi amici e nemici sul golpe di Khartum Il Cairo, Tripoli e la difficile partita sudanese Occhi amici e nemici sul golpe di Khartum DAL NOSTRO INVIATO IL CAIRO — Due sono le capitali del mondo araboafricano dove si guarda con estrema attenzione al Sudan: Il Cairo e Tripoli. Naturalmente in un'ottica diversa. Durante la crisi sudanese che doveva sfociare nel golpe del generale Sewar el-Dahab, l'Egitto ha mantenuto un atteggiamento lineare. Due giorni prima del putsch, il presidente Mubarak, in un'intervista a un quotidiano del Kuwait, disse che «quel che stava accadendo in Sudan era un affare interno-, aggiungendo, tuttavia, che «se il Sudan fosse minacciato dall'esterno noi non ce ne staremmo con le mani in mano-. Martedì, parlando al telefono con il nuovo leader (ancorché «provvisorio-) sudanese, Mubarak ha ribadito gli slessi concetti, rifacendosi al patto di mutua difesa del 1976. In un articolo di fondo pubblicato sulla Egyptian Gazette, quotidiano in inglese destinato ai diplomatici, si legge: «A nessuno sarà sfuggito coinè la Libia abbia fatto del suo meglio per ricavar profitto dai disordini che han portato al colpo di Stato. I disordini avevano senz'altro motivazioni domestiche in conseguenza della grave crisi eco¬ nomica, del rialzo dei prezzi; ma il colonnello Gheddafi ha fatto il possibile e l'impossibile per approfittare della situazione. Il suo obiettivo: stabilire la propria influenza nel Sud della Valle del Nilo-. E invero Gheddafi non s'è Igor Man (Continua a pagina 2 In quarta colonna) Khartum. Il generale Sewar el-Dahab (a sinistra) in un'immagine di alcuni mesi fa accanto a Nimeiri (Telef. Associated Press)

Persone citate: Gheddafi, Mubarak