Crepuscolo dei dogmi sull'Eliseo socialista di Bernardo Valli

Crepuscolo dei dogmi sull'Eliseo socialista Dalle nazionalizzazioni alle privatizzazioni Crepuscolo dei dogmi sull'Eliseo socialista Una battuta del ministro dell'Industria conferma vecchie voci DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — La nazionalizzazione di alcuni grandi gruppi industriali e di larga parie del sistema bancario fu una delle decisioni più rilevanti e contestate prese dalla sinistra, dopo la vittoria elettorale dell'81. In quattro anni la filosofia è mutata. Il governo socialista, sempre più pragmatico e sempre meno ideologizzato, non considera irreversibile quella decisione, un tempo ritenuta qualificante e indispensabile, o addirittura una prova della .razionalità superiore» della sinistra. Le voci circa una possibile privatizzazione, sia pure parziale, circolavano da mesi nella capitale francese. Sabato scorso Edith Cresson. ministro dell'Industria, ha pronunciato una frase rivelatrice. ■ Perché 710?-. ha esclamato nel corso di un'intervista al quotidiano Liberation. Se lo Stato ritiene che sia giusto o conveniente, ad esempio perché ha bisogno di denaro da investire altrove, non e escluso che alcune aziende nazionalizzate ritornino in parte in mani private. Una .snazionalizzazione., sia pure limitata, delle industrie passate al settore pubblico negli ultimi anni, sarebbe una svolta importante per il governo socialista, ma non del tutto inattesa. Dal marzo 1983. quando Mitterrand rinunciò definitivamente all'idea di un'esperienza socialista alla francese, il liberismo ha continuato a prevalere nelle decisioni economiche della sinistra al potere. In quello stesso anno. Mitterrand disse che «in alcune circostame, lo Stato deve sapersi ritirare-'. E in più occasioni enfatizzò il ruolo della libera impresa, accantonando i vecchi slogan socialisti, come «nbbaffere il muro del denaro» o -supera¬ re il capitalismo-. Le intenzioni di Mitterrand sono tuttavia ancora nebulose. Non è certo che egli voglia seguire, anche su questo terreno, l'esempio del governo cristiano-democratico tedesco o di quello conservatore inglese, entrambi impegnati in un'operazione di smantellamento del settore pubblico. Edith Cresson ha assicurato che l'argomento non è stato sottoposto all'attenzione del governo, e la sua battuta al quotidiano Liberation è stata definita «un po' libera-, ossia non troppo impegnativa, dai suoi collaboratori. Il ministro dell'Industria, persona che gode della massima fiducia del presidente della Repubblica, non l'avrebbe comunque pronunciata se non ispirata dall'alto. E' probabile che la signora Cresson abbia voluto lanciare un dibattito o sondare gli umori. La privatizzazione di quel che i socialisti hanno nazionalizzato è uno dei cavalli di battaglia dell'opposizione, nella prospettiva delle elezioni legislative dell'86. Non è escluso che Mitterrand voglia sottrarre un argomento agli avversari. Ma il suo partito, quello socialista, non accetterebbe tanto facilmente la demolizione di un altro dogma della sinistra. Molti deputati mitterrandiani sono favorevoli a una distribuzione delle azioni ai dipendenti delle industrie nazionalizzate, non a una vendita a potenti gruppi privati. Nel mondo degli affari parigino si pensa che il governo stia considerando seriamente la possibilità di una parziale privatizzazione: in particolare della Rhóne-Poulenc, la più grande società chimica francese, della Pechiney Ugine Kuhlmann, metallurgia, della Saint-Gobain, vetro e altro materiale di costruzione, e della Compagnie generale d'électricité, che estende la sua attività alla telecomunicazione e alle apparecchiature elettroniche. Questi quattro gruppi nazionalizzati presentano dei bilanci in attivo, e sono quindi facilmente recuperabili nel settore privato. Prevedendo la privatizzazione nel 1986, in seguito a una probabile vittoria della destra, Mitterrand cercherebbe, secondo alcuni, di anticipare la mossa, aprendo lui stesso la porta a una partecipazione privata nelle aziende statali. Il principio di un'economia mista sarebbe cosi rispettato, h'International Herald Tribune scrive che i collaboratori del primo ministro Fabius hanno accennato alla possibilità di vendere delle azioni, nel corso di recenti conversazioni con esponenti dell'industria francese. Questa iniziativa sarebbe in armonia con l'immagine che il giovane Laurent Fabius ha offerto di sé da quando, nell'estate scorsa, è succeduto al più socialista Pierre Mauroy. Il primo ministro ha rinunciato al linguaggio ideologizzato, retorico, che caratterizzava il suo predecessore, ha adottato toni distesi e applicato una politica pragmatica, definita socialdemocratica o conservatrice dagli ex alleati comunisti, e in cui il liberale Raymond Barre, il più popolare tra gli oppositori, non senza ironia «si riconosce». Questa linea di condotta ha fatto di Laurent Fabius uno dei primi ministri più apprezzati della Quinta Repubblica, secondo i sondaggi. Il 58 per cento dei francesi interrogati gli esprimono fiducia, pur non concedendola a Mitterrand e al partito socialista. Bernardo Valli

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