Martinucci, tenore da esportazione un po' Calaf ma soprattutto Radames di Luigi Rossi
Martinucci, tenore da esportazione un po' Calaf ma soprattutto Radames «Turandot» di Zeffirelli torna domani alla Scala: cast in parte mutato Martinucci, tenore da esportazione un po' Calaf ma soprattutto Radames MILANO — Vigilia di Pasqua con il ritorno di Turandot alla Scala. Domani l'incompiuto capolavoro di Puccini sarà rivisto nell'allestimento che inaugurò con enorme successo la stagione 1983-84. Sul podio ancora Lorin Maazcl; la regia e le scene sono di Franco Zeffirelli, che quest'anno ha firmato già alla Scala il nuovo, atteso Lago dei cigni sempre diretto da Maazel. Il direttore americano approfitterà anche di questo suo nuovo impegno scaligero, come fece in febbraio, per mettersi alla testa della Filarmonica della Scala venerdì 12 aprile dirigendo musiche di Mendclssohn e di Ciaikovskl. Il cast di questa riproposta Turandot è in gran parte collaudato dal precedente ciclo di recite, anche se l'attuale protagonista Eva Marton, pur prevista anche allora, non sostenne la parte della gelida principessa, impersonata prima dal soprano americano Olivia Stapp, presente In alcune repliche, poi da Ghena Dimitrova, clic creò il personaggio. Il tenore Nicola Martinucci, interprete di Calaf alla prima in luogo dell'indisposto Placido Domingo poi subentrato, rivestirà ancora i panni del principe. Nuova Liù invece: allora fu Katia Ricciarelli, oggi il soprano giapponese Yoko Watanabc. Nelle altre parti ci saranno Ferruccio Furlanetto, Florindo Andrcolli, Ernesto Gavazzi, Orazio Mori. In alcune riprese Liù sarà Adriana Maliponte e Calaf il tenore Ermanno Mauro, che hanno già cantato a Milano in questi ruoli. Nicola Martinucci, tra queste due Turandot. è cresciuto nelle quotazioni internazionali dei sempre più rari tenori che aifrontano un repertorio lirico-spinto come il suo. Soltanto con Calaf e Radames potrebbe benissimo campare, ma per il cantante pugliese i due personaggi non bastano, neppure aggiungendovi il protagonista di Andrea Chénier che canterà ancora alla Scala in luglio. Proprio sul palcoscenico milanese ha interpretato nella scorsa stagione / lombardi alla prima crociata e, restando nell'ambito delle rarità verdiane, ha cantato / due Fosco ri a Torino e Attila a Vienna. Preterisce Verdi o Puccini? «Certo "Aida" mi dà più soddisfazioni e risulta meno rischiosa di "Turandot". Quest'ultima opera ha una tessi-, tura tremendamente tirata, soprattutto nella parte completata da Alfano. Il duetto finale è sempre terribile-. E per quanto riguarda il do del secondo atto, quello del «tutta ardente d'amore», I come si regola? •Sullo spartito di "Turandot" Puccini accetta le versioni con o senza la nota acuta. II maestro Lorin Maazel ha scelto di non farla ed è lui che decide. In altre occasioni ho dato prova di non aver paura di quella nota». Quali sono gli impegni che l'attendono nell'immediato futuro? • Molti, quasi sempre incentrati sul terzetto "Aida", "Turandot" e "Chénier". Qui alla Scala potrò fare soltanto tre recite, proprio perché devo intercalarle con le prove di "Chénier" a Gcnoi'a. In maggio sarò a Parigi, al grande palazzo Omnisport che ho inaugurato lo scorso anno con "Aida": stavolta con "Turandot" che, tanto per cambiare, canterò anche alle terme di Caracalla a Roma. Allo Sferisterio di Macerata, in compenso, farò "Aida". Dopo cinque anni non canterò invece all'Arena di Verona, dove ormai ero una istituzione. E' meglio cambiare un po', tanto più che mi aspettano in Usa e in altri Paesi». Insomma, dopo tanta gavetta, Martinucci è diventato un asso pigliatutto, anche se non è entrato, per colpa delle case discografiche che non lo chiamano, nello star system internazionale. Luigi Rossi
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