Dolci misteriose dame del Rajasthan

Dolci misteriose dame del Rajasthan TORINO: SORPRENDENTI MINIATURE INDIANE DAL XVII AL XIX SECOLO Dolci misteriose dame del Rajasthan TORINO — -La pittura Mogliuh, scriveva Ananda Coomaraswamy in una delle sue sottili ed equilibrate pagine sull'arte dell'India, «é accademica, drammatica, oggettiva ed eclettica; la pittura ràjput è, invece, un'arte popolare e al tempo stesso aristocratica, statica, lirica e non concepibile al di fuori della vita che riflette-. Al di la delle schematizzazioni troppo seducenti, le miniature del Rajasthan che sono ora esposte a Palazzo Reale — in una rassegna senza pari, in Occidente, per vastità e ricchezza tematica — colpiscono immediatamente l'attenzione per una qualità di incanto loro propria, in cui la stilizzazione e il gioco sempre rinnovato dei cromatismi hanno forse minor peso rispetto a clementi più imponderabili. Il confronto con l'arte della corte di Delhi, che pure ha giocato da polo d'attrazione per una parte dei maestri ràjput, specie a Udaipur, serve a mettere più nitidamente in risalto, grazie al contrasto, questa specificità della loro produzione. Là le forme sontuose dell'iconografia ufficiale, la ricchezza naturalistica dei dettagli e il tratto pronto a cogliere — entro le convenzioni universali sul suolo indiano — i lieviti iranici e l'Insegnamento dell'Occidente cinquecentesco e seicentesco, mostrano un volto solido e familiare, che riflette l'ideale di un monarca nato dal contatto di due mondi culturali di diversa natura. Le figure barocche che inquadrano con grazia prevedi¬ bile i ritratti degli imperatori moghul e le terrene dolcezze delle dame della loro corte non ci trovano, In fin dei conti, né con n issi, né stupiti. Al contrarlo, i prodotti del Rajasthan, di quest'area periferica, tanto a lungo irrigidita nella caparbia asserzione della propria autonomia, rispetto al potere centrale, parlano un linguaggio che ha echi inattesi nel nostro sentire. Le solenni parate della vita di palazzo, con i loro principi che incedono su cavalli ed elefanti, su barche e palanchini, in mezzo a teorie di cortigiani inappuntabili e pieni di sussiego, si stagliano sugli sfondi con un'immediatezza strana e leggera, pur nella sensualità preziosa del dettagli e dell'esuberante decorazione. Fiori ultraterreni, palmizi che paiono emergere dalla boscaglia fantastica del Doganiere Rousseau, limpide e geometricissime vasche di pietra policroma si susseguono qua e là in un mondo di maya che rammenta le creazioni insostanzlali dei celesti musici del mito indiano, i delicati Oandharva che erigono le loro dimore tra le nubi. La cronaca è presente in entrambe le tradizioni figurative, con le sue esigenze auliche e la consacrazione del potere e del suo stile di vita, Insieme languido e pieno di sicurezza. Ma la sensibilità ràjput giunge a trasfigurare tale materia convenzionale col soffio della trasparenza del colori, quasi dichiaratamente surreali, con la fluidità dei movimenti, con l'atmosfera che a tratti si carica di mistero soavissimo (come in certe rappresentazioni ispirate al roga serotini o ai temi connessi con la pratica dell'ascesi) e a tratti vibra dì vitalità sospesa (come nei duelli di animali, nelle scene di caccia e di viaggio, nelle battaglie fissate in incredibili «istantanee, di slancio guerriero ai limiti del verosimile). La perizia del maestri che attendono al loro mondo fantastico eppure vicinissimo al quotidiano è, anch'essa, un elemento che aggiunge all'in¬ cantesimo nuovi motivi di sorpresa. Pennelli che parrebbero fatti di peli di insetto depongono sottilissime ragnatele di Imprevisto negli angoli più dimessi delle composizioni: l'ombra proiettata da un fuoco acceso nel grigio del crepuscolo, lo scintillio della coda di un pavone in un giardino, la doratura appena percettibile nelle nubi prima dell'alba ci si parano innanzi nitidissime, in una perfezione senza pentimenti e sbava¬ ture da mozzare il fiato. Possiamo contare le caselle di una scacchiera e osservare la posizione delle pedine In uno spazio più piccolo di un francobollo, contare i peli della barba malamente rasata di un brahmano, seguire il gioco delle pieghe della veste di sete di un personaggio non più alto dell'unghia del nostro pollice. E' come guardare il minuscolo, nitidissimo giardino al di la della porticina di Alice nella Terra delle Meraviglie. In alcuni dei più begli esemplari dell'arte in discorso, come nel guazzo di Kisangarh della fine del '700 conservato al Musco Statale di Berlino, questa ricchezza tocca 1 vertici dell'incredibile: centinaia di dotti e di asceti sono affollati al piedi di S~uka, 11 narratore del Bhàgavatapuràna, in una galleria di ritratti perfettamente individuati, in un miracoloso equilibrio di realismo e di stilemi astratti che lascia rapiti ed attoniti. Ogni ombra, ogni ruga di queste figure ci sommerge nello strano attlnio di sospensione che la magia dell'artista ha consapevolmente operato, fissando la vita, senza privarla della sua Immediatezza e della sua presenziala, come nel mondo sotterraneo del Pàtala, dove un attimo dura un millennio e un millennio meno di un sospiro. Davvero ci troviamo di fronte a un mondo che testimonia tutta la ricchezza e la varietà degli approcci umani al vissuto e che si inscrive nella nostra memoria a lettere d'oro. Oscar Botto ■111 imi mimi im -iniiiriimm miTlwilMirinl imi l'i IMI ìli i iii mi ■ Mirri 11 lumi —■ ■111 imi mimi im -iniiiriimm miTlwilMirinl imi l'i IMI ìli i iii mi ■ Mirri 11 lumi —■ «Donna che si pettina»: Jaipur, 1790 circa, guazzo (particolare)

Persone citate: Ananda Coomaraswamy, Mirri, Oscar Botto, Rousseau

Luoghi citati: Berlino, India, Torino