Rivela un magistrato di Trapani «Avevamo previsto l'attentato» di Guido Rampoldi

Rivela un magistrato di Trapani «Avevamo previsto l'attentato» Il sostituto procuratore Barresi teme che la mafia ci riprovi Rivela un magistrato di Trapani «Avevamo previsto l'attentato» DAL NOSTRO INVIATO TRAPANI — Per Trapani è il giorno dei misteri, mistici e profani. Ben tre colonne di incappucciati e di tuniche rosso-sangue sfilano in città dietro tabernacoli barocchi fino a notte, quando si spengono le note cupe e stridule di tamburi e trombe é termina la Processione dei Misteri, Aldo De Luca, capo della Crfminalpol siciliana, tenta a Roma di risolvere un enigma. In uno dei nascondigli romani di Pippo Calò, l'amministratore delegato della mafia, sono stati trovati congegni elettromagnetici forse del tipo di quello usato nell'attentato al giudice Carlo Palermo. Il sistema permette a chi preme il pulsante della morte di restare anche alla distanza di uno o due chilometri dall'auto imbottila di esplosivo, purché nei pressi dell'obiettivo vi siano dei complici in grado di segnalare, attraverso un walkie-talkie, l'attimo in cui il bersaglio viene a trovarsi accanto alla bomba. Il compito potrebbe essere stato affidato proprio ai due uomini scorti, subito dopo la strage, mentre fuggivano in macchina. Di loro esistono due identikit, tracciati anche in base alle testimonianze di alcuni operai della zona. L'esistenza di testimoni in un grande attentato di mafia ha sorpreso persino i magistrati di Trapani, che non speravano tanto. L'ipotesi che porta a Calò sembra funzionare ma Sebastiano Palane, il procuratore che indaga sulla strage, si mostra un po' scenico per quella notizia giunta all'improvviso da Roma, tre giorni dopo l'attentato. Tanta fortuna lo Induce al dubbio. Dice che apparecchi del genere non sono poi cosi sofisticati, -probabilmente ce ne sono tanti in circolazione-. Non sarà, procuratore, che teme qualche furberia romàna? La rispósta è un gorgoglio imbarazzato. Pippo Calò,'comunque, ha tutti 1 requisiti per la parte. Una tesi che sembrava romanzesca, fin quando l'ha sottoscritta il pentito Buscetta, vuole che a decidere i più gravi delitti di mafia sia la «commissione», il tribunale supremo dei capi dei capi: Calò, ha detto Buscetta, ne faceva parte. Quale che sia la verità, la sensazione che da qualche parte si fosse emessa una sentenza di morte si respirava perfino nel Palazzo di Giustizia di Trapani, se stiamo alle certezze di un giovane collega e amico di Carlo Palermo, il pm Barresi. Racconta: -A costo che Potane me ne chieda conto, debbo dirlo: l'attentato l'avevamo previsto. Anzi, io ero assolutamente sicuro, ne avevo parlato con un altro magistrato. C'era verso Palermo, fin da febbraio, quando arrivò, quel clima di fastidio, quel senso di fargli il vuoto intorno, che dà il segnale. L'ostilità di certi legali, discorsi a mezza bocca, e anche cose precise su cui non posso parlare-. Carlo Palermo è a Roma, con un certificato medico che consiglia 30 giorni di riposo, ma per telefono annuncia ai colleglli che si annoia e vuol ritornare. All'inizio di maggio, e forse prima, sarà di. nuovo nell'ufficio al primo plano di un Palazzo di Giustizia foderato di latta bianca e celeste, al di là di un vetro non blindato, di fronte ai terrazzi delle case. Quando tornerà bisognerà trovare subito una soluzione al problema che 11 giudice Barresi spiega a questo modo: -L'attentato è solo rinviato, non cancellato dai programmi. Lo dico proprio in base a certi segnali raccolti-. Se Palermo vivo per la mafia è il simbolo bruciante di una sconfitta, come sostiene Barresi, che cosa si farà per proteggerlo? La soluzione giusta, dicono a Palazzo di Giustizia, sarebbe di affiancargli un pool di giudici, come è stato fatto altrove in Sicilia per i magistrati più esposti: in quel modo si garantisce una circolazione delle notizie e una forza d'urto collettiva che rende inutile l'eliminazione del singolo. Ma a Trapani i magistrati non vogliono venire, e la metà di quelli In organico sta per partire: hanno ottenuto il trasferiménto ' due giudici istruttori su tre, due pubblici ministeri su quatlro. Tra qualche mese, se non arriveranno rinforzi, qui resteranno 11 p.m. Barresi, 31 anni, Palermo, a Trapani da due mesi, e il giudice istruttore Antonio Cavaslnl, 30 anni. In tre, tutti molto giovani, a gestire processi delicati, ai primi passi: come le due inchieste su imprenditori e grandi appalti che porterebbero molto lontano, forse fino in Parlamento. Perché del giudici di Trapani Palermo sarebbe il più esposto? Risponde Barresi: -E' diventato per alcuni di noi un punto di riferimento, ha entusiasmo, sa catalizzare le energie migliori. Quando arrivò quasi lo asfissiammo con le nostre preoccupazioni: Carlo stai attento. La minaccia si avvertiva. Lui si schermiva con quello che adesso mi appare un eccesso di fatalismo. Protetto? La scorta l'avei>a da casa in ufficio e nel viaggio di ritorno. Ma a casa era solo. C'era stata anzi in generale, negli ultimi mesi, una diminuzione delle misure di sicurezza nel Palazzo di Giustizia, e l'esigua presenza di carabinieri e poliziotti si era ridotta-. Guido Rampoldi